La pietra: un’arte e un mestiere a Fontanarosa

La pietra è l’anima e l’essenza del paese normanno di Fontanarosa (Av), elemento per eccellenza in cui il borgo irpino si identifica.

Centro dell’antica lavorazione della pietra, la comunità fontanarosana vanta un’importante tradizione a riguardo, esempio tangibile è lo stemma locale, realizzato prettamente con questo materiale ed il quale raffigura, appunto, una fontana zampillante di rose che sgorgano dall’ acqua.

La pietra
Stemma di Fontanarosa in pietra

La pietra a Fontanarosa

Camminare per le strade di Fontanarosa  significa intuire  la costante presenza della pietra, soprattutto passeggiando per il centro storico, dove possiamo ammirare rifiniture, particolari ed opere architettoniche del XVIII secolo. Qui è sita anche la fontana realizzata dallo scultore abruzzese Pietro Cascella.

La pietra calcarea tipica della zona è la “Breccia Irpina”, estratta direttamente in loco e spesso affiancata da altri tipi di marmo.

Dagli archi ai basamenti di porte e finestre, scale, pavimentazioni, fontane e portali di palazzi signorili abbelliti con ogni forma e motivo, da manufatti per usi più disparati come antichi abbeveratoi per animali, caminetti, mortai, ad edicole funerarie, lapidi inscritte etc. , sono queste : espressione massima dell’arte e del lavoro esemplare di quello che è, per antonomasia, “ Il paese della pietra “.

La pietra  è  un motivo di vanto, onore ed orgoglio per il popolo fontanarosano.

La pietra
Fontana – P. Cascella

Lo stesso re di Napoli, in epoca antica, commissionò artigiani, maestri-scultori  per la costruzione della Reggia di Caserta, dove furono impiegati marmi di Fontanarosa e Gesualdo .

La breccia, nel 1867, fu portata alla Mostra Internazionale dell’Artigianato a Parigi. Nel 1994, si tenne, nella stessa Fontanarosa, la stagione dei “Simposi della pietra” che vide artigiani ed artisti del paese collaborare con giovani scultori di Carrara, Roma, Bologna. Furono, in questa occasione, realizzate opere attualmente collocate in diversi punti del luogo, tra cui, alcune è possibile oggi contemplarle presso il Museo  della “Pietra, Paglia e Presepe” dove sono esposti anche vari lavori di Egidio Iovanna, scultore locale, insieme ad Angelo Rosato ed Antonio Iovanna.

Pertanto, l’artigianato fontanarosano, compresa la pietra, è stato presentato anche ad EXPO Milano 2015.

Breccia Irpina: la pietra locale

La pietra
Cava di breccia irpina

La Breccia Irpina  è una roccia che si forma dalla sedimentazione di frammenti calcarei, quarzi e cementi; resistente e tenace come il popolo della” Terra dei lupi” in cui nasce, ha alimentato tanti cantieri della Campania. E’ una pietra che presenta un colore ambrato e “favacci”, ovvero venature più scure, le quali ne interrompono l’uniformità. “ Favaccia” e “favaccina” sono sempre breccia ma con intensità di impurità differenti. La favaccina è la breccia caratteristica di Fontanarosa, quella più fine che consente di essere facilmente impiegata in arredi e sculture.

“Lo scalpellino” : il poeta della pietra

“ Tu vedi un blocco,

pensa all’immagine:

l’immagine è dentro

basta soltanto spogliarla”.

 

Queste parole del grande Michelangelo Buonarroti ben incarnano il senso del lavoro e dell’arte dello “scalpellino”, quello che un tempo era definito “l’operaio della cava” che taglia la pietra per scolpirla e rifinirla con i suoi strumenti. Attrezzi guidati dall’abile mano dell’ artista-artigiano che solca la materia, la spuntella, la leviga, la bocciarda e plasma dal nulla una nuova realtà come il Demiurgo di Platone.

Un mestiere che tanti , a Fontanarosa, hanno appreso da bambini o da ragazzi e che ha origini remote.

Vite trascorse  a “mangiare polvere”, un lavoro non sempre facile ma che ha dentro qualcosa di poetico ed elevato ed  è un po’ la contraddizione di se stesso: “pesante” per la fatica che  comporta e “sublime” per l’intenzione che ripone in quel gesto dove uomo e divino entrano in contatto, attraverso la materia e si genera la creazione.

La pietra
Antonio De Dominicis- scalpellino

Venne chiamato “lo scultore senza arte” e dalla cava di pietra passò alla bottega, apprendendo tecniche sempre nuove.

Le mani di uno scalpellino, di quello che oggi è più comunemente conosciuto come “marmista” (dal greco marmaròs: pietra splendente) sono mani che sanno di mastice. Mani sapienti che conoscono il millimetro, che sanno calibrare il colpo di una mazzuola su un affilato puntale, sono mani forti e dure, callose. E’un viso imbiancato ed impolverato. Un passo che lascia orme di onice sul pavimento. Una livella  che insegue la precisione.

Il racconto di un mestiere che si perde nella notte dei tempi … tempi di oscillante stabilità!

Muriel Barbery attesta:

“ Un bravo marmista conosce la materia. Sente dove cederà al suo assalto perché l’incisione già presente nel blocco aspetta solo di essere rivelata”.

Tutto, nel rispetto della materia prima che è la vera protagonista: LA PIETRA.

Pasqualina Giusto

Fonti multimediali:

https://www.youtube.com/watch?v=5WyJkLFVYVE