Se l’olio tunisino invade l’Italia

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Il Parlamento Europeo, riunito in seduta plenaria, ha approvato la misura che prevede l’importazione di 35.000 tonnellate in più di olio tunisino senza dazi. Il provvedimento appariva necessario alla luce dei gravi pregiudizi economici subiti dalla Tunisia dopo gli attentati che avevano scosso il Paese, l’unico ad aver adottato un sistema democratico alla fine della “Primavera Araba”. Si fa riferimento alle stragi avvenute rispettivamente il 18 Marzo 2015 al Museo Nazionale del Bardo (nella quale morirono 24 persone) ed il 26 Giugno 2015 nella città di Susa (provocando 39 morti e 38 feriti). 

 L’Italia e la Spagna, grandi produttori di olio d’oliva, hanno cercato di modificare alcuni aspetti del provvedimento: è stato introdotto il divieto di prorogare la sua validità oltre il 2017 (quindi le 35.000 tonnellate di olio d’oliva in più saranno importate solo nel 2016 e 2017) e sono state introdotte nuove misure per garantire che il prodotto tunisino non venga poi rivenduto per olio prodotto in alcuni dei paesi dell’Unione Europea, considerato di qualità più alta. La produzione dell’olio dà lavoro ad un milione di tunisini, essendo il principale prodotto agricolo di esportazione per il Paese.

Scoppia la polemica sull’olio

Protesta M5S

L’Italia è il secondo produttore europeo di olio di oliva con una produzione nazionale media di oltre 6 milioni di quintali, due terzi dei quali extravergine e con ben 39 denominazioni DOP e 1 IGP riconosciute dall’Unione EuropeaL’olivicoltura è presente in 19 regioni su 20.

Puglia, Calabria e Sicilia hanno un’incidenza nella produzione nazionale di oltre l’85% di tutto l’olio di oliva prodotto nel nostro Paese. La Puglia vanta il più alto numero di aziende olivicole (267.203), seguita da Sicilia (196.352), Calabria (136.016) e Campania (112.093).

È chiaro che – a fronte di questi numeri – le soluzioni adottate da un disattento legislatore europeo non possono che far storcere il naso all’opinione pubblica, ai politici più protezionisti, nonché ad una parte degli stessi eurodeputati.

Il M5S ha ipotizzato che la misura nascesse da interessi del Primo Ministro della Tunisia, Habib Essid, tra i maggiori produttori di olio del Paese. Diversi esponenti dello stesso Partito Democratico hanno espresso il loro dissenso nei confronti di questa misura che mette a rischio l’economia italiana. Paolo De Castro del PD, ex ministro per le Politiche agricole e coordinatore per il gruppo dei socialisti e democratici della commissione Agricoltura dell’Europarlamento, ha dichiarato: “Abbiamo migliorato quanto possibile ma rimaniamo contrari“.

Le conseguenze per l’Italia

Marchio Coldiretti

La Coldiretti, la principale associazione che rappresenta gli agricoltori, ha ammesso che l’importazione senza dazi di olio tunisino mette a rischio una azienda italiana su tre, sottolineando i problemi della concorrenza sleale causati dall‘extra-quantitativo, pari a un terzo della produzione nazionale. Intanto dalla Tunisia sono già arrivati nel 2015 novanta milioni di chili di olio di oliva, a fronte di una produzione tricolore che si attesta sui 300 milioni di chili.
Inoltre, conseguentemente all’aumento dell’import, sono aumentate le frodi con un incremento record del 278% rispetto all’anno precedente.
Il rischio reale ed attuale è che l’olio tunisino venga mescolato con quello nazionale per diminuire i costi di produzione, con grave pregiudizio per i produttori onesti, i consumatori e la qualità (dunque la credibilità) dell’olio italiano, una vera eccellenza esportata globalmente.

Resta da chiedersi se questa soluzione sia davvero quella più adatta per ristabilire l’economia tunisina o forse se il Parlamento Europeo sia davvero accorto nello gestire la  pluralità di interessi che sono in gioco ogni qual volta decide in merito a questioni di tale rilievo.

Samuele De Giorgio

 

Fonti: I, II, III

Fonti media

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