Cosa ci rimane di Horizon Zero Dawn

ATTENZIONE: L’articolo non vuole essere una recensione tout-court, bensì una riflessione editoriale sugli elementi preponderanti di Horizon Zero Dawn: pertanto è indicato ai lettori che hanno già completato la main quest del titolo, in quanto può contenere alcuni SPOILER o ANTICIPAZIONI.

Horizon Zero Dawn - scorci pastello della mappa di gioco
In Horizon Zero Dawn la magia dei colori pastello si sovrappone alla drammaticità degli eventi del passato.

Settantadue ore e tre minuti: questo è il tempo che ci è servito per completare Horizon Zero Dawn e concludere così il primo capitolo della nuova IP di Sony, ottenendo il trofeo platino.
Abbiamo completato tutte le ventuno missioni principali, le ventidue missioni secondarie, quattordici commissioni, le sfide di caccia, i collezionabili, i calderoni, i campi dei banditi e sviscerato il gioco nella sua profondità durante oltre un mese di prova a livello difficile su Playstation 4 standard.
Non ci interessa, in questa sede, scrivere allo scopo di analizzare in maniera distaccata il prodotto e valutarne la qualità mediante un numero; non è nelle nostre priorità parametrizzare il titolo scomponendolo nelle sue componenti basilari – ad altri lasciamo volentieri questo gravame.
Quello di cui ci preme discutere, hic et nunc, è se e quanto Horizon sia stato capace di effettuare un lascito: se insomma i Guerrilla Games abbiano creato un titolo in grado di generare una riflessione sul nostro mondo ed allo stesso tempo influenzare la produzione videoludica post-apocalittica successiva.

Il problema della critica di settore moderna è nell’accentramento imperativo, totalizzante e pregnante dell’analisi nei confronti della componente tecnica: con l’avanzamento della tecnologia e la possibilità di creazione di mondi digitali sempre più complessi e spazialmente rilevanti, a subirne è stata la considerazione complessiva delle tematiche e del messaggio a cui il videogioco inevitabilmente si vincola. Sembra quasi che la capacità di scrittura di questo media sia ormai disperatamente legata al racconto prosaico di strutture dominanti nella società reale, una pallida copia della realtà mischiata a cliché di genere.
Ma cosa c’entra questo con Horizon ?

Foresta in Horizon Zero Dawn
Non si vedevano luoghi naturali così vivi dalla foresta di Lobinden in The Witcher 2.


ALBA ZERO

La paura, nell’inserire il Blu-ray Disc di Horizon Zero Dawn nella PS4, era quella di ritrovarci dinnanzi ad un collage di elementi presi qua e là, un’accozzaglia ondivaga di quei cliché dal sapore vagamente naif accennati poc’anzi.
Gli indizi per sentire la puzza di bruciato c’erano eccome: a suscitare in noi il dubbio amletico di trovarci di fronte ad un prodotto patinato era stata la stessa accoppiata Sony/Guerrilla, che nel presentare Horizon aveva puntato in modo assoluto sul colpo d’occhio visivo e sulla bontà del combat system – togliamoci subito il dubbio: sono effettivamente meravigliosi – ed aveva riservato uno spazio minimo alla presentazione delle tematiche che avremmo effettivamente incrociato durante le numerose ore di gioco. A condire il piatto c’era proprio quel mondo post-apocalittico, dov’è facile riscontrare il solito paradigma della grande minaccia sventata con conseguente arretramento dell’umanità all’età della pietra o quasi.
E poi, un ulteriore fattore: la protagonista donna. Ed è da quest’ultimo elemento che si dovrebbe partire nel realizzare quanto Horizon abbia distrutto, smontato, massacrato i pregiudizi nel momento stesso in cui ci si è addentrati nei meandri della narrazione.

La straordinarietà del titolo Guerrilla è nell’ordinarietà. Horizon Zero Dawn è una storia di donne, di una donna in particolare, nel più ampio spettro di un racconto di Umanità; il sesso della protagonista non cade nel trappolone retorico di altre produzioni che, per fornire un’immagine “forte” del genere femminile tendono del tutto a spettacolarizzare alcuni comportamenti o a forzarli oltre il naturale. Aloy è una ragazza, non lo stereotipo della ragazza; prova rabbia, rancore, tristezza, gioia come chiunque, indipendentemente dall’essere maschio o femmina. La caratterizzazione della nostra è uno straordinario capolavoro di “show, don’t tell” in cui è eliminato qualsiasi tipo di riverbero, di superfluo che spesso nasconde un’eguaglianza solamente formale e spedisce sotto un metaforico tappeto la polvere della discriminazione.

