“Stronzate. Un saggio filosofico” di Harry Frankfurt

Harry Frankfurt, filosofo statunitense, inizia così il suo Stronzate. Un saggio filosofico (in inglese On Bullshit): 

“Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione”.

Harry FrankfurtIl titolo e l’argomento possono far pensare ad un piglio ironico o satirico, ma in realtà si tratta di un’analisi filosofica lucida e portata avanti con rigore. L’intenzione è infatti quella di tracciare un profilo filosoficamente accurato delle stronzate[1], una realtà con cui viviamo ogni giorno a stretto contatto. Così stretto che confidiamo fin troppo nella nostra capacità di riconoscerle ed evitarle, senza mai avere una chiara idea del loro contesto e della loro essenza.

Da filosofo, Frankfurt taglia il problema da una prospettiva logico-descrittiva, volta ad individuare la differenza specifica delle stronzate, differente, come vedremo, da quella delle bugie. Egli prova a dimostrare perché le stronzate siano un pericolo ben peggiore della menzogna.

Un concetto sfuggente

La definizione di un “paradigma della stronzata” si rivela, nel corso dell’analisi, un processo non del tutto intuitivo. Seppur sussistano delle analogie con le bugie (entrambe forniscono una rappresentazione falsata dei fatti), lo statuto essenziale delle stronzate sembra essere differente. Esse sono di gran lunga più evanescenti, riluttanti a farsi definire, ad esplicitare la loro genealogia e i loro scopi.

Harry Frankfurt pone attenzione ad una constatazione contraddittoria. Da una parte potremmo ritenere le stronzate al pari di prodotti artigianali lavorati con approssimazione, senza cura dei dettagli. L’interpretazione è sostenibile se consideriamo che la parola “bullshit” contiene al suo interno un termine che tradotto significa “escrementi”, che per definizione non sono certo “prodotti lavorati con cura”. Chi dice stronzate non sembra preoccuparsi di regole e vincoli formali.

Tuttavia il mondo pubblicitario, delle pubbliche relazioni e  anche della politica illustrano una situazione differente. Frankfurt non esita a considerarli infarciti di tipici esempi di stronzate (bullshit) e prese per il culo (bullshitting). Il “bullshitting” non è una menzogna, quanto piuttosto un tentativo di “cavarsela” (“to get away with something”) davanti agli spettatori, guadagnando la loro attenzione o fiducia. La coerenza e la verità delle affermazioni utilizzate sono del tutto subordinate al conseguimento di un obiettivo.

Affinché tale presa in giro sia efficace e colui che dice stronzate risulti convincente, è necessario un substrato di analisi scientifica. Da ricerche di mercato e campioni statistici a indagini in campo psicologico, il “bullshitting” sembra dipendere da precise regole. Sarebbe quindi inappropriato bollare il “bullshitter” come qualcuno del tutto incurante dei dettagli. Anzi, essi sono la fonte principale di sostegno alla sua “prestazione”.

L’essenza delle stronzate secondo Harry Frankfurt

L’autore analizza un episodio che vede coinvolti il filosofo Wittgenstein e una sua conoscente. Quest’ultima dichiara di sentirsi “come un cane che è stato investito”, affermazione che suscita il disgusto del filosofo. Reazione di certo eccessiva di fronte a ciò che è chiaramente una metafora, assunta, però, come autentica ai fini dell’analisi. La preoccupazione principale di Wittgenstein è che la sua interlocutrice ha fatto un’affermazione circa qualcosa di cui non ha esperienza. Pertanto non ha modo di sapere se ciò che ha detto sia vero. In più, e soprattutto, questa mancata connessione tra verità e affermazione non sembra interessarle.

Generalizzando, tale rottura e noncuranza nei confronti della verità è, per Frankfurt, l’essenza delle stronzate. Chi racconta stronzate non pone attenzione ai fatti. Che ciò che dice sia vero o meno è irrilevante, basta che si adegui ai suoi scopi. La sua costruzione si smarca dal dominio della verità, segue regole diverse, dettate dal desiderio di cavarsela in ogni situazione.

Un parallelo con la bugia è funzionale alla comprensione del concetto. Se mentire significa sempre dire il falso, dire stronzate non è necessariamente collegato alla falsità. Il filosofo cita un racconto di Eric Ambler:

“Non dire mai una bugia quando puoi cavartela dicendo stronzate (bullshit your way through)”.

Ambler sembra ritenere che dire stronzate sia più semplice e oggetto di minor biasimo rispetto al dire bugie. La bugia è uno strumento complicato. È strettamente legata alla verità e, per funzionare, va scelta e collocata con cura. Il “bullshitter” ha molta più libertà. La sua falsificazione si allarga su tutto il contesto, è cioè una sorta di programma che può prevedere parole e azioni. Se il bugiardo “onora” ancora la verità e si muove nel suo orizzonte, chi dice stronzate, invece, la scavalca e si preoccupa solo di scamparla.

