Il Papa in esilio: la cattività avignonese e lo Scisma d’Occidente

Si indica con cattività avignonese il periodo che va dal 1307 al 1377, durante il quale la residenza papale era in Avignone. Lo spostamento della curia avvenne dopo la fine del pontificato di Bonifacio VIII; a decidere il trasferimento fu il suo successore di origini francesi Clemente V. Questo passaggio è stato spesso letto come un segnale di rottura e di crisi all’interno della Chiesa, in realtà le cose sono più complesse di così. Per capirne bene i meccanismi, bisogna anzitutto capirne le ragioni.

Origine della Cattività avignonese

Il braccio di ferro tra autorità papale e autorità temporale ha segnato a lungo la storia europea, specialmente nel periodo medievale (si pensi alla “lotta per le investiture”). Tuttavia lo scontro tra Filippo IV, detto il Bello, re di Francia e Bonifacio VIII fu un brutto colpo per il papato, tanto da provocarne lo spostamento della curia sotto il dominio francese.

I motivi del contrasto sono essenzialmente i due principi della politica pontificia: immunità della Chiesa dal fisco e dalla giustizia dei re, entrambi non rispettati da Filippo IV, il quale aveva imposto una tassa al clero francese e aveva processato un vescovo.

La bolla “Unam Sanctam”

Bonifacio VIII aveva riposto minacciando il re di scomunica ed emanando la bolla “Unam Sanctam”, nella quale affermava la superiorità del papa su tutti i principi laici. Questa superiorità fu teorizzata con la dottrina delle due spade: una rappresenta il potere spirituale e l’altra quello temporale. Entrambe appartengono al pontefice, che concede quella temporale alle autorità laiche e che quindi deve seguire gli interessi del vero possessore, non di chi la usa soltanto.

La risposta del re

cattività avignoneseLa controffensiva del re francese fu durissima. Accusò Bonifacio VIII di essere salito al soglio pontificio illegalmente (egli era infatti succeduto a Celestino V, il quale aveva rinunciato al papato cedendo alle pressioni proprio di Bonifacio) ed inviò il suo cancelliere che fece prigioniero il papa ad Anagni dove morì in cattività un mese dopo, nel 1303.

Questa premessa era necessaria per capire che la perdita della posta in gioco comportò la perdita dell’autorità e di parte dell’autonomia pontificia. Nel 1305 fu eletto Clemente V, che spostò la sede papale nella città provenzale e dove vi rimase per settant’anni, fino al 1377. Il papato era oramai nell’orbita francese, a dimostrazione di ciò si aprì un processo alla memoria di Bonifacio VIII.

L’esempio più significativo per comprendere la vittoria di Filippo IV è la sua campagna contro i templari, ordine monastico ricchissimo che svolgeva di fatto attività bancarie redditizie. Il re francese, forse per impossessarsi delle ingenti ricchezze, forse per un prestito negato, fece arrestare e processare per stregoneria ed eresia i templari, i capi d’accusa riguardavano culto demoniaco e atti sessuali illeciti, cose considerate al di fuori di ogni umanità.

Il fatto significativo di questo episodio è che l’autorità laica, il re, si sia assunto il compito di difendere della fede, colui il quale doveva preservare l’ordine naturale del mondo grazie all’autorità di cui era stato investito da Dio e che il papa abbia potuto solo appoggiare questa iniziativa.

Conseguenze dalla cattivià avignonse

È ovvio che davanti a ciò il papato appariva molto debole, da qui il significato di rottura e crisi a cui si accennava prima. In realtà però le cose erano più sfaccettate. Uno dei motivi del trasferimento fu anche l’ambiente ostile e corrotto che si respirava a Roma, pieno di conflitti e opportunismi. Questo aspetto non cambiò molto, l’unica differenza fu che gli interessi francesi si sostituirono a quelli romani.

