Giappone

Mishima e l’omosessualità: Confessioni di una maschera

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MIshima, scrittore giapponese, con “Confessioni di una maschera” ci offre uno stravolto romanzo autobiografico di formazione attraverso la sua omosessualità

Yukio Mishima, pseudonimo di Kimitake Hiroaka, è uno scrittore Giapponese nato a Tokyo nel 1925 e ivi morto suicida nel 1970. È stato uno dei pochi autori giapponesi a riscuotere immediato successo anche all’estero. Figura complessa e animo inquieto, fine narratore e lucido drammaturgo, concluse la sua esperienza terrena in modo eclatante e shockante.
All’età di 45 anni, durante un’occupazione simbolica e pacifista del Ministero della Difesa eseguì, per estrema protesta contro la smilitarizzazione del paese, il seppuku, la morte rituale dei samurai, squarciandosi l’addome con un pugnale eseguendo un movimento da sinistra verso destra e infine verso l’alto. Mishima aveva organizzato con lucidità e freddezza: uscendo dal suo studio per andare incontro all’epilogo della propria vita lasciò un biglietto in cui era scritto:

“La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre”

Nonostante siano note varie visite ai gay bar giapponesi, il suo orientamento sessuale resta controverso, per quanto dopo la morte la vedova abbia tentato di smorzare il dibattito su questo aspetto della vita del marito. Questa condizione umana segna inevitabilmente le opere di Mishima.

Confessioni di una maschera

Confessioni di una maschera (1949) è tra i primi romanzi di Mishima, che gli valse un’immediata notorietà internazionale. Stravolto romanzo autobiografico di formazione, violentemente e disperatamente estetizzante intriso dei più ancestrali riti e miti che percorrono come una condanna la cultura giapponese.  In prima persona, il protagonista racconta il suo dramma: costretto a nascondere – per obblighi sociali, ma anche per una radicata idea di dignità e di onore – la propria omosessualità e la propria assoluta indifferenza carnale nei confronti delle donne. Dopo aver scoperto la masturbazione attraverso un quadro raffigurante San Sebastiano trafitto dalle frecce, sviluppa un acuto interesse nei confronti del corpo dell’amico e compagno di scuola Omi.

“Quel giorno, nell’attimo in cui scorsi il dipinto, tutto il mio essere fremette d’una gioia pagana. Il sangue mi tumultuò nelle vene, i lombi si gonfiarono quasi in un empito di rabbia. La parte mostruosa di me ch’era prossima a esplodere attendeva ch’io ne usassi con un ardore senza precedenti, rinfacciandomi la mia ignoranza, ansimando per lo sdegno”

Continuando la sua farsa si riduce a mimare una storia d’amore con la sorella di un suo amico, perso dietro sogni erotici che vagheggiano corpi maschili, o dietro voluttuose identificazioni con celebrità femminili, il protagonista consuma fino in fondo la speranza di diventare “normale”: inventa strani vizi, si dà a corteggiare “fanciulle in fiore” sempre deludenti, reprime fino allo spasimo ogni impulso di reale attrazione. La sua miseria sessuale, invano compensata da una nutrita serie di sublimazioni artistiche, si tramuta a poco a poco in miseria esistenziale, e in una consapevole rinuncia al rapporto pieno con la vita.

“Quando non si è mai conosciuta la felicità non si ha il diritto di disprezzarla. Ma io dò un’impressione di esser felice in cui nessuno potrebbe scoprire la benché minima incrinatura, e quindi ho il diritto di disprezzarla né più né meno di chiunque altro.”

La “maschera” di Mishima

In Confessioni di una maschera l’ambiguità diventa anche metafora del disagio e della rivolta nei confronti di una società in cui l’individualità dello scrittore non trova lo spazio sufficiente per esprimersi. Ma quest’opera non è semplicemente un romanzo di formazione alla giapponese, ed acquista una vena più esistenzialista: mettendo da parte il conflitto interiore del protagonista, dovuto alla sua soffocata omosessualità, resta il problema della definizione di sé attraverso il contatto con l’altro. Un tema che ricompare anche in altre opere di Mishima.

“Tutt’a un tratto mi assalì quel dolore acerbo che deriva dal fissare troppo a lungo un oggetto. Il dolore proclamava: Tu non sei umano. Sei un essere incapace di rapporti col prossimo. Non sei nient’altro che un animale, inumano e in certo qual modo stranamente patetico”

La parola “maschera” del titolo deriva dal modo in cui il protagonista è costretto a sviluppare una propria falsa personalità usata per presentarsi agli altri. Crede che tutti intorno a lui siano obbligati a nascondere i propri veri sentimenti gli uni nei confronti degli altri, partecipando così a una grande universale “mascherata“. La “maschera” finisce col distruggere il volto che nasconde; e non c’è riscatto per un uomo che ha osato cimentarsi nella sfida impossibile di ingannare il mondo senza ingannare se stesso, infatti tra varie trappole che l’uomo è capace di auto-costruirsi, questa scoperta da Mishima è probabilmente la più silenziosa e tremenda, la più subdola e devastante, nella sua ingannevole e trasparente “naturalità”.

Maurizio Marchese

 

 

Bibliografia:

Yukio Mishima, Confessioni di una maschera, traduzione di Marcella Bonsanti, Universale Economica Feltrinelli, 2002.

Sitografia:

http://www.letteratura.rai.it/articoli-programma/mishima-o-la-maschera-infranta/1313/default.aspx

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Maurizio Marchese

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