Cosa imparare dalle stronzate

Si viene dunque a delineare una figura ibrida. Chi “spara cazzate” da una parte si rifiuta di stare al gioco della verità, mescolando obiettività e falsificazione dei fatti; dall’altra è sempre attento affinché la sua performance sia credibile e si mantenga abbastanza coerente da far presa sull’interlocutore. Si rischia così di sottovalutare radicalmente la verità e la sua importanza per una vita dignitosa e libera.

Si potrebbe obiettare che sfuggono all’analisi coloro che dicono stronzate senza scopi precisi. Sarebbe possibile mettere in discussione il concetto di verità adoperato. Se, nel primo caso, qualsiasi tipo di ricerca sarebbe superflua, nel secondo l’equazione verità = realtà dei fatti è sufficiente per sostenere l’argomentazione.

Harry Frankfurt
Harry Frankfurt

Il punto cruciale, al di là dell’intento filosofico-descrittivo, è lo stimolo che ha provocato tale analisi. Se ne individua la ragione nell’obbligo sotteso alla comunità culturale occidentale e democratica, ovvero il dover avere una propria opinione su quanti più argomenti possibili. Questa è la via più breve per trovarsi a discutere di questioni di cui si sa poco o niente. La conseguenza è che diciamo stronzate.

Non meno peso ha avuto l’ondata di scetticismo che ha attraversato il novecento, minando la convinzione che si possa sempre raggiungere un sapere scientifico certo. La sfiducia verso una rappresentazione accurata della realtà ha portato ad una valorizzazione dell’individualità. Se non è possibile conoscere il mondo, che almeno si fornisca una sincera rappresentazione di sé! Uno slogan come: “Be true to yourself, not to the facts” non dovrebbe suonare tanto strano alle nostre orecchie.

Tuttavia i processi di auto-identificazione pongono problemi non meno complessi di quelli che tentano di descrivere la realtà. Anzi, non c’è alcuna evidenza scientifica che l’individualità sia qualcosa di facilmente descrivibile ed esprimibile. Dunque, conclude Frankfurt, anche la sincerità è una stronzata.

Le stronzate oggi

Il saggio di Harry Frankfurt nasce da questioni cruciali del nostro contesto socio-culturale. Una fra tutte, è la crescente distanza dai concetti di verità, onestà, chiarezza, avvitata alla noncuranza e all’iper-individualismo dilaganti. I collegamenti sono intuitivi. Il fenomeno dei social network è fondato, di per sé, su una stronzata. Si tratta della pretesa di confezionare e proporre un’immagine di sé che, nella maggioranza dei casi, o è piuttosto lontana dalla realtà o la edulcora o la distorce[2]. Le fake-news, una volta smascherate, sono stronzate addirittura plateali, con lo scopo di generare disinformazione e avvelenare i rapporti tra opinione pubblica e organi di stampa. Il fatto che sia stato coniato il termine “post-verità” legittima un modo di osservare il mondo che semplicemente rifiuta il dialogo e offre come argomentazioni i più personali pareri.Harry Frankfurt

Pertanto, è senza dubbio fondamentale interrogarsi sui rischi che la verità e il nostro rapporto con essa corrono in una società globalizzata come la nostra, fiera della propria capacità di far circolare miliardi di informazioni a ritmi a dir poco frenetici. In questo, Frankfurt adempie al compito del filosofo di osservare, capire e, ove possibile, spiegare il mondo che ci circonda e metterci in guarda da possibili rischi.

Note

[1] È importante tenere a mente che Harry Frankfurt dichiara che la sua analisi si limiterà alla lingua inglese e che non conosce i termini analoghi in altre lingue. Ad ogni modo, se “bullshit” può essere tradotto come “stronzate” o “cazzate”, non abbiamo un sostantivo corrispondente a “bullshitter”, che possiamo tradurre con “colui che dice stronzate”, o un verbo per “bullshitting”, traducibile in “dire cazzate” o “prendere per il culo”, ma anche nel senso di “cavarsela dicendo cazzate”. Nel corso dell’articolo menzioneremo, dove necessario per evitare ambiguità, entrambe le traduzioni.

[2] Si badi, spesso ciò si verifica anche al di là della volontà dell’utente. Chi, da esterno, osserva solo foto e post, senza conoscere la persona, è facilmente indotto a farsene una rappresentazione approssimativa o errata.

Giovanni Di Rienzo

Bibliografia

Harry Frankfurt, Stronzate. Un saggio filosofico, Milano,[1986] 2005.