Cartoni animati e pensiero infantile: un’analisi

La società contemporanea corre veloce ed è un dato di fatto: ciò che lo dimostra è l’alto numero di adulti che invadono le strade delle città, negli orari di punta, diretti verso un impegno o, il più delle volte, verso il posto di lavoro. E mentre gli adulti corrono sempre di più, i figli sono sempre più fermi nelle loro case, spesso incollati a compagnie astratte; internet e vari per gli adolescenti, i cartoni animati per i bambini. E sono proprio il pensiero infantile, fondamenta di quello futuro, e i meccanismi derivati dai prodotti di animazione contemporanea i concetti analizzati nel seguente articolo.

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I principali personaggi Disney, nota compagnia cinematografica d’animazione.

Il fenomeno dei cartoni animati

Sicuramente l’industria di animazione per bambini non è sempre esistita. Essa pone le sue radici nei fumetti per poi diffondersi in televisione e, successivamente, nel cinema. In generale, i cartoni animati sono racconti a episodi, per la televisione, o lungometraggi, per il cinema, realizzati attraverso il disegno; negli esempi più moderni si utilizzano le tecnologie computerizzate.

Le più famose fiabe filmate sono quelle della Walt Disney Company, compagnia cinematografica famosa per i film d’animazione per bambini e per adulti; l’intrattenimento televisivo per bambini è affidato, invece, agli anime – nati da studi di animazione giapponese – e alle produzioni occidentali (tra i più famosi ricordiamo I Simpsons).

Al contrario dei lungometraggi diffusi al cinema, i cartoni animati che invadono i pomeriggi dei bambini sono quelli sottoposti a minor controllo da parte dell’adulto: spesso assente in casa o impegnato, utilizza il cartone animato come babysitter, premio o punizione, senza però avere la possibilità di controllare ciò che sta vedendo il proprio figlio o assisterlo nella visione, contrariamente a ciò che succederebbe al cinema.

Usi ed effetti della cultura animata

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Come è ben noto, i maggiori fruitori dei cartoni animati sono i bambini in una fascia d’età compresa fra gli 11 mesi e i 10/11 anni; questa è una stagione evolutiva caratterizzata dalla priorità dell’azione (l’apprendimento più forte è quello derivato dall’esperienza) legata, quindi, alla motricità e al valore dei sensi.

La visione di omini colorati e saltellanti produce nel bambino effetti a livello cognitivo ed emotivo. Dal punto di vista cognitivo avviene un processo mentale che parte dalla sollecitazione dei sensi: l’immagine animata, coordinata dal suono, sviluppa la memoria sensoriale. I dati ricevuti vengono attirati nella memoria a breve termine e immagazzinati in quella a lungo termine, quindi non vanno perduti. Per questo motivo, tutto ciò che il bambino vede in televisione, come ogni esperienza, viene assorbito dalla sua mente.

A tal proposito è utile il concetto di «nebule»«mente assorbente» associato all’infante da Maria Montessori, per indicare lo stato recettivo di questo periodo evolutivo. Tuttavia, è bene tener presente che, di fronte al cartone animato, la mente del bambino è del tutto passiva. Proprio per la ricchezza di stimoli sensoriali non è necessario nessun tipo di elaborazione propria. Tutto ciò si ripercuote sull’emotività. Soprattutto nei bambini più piccoli è possibile notare un effetto ipnotico e, di conseguenza, una confusione tra realtà e finzione. Si può spesso notare che i giochi dei bambini sono per lo di imitazione dei personaggi animati percepiti come modelli.

Sicuramente le conseguenze di una massiccia visione di cartoni animati sono per lo più fisiche: le onde generate dalla televisione, poca o nessuna esperienza fisica, stress per l’eccessiva stimolazione sensoriale e passività generale – mentre altre si manifestano a livello cognitivo – come lo scarso grado di attenzione e di concentrazione in attività troppo impegnative – e nello stile di vita del bambino – poca inclinazione alla lettura e imitazione di comportamenti poco adeguati.

Tuttavia la televisione non è uno strumento da abolire. Accanto agli episodi più violenti, esistono programmi per bambini a scopo didattico-educativo che prevedono l’apprendimento attraverso l’interazione con un personaggio invitante e colorato.

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Esempio di co-visione fra genitore e figlio.

La lamentela di molti adulti e figure associate all’educazione, a riguardo, è la presenza di numerosi programmi d’animazione violenti o, comunque, non adatti ad una fascia d’età così bassa che imita i comportamenti in modo autonomo o insieme ad altri bambini. La domanda, forse, sorge spontanea: chi ha stabilito che i cartoni animati – e in generale la televisione – hanno uno scopo educativo?

Essi nascono come fonte di informazione (telegiornali) e intrattenimento. I programmi per bambini definiti “non educativi” non hanno nulla di sbagliato, semplicemente non sono nati per quello scopo. L’attività sicuramente poco educativa è quella della visione infinita e incontrollata dei prodotti di animazione che, come tutti gli eccessi, hanno effetti negativi influenzando il pensiero infantile.

Se la visione di un cartone animato diventasse una co-visione – supportata, quindi, dalla presenza dell’adulto e dalle sue spiegazioni – e, successivamente, affiliata ad un’attività post-visione – facendo emergere riflessioni su quanto visto -, non potrebbe trasformarsi in un’attività di svago e allo stesso tempo educativa?

Alessandra Del Prete

Fonti

Per maggiori informazioni: L’uso educativo dei cartoni animati 

Fonte immagini: Google