Mamozio, il rivale di Pulcinella

Il dialetto permette di attingere ad un vasto repertorio lessicale, costituito per buona parte da modi di dire, i quali entrano nella nostra quotidianità rendendo con maggiore espressività il concetto che si intende comunicare. Chi è il Mamozio.

Quante volte abbiamo sentito dire: “Si’ proprio nu mamozio”? L’espressione ha una storia affascinante, che si mescola alla leggenda, perdendosi nell’atmosfera caotica della vita di tutti i giorni. Di essa ci restano solo poche testimonianze e alcuni racconti, piccole tracce di un passato che nonostante tutto lotta per sopravvivere…

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Proverbi napoletani

Mamozio: il santo dimenticato di Pozzuoli

Con il termine mamozio si indica solitamente un individuo imbambolato, che assomigli nei tratti fisici e mentali ad un pupazzo e, quindi, è da riferirsi ad una persona di scarse capacità intellettive. Dal punto di vista etimologico alcuni studiosi hanno visto una equivalenza con il termine bamboccio, la quale risulta più dal punto di vista semantico e trova un maggiore riscontro in altre forme dialettali: ad esempio, l’umbro mammòccio, il salentino mammocciu, il partenopeo mammuoccelo.

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Il Mamozio

Tuttavia, l’ipotesi più accreditata fa risalire il vocabolo mamozio al momento di una scoperta archeologica avvenuta a Pozzuoli: nel 1704 viene riportata alla luce una statua acefala, di grandi dimensioni, risalente al IV secolo. Si tratterebbe del console romano Lolliano Mavorzio, come testimonia una iscrizione incisa nel fronte del piedistallo:

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Al corpo della statua si tentò di restituire in diverse occasioni un volto, ma con scarsi risultati, tanto che la testa reintegrata era o troppo grande o, viceversa, piccola rispetto al corpo. La statua sembrò ai puteolani avere un’espressione “imbambolata”, così che il nome Mavorzio fu distorto in mamozio, assumendo l’accezione negativa di persona stupida e sciocca.
La statua fu collocata nella piazza principale, l’attuale Piazza della Repubblica, in prospetto a quella in onore del Vescovo Monsignor Martino di Leon. Il Mamozio di Pozzuoli divenne per i puteolani e non solo, un simbolo, tanto da essere proclamato Santo.

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Il Mamozio di Pozzuoli

Diverse storie popolari sottolineano il carattere dispettoso di questo personaggio della cultura partenopea. Si racconta che una vecchia per guarire la sua pecora malata si rivolse a Santo Mamozio, il quale, invece, la liberò dal male facendola morire. San Mamozio era sospettoso, tanto che una volta maledisse un villano perché riteneva che stesse sparlando di lui con altri viandanti. L’ego smisurato e pettegolo del santo di Pozzuoli, lo elesse a patrono delle capere, dei ngiusissi, delle cofecchie. Altre testimonianze del popolo ricordano che, ai tempi in cui la statua era situata nella piazza principale di Pozzuoli, i verdummari erano soliti rivolgere suppliche a San Mamozio, lanciando offerte di fichi e pomodori.
Fu probabilmente per questa ragione, o per i lavori di bonifica iniziati nel 1913, che la statua di San Mamozio venne spostata, collocandola presso l’anfiteatro puteolano. Oggi si trova al Museo Archeologico dei Campi Flegrei, spogliando la città di Pozzuoli di un simbolo che non vuole essere dimenticato.

Un degno rivale

San Mamozio è il personaggio giocoso e grottesco partorito dal popolo per il popolo, probabilmente con l’intento di eleggere un simbolo della città di Pozzuoli. Raimondo Annecchino, tra i più importanti storici dell’area flegrea, scrive a proposito della statua:

Abbiamo a suo luogo notato che nella destra il nostro Mavorzio stringe un papiro arrotolato: orbene la rozza mente del volgo lo piglia per un cocomero, un citrulo – se non per ischerzo per qualcosa di peggio: l’una cosa come l’altra simboli ben noti della più perfetta vacuità intellettiva.

