Letteratura italiana del Trecento: i caratteri peculiari

La letteratura italiana del Trecento presenta alcuni tratti peculiari che sono diretta conseguenza della situazione storica, politica e sociale in cui versa la nostra penisola. Situazione che, se per certi versi è sicuramente drammatica, per certi altri appare percorsa da sotterranee spinte di innovazione e modernità.

letteratura italiana del Trecento

Le coordinate storiche

In particolar modo, a seguito del passaggio dalla forma politica del comune a quella della signoria, il baricentro culturale si sposta nell’Italia centro-settentrionale, in quelle città (Mantova, Milano, Verona) dove il potere cominciava, nemmeno poi tanto lentamente, a concentrarsi nelle mani di una sola famiglia. letteratura italiana del Trecento

Mentre l’Italia meridionale era dilaniata dai conflitti per i successori al trono (nel Regno Angioino) e da quelli tra la famiglia reale e la nobiltà locale (nel Regno Aragonese), lo Stato della Chiesa conobbe la sua crisi più grande, trovandosi a diventare subalterno al Regno di Francia. Fu in questo contesto che, dal 1309 al 1377, si verificò la cattività avignonese, ossia il trasferimento della sede papale da Roma ad Avignone.

A una situazione politica già difficile e precaria si venne inoltre ad aggiungere, già dagli ultimi anni del Duecento, una profondissima crisi economica, che provocherà la diminuzione della produzione agricola e, conseguentemente, un’ondata di carestie ed epidemie. La più traumatica di queste ultime fu la peste nera del 1348, una vera e propria catastrofe demografica destinata a influenzare, in maniera più o meno diretta, anche la cultura e l’immaginario comune.

La figura dell’intellettuale

In questo contesto storico e sociale la figura dell’intellettuale viene a mutare profondamente. Se nel secolo precedente ad affiancare la figura degli intellettuali chierici e di quelli laici delle Università si era fatta avanti la figura dell’intellettuale impegnato attivamente nella vita comunale, nel Trecento questo ruolo non è più pensabile.

L’intellettuale, infatti, è costretto a divenire cortigiano, spesso dedito a sostenere con la sua vena artistica e letteraria la politica del proprio signore. Per far fronte alla conseguente perdita di un notevole margine di autonomia, egli spesso si troverà costretto ad abbracciare gli ordini religiosi.

La letteratura italiana del Trecento

Il dato immediato da rilevare, nell’analisi della storia della letteratura italiana di questo secolo, è la forte espansione quantitativa dei prodotti e dei generi letterari, legata soprattutto ad un ampliamento notevole della fascia dei consumatori.

Il gusto per i testi lunghi, derivato sicuramente anche dall’immenso successo della Commedia, provocherà l’esplosione di un’immensa produzione di poemi (didattici, allegorici, narrativi), di romanzi sia in prosa sia in verso, di cantari, di opere cronachistiche e storiografiche.

letteratura italiana del Trecento
Giacomo Jacquerie, La Fontana della Giovinezza, Castello di Manta, Piemonte.

La letteratura italiana del Trecento è caratterizzata, poi, da un ribaltamento di ruoli nel rapporto tra prosa e poesia: quest’ultima, in particolare, finisce per perdere l’importanza che aveva conosciuto nel secolo precedente a favore della prima.

La poesia

I tratti principali della poesia lirica di questo secolo sono, fondamentalmente, celebrativo-encomiastici o d’intrattenimento, e spesso perciò i testi lirici dell’epoca sono recitati ad alta voce nella corte del signore con il supporto di un accompagnamento musicale.

I rimatori del secolo sono numerosi, e tutti dediti a un ibridismo stilistico che, sulla scia della Commedia, rifiuta la distinzione degli stili.

Affianca la produzione lirica una più o meno ampia produzione narrativa in versi, che attinge in particolar modo alla tradizione epica e romanzesca raccogliendo i suoi prodotti in brevi testi di vario argomento recitati nelle piazze da canterini professionisti: sono, appunto, i cosiddetti cantari, che conobbero proprio in questo secolo grande diffusione.

La prosa

Nella letteratura italiana del Trecento la prosa diventa invece lo strumento principale per la circolazione dei messaggi ideologici e culturali.

La cronaca, grazie ad alcune personalità di rilievo come i fiorentini Dino Compagni e Giovanni Villani, offre alcune opere di notevole interesse sia storiografico che letterario; lo stesso discorso tocca la letteratura religiosa, che potendo già contare su una tradizione cospicua e svariata viene ulteriormente arricchita da personalità come Domenico Cavalca e soprattutto Iacopo Passavanti, autore del trattato Specchio di vera penitenza, rassegna di vizi e virtù.

Il Trecento è, però, più di tutto e innanzitutto, percorso da una sorta di fremito narrativo.

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Il dato da rilevare è, infatti, che la maggior parte delle opere figlie di questo secolo o sono esplicitamente narrative o tendono alla narrazione: è una caratteristica che ritroveremo, con le dovute specificazioni, in alcune scelte stilistico-strutturali e concettuali di due grandi autori di quest’epoca, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio.

Beatrice Morra

Bibliografia:
I tre libri della letteratura – Origini_Seicento, M. Santagata, L. Carotti, Laterza.
Il canone letterario –la letteratura italiana nella tradizione europea, vol 1., H. Grosser, Principato.
Dal testo alla storia dalla storia al testo, vol. 1B, G. Baldi, S.Giusso, Paravia.