Horizon Zero Dawn : platform sessions
Le sessioni di arrampicata in Horizon Zero Dawn offrono molti scorci da immortalare…

Allo stesso modo è, ad esempio, trattata l’identità sessuale e l’identità di genere in Horizon Zero Dawn: nella quest secondaria di Rocca Pietrasole, una struttura di detenzione, Aloy incontra il direttore del luogo, un tempo una donna.
Le difficoltà, il disagio del desiderare per se stessi qualcosa oltre ciò che è concepito dalla società come “naturale” sono solamente accennate nella narrazione; la nostra semplicemente non chiede, comprende e non si immischia, muovendo la conversazione sull’oggetto della quest. Quella che prima facie potrebbe apparire come pigrizia nella gestione dei dialoghi è invece un gigantesco passo di maturità: l’accettazione non viene da uno spiegone dell’NPC ma dai contorni indefiniti della personalità, dal rapporto tra detto e non detto.

Guerrilla, insomma, ha trattato argomenti cocenti con un tatto ed una delicatezza assolutamente innovative per il genere, delicatezza che si spera possa costituire un esempio per il futuro nel modo di maneggiare tematiche di questo tipo, sperando nell’abbandono di scritture approssimative e grossolane come quelle dell’ultima Bioware – per trovare un termine di paragone – che affronta l’argomento in modo totalmente opposto e, ad avviso di chi scrive, utile solo ad addolcire il palato ma non a rivelare in profondità determinate dinamiche.

Horizon Zero Dawn rope descender
…e così anche quelle di discesa.


DEUS EX MAC(C)HINA

Torniamo adesso alla prima osservazione. Il pericolo, in Horizon Zero Dawn, che l’intero impianto post – apocalittico venisse inghiottito da un canovaccio pieno zeppo di dejavù narrativi era incombente; niente ci ha dato più sollievo dello scoprire quanto fossimo lontani da questa possibilità.
Il punto di partenza di Horizon Zero Dawn è conosciuto e ricalca uno standard del genere da cui attinge: l’umanità sembra essere tornata indietro di alcune centinaia di anni –  all’epoca delle tribù indiane, con alcuni frammenti della civiltà che fu a testimoniare un mondo ormai scomparso – mentre il pianeta è popolato altresì da alcune macchine senzienti che ricalcano gli animali biologici con i loro abituali comportamenti.

Ciò che non si spiega è la crescente aggressività di queste particolari creature; ben presto si scaglia sullo sfondo del videogiocatore la banalissima spiegazione che ci sia stata una sottospecie di epidemia di robottoni fuori controllo ad aver quasi spazzato via la nostra razza, che è miracolosamente riuscita a sopravvivere mediante qualche super arma, pagando però lo scotto dell’arretramento tecnologico. Ed in effetti le iniziali main quest ci rivelano esattamente ciò: tra le macchine e gli umani c’è stata una guerra che poi questi ultimi hanno faticosamente vinto. Il senso di sconforto inizia allora ad assalire il giocatore più esigente che posa il pad avvilito e quasi conscio dell’avere tra le mani l’ennesimo giocattolone dalla grafica selvaggia ed avvincente ma accompagnato da un soggetto di serie Z; Guerrilla Games sapientemente ride di questa convinzione poco dopo, quando inizia ad infittire il mistero. Le creature artificiali che hanno aggredito l’umanità non sono quelle con sembianze animali ma appartengono ad un altro tipo, che si rivela poi essere stato prodotto da una multinazionale americana, la Faro Industries, e sfuggito clamorosamente al controllo aziendale.
E questo è il primo shock.

Meridiana e la Cupola in Horizon Zero Dawn
La direzione artistica di Horizon raggiunge vette inesplorate dai videogiochi moderni.

A differenza della fantascienza classica, non è un folle piano governativo a mettere in pericolo l’umanità ma una compagnia privata che ha spinto il consumatore fino al punto di richiedere al mercato (militare) oggetti in grado di soppiantare teoricamente la propria razza. Il passato, infatti, si rivela essere un mondo dominato dal settore privato: lo Stato è nulla più che un brusio di sottofondo, un colosso decadente/decaduto e l’individuo è definito dal lavoro che produce. E così, piano piano, sottovoce, è introdotto un concetto non banale nell’industria videoludica moderna, quello del libero mercato deregolamentato – e non, ripetiamo, uno Stato folle, centralizzato, assassino – che spinge la società verso l’atomizzazione, la disperazione ed il baratro.
Good job, Guerrilla Games.

