Un imperatore a teatro: Nerone a Napoli

La città greca di Neapolis, passata sotto il controllo romano nel 326 a.C., era rinomata già presso gli antichi per i grandi edifici teatrali di cui era dotata. Papinio Stazio, in una lettera alla moglie, parla di Napoli con grande entusiasmo, sottolineando in particolar modo i due teatri presenti nella zona del Foro: uno coperto, l’Odeion, e un altro scoperto, ancora visibile nei suoi sotterranei. Il teatro scoperto ebbe tra i suoi numerosi artisti uno particolarmente rinomato… Nerone!

Nerone e la letteratura

NNeroneerone, imperatore istrionico ricordato per i suoi eccessi e le sue violenze, era in realtà un grande estimatore della letteratura greca e della sua espressione più sincera: il teatro. Il mito prediletto dall’imperatore era quello troiano; leggenda vuole che, durante l’incendio di Roma, Nerone avesse iniziato a declamare l’Ilioupersis, un suo componimento sulla caduta della città di Troia, bruciata dai Greci come Roma bruciava ora davanti ai suoi occhi. Amante della poesia e delle odi, si propose anche come autore di soggetti teatrali, purtroppo totalmente perduti. Il genere teatrale prediletto da Nerone era il pantomimo.

Esso consisteva in un’esibizione muta da parte di attori spesso discinti, che con il solo ausilio dei gesti rappresentavano i miti canonici, demonizzandoli però con oscenità varie. Il suo amore per la cultura greca, tuttavia, non si limitava ad una semplice lettura o scrittura. Nerone, imperatore della dinastia giulio-claudia, volle anche esibirsi personalmente come attore, e scelse la città ritenuta da lui autenticamente greca: Napoli!

Le esibizioni a Napoli

Secondo le fonti, già l’imperatore Claudio, predecessore e padre adottivo di Nerone, scelse il teatro scoperto di Napoli per la rappresentazione delle tragedie ad opera di suo fratello Germanico, autore di drammi e esperto di letteratura. Nerone, invece, volle provarsi in prima persona nel 64. Tacito, nei suoi Annales, racconta:

“Non osando esordire in Roma, scelse Napoli, perché città greca. Ed ecco allora una gran folla di cittadini napoletani e di gente affluita alla notizia di quell’evento dalle colonie e dai municipi vicini, e tutto un seguito onorifico di cortigiani e di funzionari di vario tipo e anche i soldati fare il proprio ingresso nel teatro di Napoli”

Nerone, dunque, scelse la città di Napoli perché ancora greca, nonostante i quattro e più secoli di dominazione romana. Solo una città fondata dai greci poteva accogliere il genere teatrale con tale entusiasmo. E così fu: alla rappresentazione e all’esibizione dell’imperatore il pubblico scoppiò in clamore, apprezzando le odi a sfondo mitico che Nerone intonò più volte. E pare che non soltanto gli uomini accogliessero con piacere i componimenti del princeps; scrive infatti Svetonio nella sua vita su Nerone:

“Nerone fece il suo debutto a Napoli e, benché il teatro avesse improvvisamente tremato per una scossa di terremoto, non cessò di cantare prima di finire il pezzo che aveva cominciato. Cantò a Napoli varie volte e per più giorni; poi, dopo essersi preso un po’ di riposo per rifarsi la voce, impaziente passò di nascosto dalle terme nel teatro”

L’evento sismico (uno dei tanti prima del 79) fu interpretato da Nerone come un apprezzamento da parte degli dei, e lo indusse a ritornare più volte a Napoli per esibirsi, anche dopo il suo viaggio in Grecia, poco prima di essere assassinato.

Il teatro di epoca imperiale

Il valore dell’opera neroniana è purtroppo andato totalmente perduto. Possiamo solo intuire attraverso le fonti il genere apprezzato dalla corte giulio-claudia nel primo secolo: un teatro a sfondo mitico contaminato, come detto, da canti e danze. Il tipo di letteratura proposta dalla cerchia di Nerone fu aspramente criticata dalla classe senatoria.

Proporre un genere così istrionico e volgare andava nettamente contro il mos maiorum, che i pochi sopravvissuti nella cerchia di Augusto cercavano invano di difendere attraverso un teatro tragico di stampo più tradizionalista, a sfondo storico. Fare politica attraverso la tragedia è tipico di quest’epoca: la classe aristocratica, schiacciata dall’autocrazia di Nerone, incapace di esprimere contrasti pena la morte, rende il teatro un genere storico, trasfigurando nel mito i valori della repubblica da tempo scomparsi.

Il ritorno alle origini: Seneca

L’autore che riporterà la tragedia agli antichi splendori greci sarà, paradossalmente, un uomo della stessa cerchia di Nerone: Seneca. Consigliere dell’imperatore fino al 62, dopo i primi eccessi del giovane si ritirò a vita privata, e tra le opere da lui composte si annoverano, come abbiamo detto, ben nove tragedie greche. È impossibile stabilire se il filosofo le abbia scritte contrapponendole volutamente a quelle di Nerone: un teatro destinato alla lettura e non alla rappresentazione “sguaiata”, di sfondo autenticamente mitico e non mimico, sembra infatti collocarsi all’opposto rispetto ai componimenti di Nerone.

Tuttavia, la predilezione di un imperatore per la nostra città e la fama che essa si era guadagnata in quanto portatrice e amante di cultura, rappresentano in ogni caso un piccolo orgoglio per la Napoli antica.

Alessia Amante