Mamozio come Pulcinella è uno sciocco, ma privo di quella furberia contadinesca ed ingenua che caratterizza la famosa maschera napoletana. In un incontro tête-à-tête Pulcinella l’avrebbe sicuramente vinta, per quella esuberanza comica e quello spirito ironico tipico della napoletanità, contro l’“insipido ebetismo” di Mamozio.

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Pulcinella

Tuttavia, Mamozio, nonostante la sua noiosa stoltezza, è riuscito ad affermarsi, al pari di Pulcinella, nella tradizione partenopea. La popolarità di Mamozio, che a Napoli rimase come simbolo dello ‘ntontaro, varcò le soglie campane, fino ad approdare a luoghi ben più lontani. Ad esempio, nel dialetto calabrese mamozio sta ad indicare una piccolezza fisica, più che intellettuale. La notizia della presenza di un mamozio a Ponza proviene dal libro “Ponza, Palmarola, Zannone” di Giovanni Maria De Rossi che così descrive una statua ritrovata:

In una via (via di Sant’Antonio) parallela alla strada litoranea, si conserva murata su di un moderno piedistallo, una statua marmorea funeraria, acefala e priva di basamento, nota, dalla tradizione locale, con il nome di Mamozio.

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Il mamozio di Ponza

La fama di Mamozio è testimoniata anche da una litania rivolta a San Gennaro il giorno deputato alla liquefazione del sangue, se mai il santo dovesse ritardare l’evento:

San Gennaro San Gennà ‘sta città te cerca aiuto tu però te sì addurmuto e ‘sta storia adda cagnà. Nun vulimmo a ‘nu mamozio ca nun tene autorità, San Gennaro San Gennà vire e nun ce sta a scuccià.

Il Mamozio meriterebbe di essere trattato con maggiore riguardo. Basti pensare che la figura dello sciocco ha affollato le pagine della letteratura comica, soprattutto in area toscana. Chi non ricorda il tonto, rozzo e popolano Calandrino del Decameron di Boccaccio, vittima delle beffe tramate alle sue spalle. Come sottolinea Michail Bachtin, i tipi esemplari del furfante, del buffone e dello sciocco, sono antichissimi e appartengono ad un mondo parallelo al nostro, attraverso il quale è possibile tentare una riflessione sull’esistenza «mettendola alla luce del giorno».

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Decameron, VIII, 3. Il ciclo di Calandrino

La dignità del tipo sciocco, credulone, mamozio, è restituita non soltanto dalla letteratura, ma anche da testimonianze cinematografiche. Dal Don Quijote ai romanzi picareschi, fino al santo idiota russo, si passa ai film di Fantozzi, e, perché no, alle serie televisive di Mr. Bean, la cui comicità, talvolta amorale, ha erroneamente etichettato il personaggio come sciocco. Mamozio è anche il povero pastore di pecore del film Il monaco di Monza, interpretato da Macario, che incontra Totò nelle vesti di Fra’ Pasquale da Casoria e insieme escogitano un piano per scampare alla fame. Una scena che racchiude una comicità senza tempo: Mamozio ha mangiato le sue pecore per sopravvivere; un gesto sciocco, essendo un pastore, ma allo stesso tempo necessario.

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Mamozio e Fra’ Pasquale, Il monaco di Monza, 1963

Mamozio è il degno rivale di Pulcinella per fama e spessore letterario. Tuttavia, sembra essere finito nel dimenticatoio, destinato a rimanere presente più in antichi ricordi che nella cultura contemporanea. Eppure, Mamozio vuole sopravvivere, affermando la sua esistenza in quei modi di dire che oggi usiamo con troppa leggerezza, senza conoscerne la storia.

Giovannina Molaro

Bibliografia:

  • Davide Morganti – La Repubblica – 3 dicembre 2004
  • Paolo Granzotto – Il Giornale – 5 novembre 2007
  • R. Annecchino, Mamozio nella storia e nella leggenda, Pozzuoli, 1894