EROI NON FINO IN FONDO

Il ritmo aumenta, la curiosità cresce e spinge il giocatore a proseguire verso il secondo shock: l’umanità è stata spazzata via. Non c’è alcuna superarma, non c’è stata alcuna battaglia vinta: la guerra tra macchine ed esseri umani si è conclusa con l’estinzione di questi ultimi ed il pianeta desertificato dagli automi stessi, mediante un processo di ricondizionamento biologico dell’atmosfera.

Horizon Zero Dawn, Gaia Prime
Gaia Prime: un simbolo della caduta degli dei.

La “bomba” arriva mediante una narrazione distaccata e perlopiù ambientale, un potente incedere dove Aloy si fonde sempre più con il concetto di videogiocatore nella concezione più scolastica di personaggio avatar. L’eredità della nostra razza è il progetto Zero Dawn, un complesso sistema di IA e subfunzioni dal nome di divinità greche capaci di riprogrammare le macchine assassine e ricostruire la stessa specie umana, utilizzando la gestazione artificiale e l’educazione dei nascituri mediante robot: l’uomo, insomma, nel morire si fa Dio. Le tematiche sono di una potenza così distruttivamente riflessiva che a poco serve il commento. L’utopia di un’umanità creata e non generata è ancora ascrivibile al concetto di “natura” o una grande forzatura di un destino evolutivo ormai giunto al termine ? Il gesto di Ted Faro, che cancella il database Apollo, il contenitore dell’intera storia umana, è stato l’atto di un folle che ha voluto eliminare la propria responsabilità agli occhi delle future generazioni o un modo per far sentire la nuova razza umana indipendente e capace di scrivere la propria storia nell’universo ?

La predestinazione di Aloy, nata dall’IA dominante che prende il nome di Gaia per reprimere una di lei funzione ribelle – Ade – è un altro spunto notevole di riflessione ed è preso a piene mani dal pensiero di Hideo Kojima: “I’m no hero, never was, never will be” tuonava Old Snake nel quarto capitolo di Metal Gear Solid e, simultaneamente, è potente e non banale l’urlo di Aloy verso gli altri Nora – “non sono la vostra prescelta”. Il personaggio del videogioco sembra ribellarsi al suo creatore, rigettando il compito ad egli – o ad ella – affidato dallo sviluppatore e dalla Storia, ripudiando i crismi del Salvatore/Salvatrice ad ogni costo, dell’uomo – o, in questo caso, della donna – della Provvidenza, di un destino manifesto e già delineato. Aloy e Solid Snake sono traduzioni genetiche di soggetti dotati di un riconoscimento in un mondo distante da quello in cui effettivamente vivono e la cui “missione” – giocata dal videogiocatore – sembra acquisire un certo significato quadrimensionale, che rompe ogni parete e si rivolge direttamente a chi è dall’altra parte dello schermo, strutturando una concezione che va oltre la banalità.
Ed infatti l’ultimo anello di Guerrilla è nel rapporto irrisolto e conflittuale tra figli e genitori reali o putativi, tra l’ardore della scoperta e la delusione dell’essere soli al mondo.

Altro scorcio di Horizon Zero Dawn, territorio dei Carja delle Ombre
La tecnologia futuristica che diventa il passato è uno degli aspetti più straordinari di Horizon Zero Dawn.


UN FUTURO IN BILICO

Chiudiamo però con un’amara riflessione sul futuro della saga: ad oggi un secondo capitolo di Horizon ci getterebbe in atroci dubbi per vari motivi. Al contrario della grande interpretazione del mondo scomparso, la narrazione del presente di Aloy è piuttosto fiacca e poco memorabile, soprattutto nei giri di potere delle tribù che appaiono poco più che modesti. Allo stesso tempo c’è da dire che il cliffhanger finale non è così interessante da giustificare di per sé un secondo capitolo e lo stesso personaggio di Aloy rischia di venire sovraesposto perdendo parte del carisma e del significato che ha accompagnato questa gestione: allo stesso tempo sostituirla è un rischio ancora più elevato visto che parliamo di un character ben oltre il riuscito. Non si può negare, inoltre, che perfino Zero Dawn perda mordente una volta scoperta la verità sui predecessori e sulla scomparsa della razza umana.
Ma forse è destino che il nuovo nascituro in casa Sony debba continuare a sconvolgerci ed a bacchettarci per esserci imprudentemente lanciati in previsioni azzardate.
E noi non possiamo che desiderare quelle bacchettate.

 

Le immagini dell’articolo sono state catturate direttamente dall’autore in real – time durante le sessioni di gioco.

Alfredo Amedeo Savy