Antonio e Cleopatra: la sessualità in Shakespeare

Con Antonio e Cleopatra, una delle tragedie romane di Shakespeare rappresentata per la prima volta tra il 1607 e il 1608, il drammaturgo inglese crea uno dei suoi drammi più complessi e articolati. La storia d’amore tra il condottiero romano e l’imperatrice egizia è sviscerata fin nei minimi dettagli, mettendone in luce le contraddizioni e le estremità.

La sessualità, nella tragedia, si esprime nelle forme di un’incontrollata libidine, caratterizzante sia la relazione dei due protagonisti, sia la figura femminile di Cleopatra. Tutto l’Egitto, simbolo dell’oriente e dell’esotico, incarnato nella figura dell’irriverente sovrana, sarebbe associato alla dimensione della libidine, del sesso, della passione e dell’irrazionale, contrapponendosi alla dimensione dell’onore, della razionalità, della giurisdizione su cui si impianta la cultura romana invece incarnata da Antonio. Già il titolo dell’opera, dunque, crea una dualità che oppone due terre differenti, permettendo il confronto tra due culture e modus vivendi opposti.

Cleopatra nelle rappresentazioni storiche

Antonio e CleopatraDa sempre il personaggio di Cleopatra, ultima regina del regno tolemaico d’Egitto, è rappresentato in connessione alla sua natura sessuale: sensualità e lascivia sono i tratti principali che artisti e letterati le hanno associato nel corso dei secoli, nonostante nelle sue Vite Parallele Plutarco, la fonte principale per la storia di Marco Antonio e Cleopatra, ne avesse sottolineato l’intelligenza e le capacità politiche.

Dante Alighieri, ad esempio, la colloca nel quinto canto dell’Inferno nel girone dei lussuriosi, mentre il mondo della pittura l’ha ritratta in situazioni pregne di erotismo e sensualità. Nel quadro di Gerome Cleopatra e Cesare alcuni critici hanno infatti affermato che l’atmosfera ricorda quella di un bordello.

“La lussuria di una zingara”

La medesima prospettiva sulla sovrana egizia è adottata da Shakespeare nella sua tragedia: il personaggio di Cleopatra è rappresentato sin dagli inizi del dramma in connessione alla sua natura sessuale, connotata come lasciva ed esagerata. Filo, un seguace di Antonio, parla della sua “lussuria di una zingara” (il termine “zingara” era un dispregiativo utilizzato per una donna molto promiscua).

Molti dei personaggi romani la connotano ora come prostituta (Ottaviano e Mecenate la definiscono “puttana”) ora come animale in calore (Scaro la definisce, invece, “giumenta” e “vacca a giugno”). La sessualità estrema e sfrenata non si limita a tratteggiare il personaggio della sovrana egizia, ma si estende a connotare la relazione tra i due protagonisti. La storia d’amore tra Antonio e Cleopatra è percepita dai romani quale degradante ed umiliante per il famoso condottiero, portato alla perdizione e al disonore dal fascino sessuale di Cleopatra.

Cleopatra simbolo d’Egitto

Cleopatra assurge nell’opera a simbolo di un’intera terra e cultura: Cleopatra è l’Egitto, com’è solito apostrofarla Antonio. Due culture sono così poste in una continua tensione dialettica. Da un lato l’Egitto, terra del sentimento e della sensualità, dell’eccesso nel bere e nel mangiare, del Nilo e della fertilità. Dall’altro Roma, fondata su un’apparentemente incrollabile moderazione e sulla capacità razionale di controllare i sentimenti e le pulsioni, terra dell’azione militare e politica, che non riesce a sopportare il disordine, la libertà sessuale e gli eccessi egizi. “Non è ancora una festa alessandrina” dice Pompeo nella settima scena del secondo atto.

“Balliamo il baccanale egizio

per celebrare le nostre bevute?”

chiede Enobaro qualche riga più tardi. I giudizi dei Romani su Cleopatra e sull’Egitto e, conseguentemente, sulla depravazione a cui è stato soggetto un perfetto romano quale Antonio sono categorici e inflessibili. La loro cultura della vergogna non accetta cedimenti e venera l’onore (honour) come valore sommo.

Una prospettiva post-coloniale

In prospettiva post-coloniale, l’analisi della sessualità in Antonio e Cleopatra diventa estremamente interessante. Tramite il continuo riferimento alla natura sessuale di Cleopatra, considerata degradante e anormale, i personaggi romani del dramma si distanziano costantemente dalla sovrana e dalla terra d’Egitto, presentando di continuo la superiorità del loro modello esistenziale.

La sessualità è dunque utilizzata dai romani col fine di rappresentare l’alterità di Cleopatra e della terra da essa incarnata, cioè col fine di stabilire una differenza morale, etnica e culturale tra il sé e l’altro. Con ‘altro’ qui si intende chi proviene da una terra, da un’etnia, da una cultura differenti dalla propria, verso cui il proprio gruppo di appartenenza esprime un constante sentimento di superiorità.

Ottavia: controparte di Cleopatra

La dicotomia tra Egitto e Roma è costruita anche sulla contrapposizione tra due diversi modelli femminili: a Cleopatra corrisponde Ottavia, la sorella di Ottaviano che Antonio accetta di sposare per risanare le avversità emerse col futuro imperatore di Roma. La moderatezza, la passività, la debolezza della donna romana si contrappongono all’esagerazione, al potere e all’assertività della sovrana egizia. Soprattutto, la ritrosia e il pudore sessuale della prima si oppongono alla lascivia e alla lussuria della seconda.

Esemplificativo a comprendere le differenze tra i due modelli culturali è l’atteggiamento di Antonio nei confronti delle due donne: il matrimonio con Ottavia è solo uno stratagemma politico, come dice Enobaro (“qui non ha sposato che la sua convenienza”), a indicazione che il pragmatismo della cultura romana non apre alcuno spazio all’amore. Con Cleopatra, dal cui fascino sessuale è stato incantato secondo i personaggi romani, invece, intrattiene una relazione di estrema e incontrollabile passione.

Roma in contrapposizione all’Egitto

Una serie di opposizioni dicotomiche vengono a configurarsi, scontrandosi, nella tragedia shakespeariana, che pone in contrasto due culture e modi di vivere differenti: Roma e Alessandria, e in maniera più estesa l’Occidente e l’Oriente.

La relazione tra Antonio e Cleopatra, che si risolve nella distruzione di entrambi, è il punto di incontro tra queste due culture.

D’altronde, uno dei motivi della caduta dell’Impero Romano d’Occidente e della decadenza della cultura romana è proprio rintracciabile nell’incontro con culture, credenze e riti orientali, che contribuirono a soddisfare alcuni bisogni spirituali ormai irrisolvibili dalla religione pagana romana. In una visione amplificata, si potrebbero rintracciare nella vicenda, catastrofica per entrambi i protagonisti, i rischi dell’incontro con culture e popolazioni ‘altre’. Il dramma verrebbe così a configurarsi come uno spunto di riflessione fondamentale per il discorso colonialista e post-colonialista, attraverso la cui ottica la critica sta appunto rileggendo alcune delle più famose opere shakespeariane.

Salvatore Cammisa

Fonti:

William Shakespeare, Antony and Cleopatra, ed. John Wilders, The Arden Shakespeare, London, 1995

William Shakespeare, Tutto il Teatro, a cura di Agostino Lombardo, Newton Company Editori, Roma, 2012