Heidegger e la critica della metafisica

Per molti, metafisica è sinonimo di speculazione astrusa, astratta e inutile. Heidegger ci mostra invece l’importanza di questa branca della filosofia.

Filosofia teoretica e metafisica

La filosofia teoretica, dal greco theoréo («osservo»), può essere definita come la filosofia prima, o come la filosofia della filosofia. Occuparsi di teoretica vuol dire, quindi, trattare dei fondamenti della filosofia, in altri termini del metodo e dei temi fondamentali: le grandi questioni dell’esistenza e le domande sulla vita e sulla morte che ciascuna persona si pone. La filosofia teoretica non è quindi solo un sapere riflessivo ma uno sguardo di sintesi che cerca di cogliere il fondamento dell’essere.

Uno dei problemi teoretici più importanti è la struttura ultima della realtà, di cui si occupa la metafisica. Come la parola stessa suggerisce, essa è l’osservazione dei fenomeni al di là del sensibile (della fisica). Esiste una verità ultimativa? È possibile andare oltre le apparenze? Da queste domande può nascere una riflessione ontologica.

Che cos’è metafisica? Heidegger

Heidegger
Heidegger

La storia della filosofia è in sostanza anche una storia della metafisica. La critica di quest’ultima ha costituito però uno degli aspetti fondamentali della filosofia del ‘900. Quello di Martin Heidegger (1889-1976) è stato un contributo fondamentale: Che cos’è metafisica? è il titolo di una sua opera del ’29, tratta da una prolusione tenuta all’Università di Friburgo. Il contesto è quello del confronto dialettico tra modernità e postmodernità, nel quale Heidegger si schiera a favore del recupero dell’istanza teoretica come critica interna della metafisica.

Perché è in generale l’ente e non piuttosto il niente?

Secondo il filosofo tedesco, è da questo interrogativo fondamentale che – a prescindere dalle sue varie manifestazioni storiche – nasce la riflessione metafisica. Perché la vita e non la morte? Più che una semplice domanda, Heidegger la considera un’esperienza umana carica di angoscia, perché vissuta dall’uomo in bilico tra l’essere e il nulla.

La centralità della filosofia

Heidegger
Socrate

Il filosofo tedesco accusa la modernità di aver spodestato la filosofia del ruolo centrale che, tradizionalmente, essa aveva ricoperto rispetto alla scienza e alle altre discipline. La civiltà moderna è quindi entrata a sua volta in crisi per l’incapacità di trovare un orizzonte di senso e l’assenza di una dimensione utopica. È infatti solo dalla filosofia che può scaturire la visione complessiva di una civiltà, sulla base di una precomprensione di fondo collettiva che viene prima della comprensione individuale.

La critica alla modernità e l’evento dell’Essere

HeideggerCome altri filosofi, anche Heidegger considera totalitaria l’essenza della modernità, con le sue tecniche di dominio globale della natura e l’ossessione dell’autopotenziamento:

L’età che noi chiamiamo tempo moderno […] si determina in quanto l’uomo diviene misura e centro dell’essente. L’uomo è ciò che sta alla base di tutto l’essente, cioè, modernamente, di ogni oggettivazione rappresentabilità, il subjectum.

La modernità è quindi l’età dell’oblio dell’Essere. L’unica strada per la liberazione dalla schiavitù del tempo presente, alla quale il filosofo attribuisce un valore quasi religioso-salvifico, è un recupero delle origini presocratiche della metafisica. Solo così l’uomo non sarà più il luogotenente del Nulla, ma il custode dell’Essere.

Ettore Barra