I miglioramenti amministrativi

Dal punto di vista amministrativo e burocratico però si ebbero notevoli miglioramenti. Il meccanismo beneficiale (gestione dei privilegi e del patrimonio) necessitava un sistema sempre più dettagliato e puntuale; inoltre il controllo della tesoreria, la “camera apostolica” fu esteso a tutte le entrate e le uscite.cattività avignonese

La situazione che la cattività avignonese aveva lasciato in Italia però non era delle migliori. Lo Stato Pontificio, dopo lo spostamento della sua capitale, viveva in una situazione quasi di anarchia, di cui le famiglie più facoltose avevano approfittato per espandere e consolidare il loro potere; in particolare i comuni e le signorie della zona emiliana e marchigiana.

Lo scontro tra Colonna e Orsini

Nella città di Roma, invece era in atto un duro scontro tra due famiglie i Colonna e gli Orsini. In questo clima bellicoso si fece largo una figura di umili origini, che sognava di riportare la città agli antichi splendori: Cola di Rienzo. Tra il 1347 e il 1354 instaurò una repubblica democratica, che fu poi capovolta da una sommossa orchestrata dall’aristocrazia.

La frattura generata dalla cattività avignonese non era solo politica: in molti premevano per un ritorno nella penisola per il legame profondo tra la storia della Chiesa e quella di Roma e dell’Italia. A sostenere ciò furono personaggi illustri come Francesco Petrarca e Caterina Da Siena. Questo passaggio è un tassello importante nella creazione dell’ideale di patria italiana, di cui Petrarca stesso è un elemento fondamentale. Sostenere che ci sia un legame tra la storia della Chiesa e la storia dell’Italia presuppone che ci sia un’Italia con una propria storia.

L’espressione “cattività avignonese” si rifà alla “cattività babilonese” cioè al periodo di prigionia ebraica del VI secolo a.c. presso il sovrano Nabucodonosor II. È adoperata non per indicare un prigionia fisica dei papi ma un controllo politico dei re francesi sulla Chiesa. Questa influenza non cessò con la fine della cattività avignonese, anzi fu l’inizio di una spaccatura che avrebbe diviso l’Europa per molti anni ancora.

Scisma d’Occidente

Nel 1377 la sede papale fu riportata a Roma da Gregorio XI. Nel 1378 il suo successore, Urbano VI, entrò immediatamente in disaccordo con i cardinali che lo avevano eletto, così quattro mesi dopo il collegio cardinalizio si riunì nuovamente e gli contrappose Clemente VII, il quale spostò nuovamente la sede ad Avignone. Le due curie si scomunicarono a vicenda, era l’inizio dello Scisma d’Occidente.

Gli schieramenti

Si delinearono ben presto due schieramenti. Francia, Napoli, Scozia e regni iberici si schierarono con Clemente VII; mentre Germania, Inghilterra, Fiandre, Polonia e Ungheria invece con Urbano VI. Questo divario durerà per circa quarant’anni in cui si avranno due papi, due curie e due strutture che si fronteggeranno in uno scontro che avrà ripercussioni sulle nazioni europee e su coloro che le abitavano.

La situazione divenne ancora più complessa nel 1409, anno in cui si tenne un concilio a Pisa. Il concilio si propose come supremo organismo giudicante del Papato, quindi deposero entrambi i papi precedenti eleggendo Alessandro V.

La risoluzione del conflitto

Fu invece un altro concilio che tentò di risolvere la situazione, quello convocato a Costanza nel 1414 e conclusosi tre anni dopo. L’obiettivo era quello di riformare la chiesa come struttura. Il decreto “Haec sancta, del 1415, stabilì la superiorità del concilio sul papa. Alla fine dei lavori si giunse a due risultati: il concilio stabilì la sua funzione di suprema istanza di governo ecclesiastico e fu eletto come nuovo papa Martino V, senza obiezioni di illegittimità.

La prolungata instabilità ebbe effetti più che negativi sulla credibilità della Chiesa come istituzione. In più il progetto riformistico non ebbe successo, anzi, a ben vedere i vizi di cui soffriva la Chiesa all’inizio di queste vicende andarono via via peggiorando. Di pari passo con il declino della chiesa universale crebbero le chiese nazionali, che guadagnarono sempre più una maggiore autonomia. Il Quattrocento si apriva tra conflitti e contrasti che non si sarebbero facilmente sanati.

Miriam Campopiano