Lui è tornato: “In fondo, siete tutti come me”

Lui è tornato (David Wnendt), tratto dall’omonimo romanzo di Timur Vermes, è un film da brivido: è il 2014 e Hitler è qui. E quando alla TV urla: “D’ora in poi si andrà indietro nel tempo!”, il pubblico esplode in ovazioni estasiate.

Hitler e la nuova propaganda

Mein Kampf
La foto a cui si riferisce Orwell

Adolf Hitler (Oliver Masucci) apre gli occhi. È il 2014, e per orientarsi ci vuole un po’: dai suoi tempi molte cose cono cambiate. La mente pronta del Führer, però, in breve si adatta e considera il da farsi, analizzando la situazione della Germania attuale. Disastrosa. Ora che lui è tornato, bisogna rimboccarsi le maniche.

È così che si allea con un reporter fallito e alla costante ricerca del riscatto, Sawatzki (Fabian Busch), il quale crede di poter sfruttare questo attore comico un po’ matto saltato fuori dal nulla per ottenere un posto di prestigio alla redazione di MyTV. Ma in realtà è il contrario: è Hitler che usa il piccolo giornalista per mettere le mani sulla tecnologia, sulla televisione e su internet, efficaci e potentissimi mezzi di propaganda, i più grandi doni che la Provvidenza ha fatto all’umanità.

E quando finalmente raggiunge il suo scopo, quando in prima serata si presenta alla nazione urlando “Sono le 7.45 e d’ora in poi si andrà indietro nel tempo!”, il pubblico si alza in piedi in ovazioni ridenti ed estasiate.

Ma… lui è tornato davvero?

Lui è tornato? Qui il gioco narrativo si fa stuzzicante: nessuno chiarisce se si tratti davvero del Führer oppure no. O meglio, tutto urla chiaramente che lui è tornato, che quello è proprio Adolf Hitler, resuscitato con le medesime fattezze del giorno della sua morte, con le stesse intenzioni e con gli stessi metodi; ma agli autori di MyTV e soprattutto a colei che viene ribattezzata Signora Goebbels, non interessa quale sia la vera identità di quel pazzo con i baffetti, né cosa realmente ci sia dietro le sue parole. Ciò che conta è l’audience.

E la Germania, dal canto suo, sta al gioco.

O meglio, la Germania se ne sta quieta nella certezza che le dà la il buonsenso: Hitler non può essere tornato. Hitler è morto e stramorto, stigmatizzato in ogni modo. Certo che Hitler era cattivo, certo!
E se il fatto che fosse cattivo è dato per assodato, ci si può permettere di scherzarci su: non c’è pericolo, nessuno dubita che sia stato una catastrofe per l’Europa.

Ma c’è qualcosa di più: Adolf Hitler è un gran trascinatore di popoli, ed è abile. Diventa in pochissimo tempo un’icona pop, e ai tedeschi piace sempre di più ciò che dice. A questo punto, allora, è davvero così importante che sia il vero Führer?

Cosa fa di Hitler, Hitler? L’essere l’individuo nato nel 1889, o l’avere certe idee?

A cosa serve?

A cosa serve “Lui è tornato”? A cosa serve ribadire che Adolf Hitler è stato un evento nero che più nero non si può? Lo sanno tutti. E non c’è nemmeno bisogno di ripetersi che non bisogna distrarsi un secondo, perché certe pericolose tendenze sono sempre lì in agguato.

Piuttosto “Lui è tornato” serve a mettere in guardia dalla dimensione pop dell’informazione. La massificazione diluisce, ed è ovvio: nulla più è pericoloso, nulla più è incisivo, e nulla più fa paura. Anche le parole più orribili nell’essere ripetute perdono concretezza, vengono desemantizzate e manipolate, fino a piegarsi in forme meno temibili. E ciò che Hitler dice serpeggia ugualmente tra la folla, e penetra in essa, ma si traveste da provocazione geniale e tutto sommato innocua.

D’altra parte, quei concetti che dalla massa digitante emergono come princìpi ferrei e solidi, hanno perso in realtà ogni complessità: sono brevi slogan senza radici. In questo modo il Führer diventa una figura tagliata con l’accetta, “quello che uccide gli ebrei” – e il riferimento alla Shoah infatti è il solo argomento espressamente proibito in televisione, ed è l’unico indizio grazie al quale Hitler viene riconosciuto come tale.

La figura di Adolf Hitler ormai non è nient’altro che una marionetta legnosa e piatta con una didascalia scarabocchiata addosso che dice “Sterminatore di ebrei”. Basterà coprire quell’indicazione e ogni allarme sarà zittito; il pubblico, in quel profondo torpore in cui è caduto, non avrà la lucidità di ragionare, di capire.

Ma ad essere tabù è il nome di Hitler, o ciò che ha propagandato?

Lui è tornato

“In fondo, siete tutti come me” dice Hitler a Sawatzki. “Non si può liberare di me. Sono una parte di lei, di tutti voi. Lo riconosca. Non sono poi così male. ”

Chiara Orefice