Lattazione nei cetacei marini

I cetacei marini, siano essi Mysticeti (comunemente identificati come balene) od Odontoceti  (delfini, orche e narvali), sono a tutti gli effetti mammiferi, e come tali condividono i tratti caratteristici della classe Mammalia, tra cui la presenza di pelliccia (quanto meno negli stadi embrionali) e, sopratutto, la lattazione. Processo quest’ultimo che presenta non poche difficoltà, considerando che si tratta della secrezione di un liquido in un ambiente, di fatto, liquido.

Lattazione: le modalità

latte di balena
Latte di balena, estremamente denso e compatto.

Onde risolvere tale problema il meccanismo di lattazione, ed il secreto stesso, si sono evoluti in modo differente da quello dei mammiferi terrestri. Laddove infatti il latte, ad esempio umano, presenta alte percentuali di acqua ( 88% ) basse percentuali di proteine ( 0,9% ) e di grassi ( 3,5% ); il latte dei mammiferi marini, e dei cetacei in particolare, deve necessariamente avere una densità molto maggiore, essendo quasi cremoso, per evitare che si diluisca e si disperda in acqua, ovvero dove avviene l’allattamento (differentemente dai mammiferi marini appartenenti alla superfamiglia dei pinnipedi, per i quali avviene sulla terra ferma).

Tale maggiore densità è ottenuta sfruttando differenti percentuali di nutrienti, che rimangono grossomodo inalterati per i membri di ogni sottordine, ma che variano tra Mysticeti ed Odontoceti a seconda della durata della lattazione.

I primi infatti protraggono l’allattamento dei piccoli per 5-7 mesi, periodo in cui i piccoli devono crescere ad un ritmo estremamente veloce ( fino a 113kg al giorno per le balenottere azzurre, che possono ingerire 200 litri di latte nell’arco di 24 ore ) sfruttando elevatissime percentuali di grassi ( 50% ) e di proteine ( 15% ), controbilanciati da bassi quantitativi di acqua ( 35-40 %); i secondi invece presentano un periodo di allattamento estremamente lungo, sino a due anni, in cui per altro la madre è in grado di allattare e contemporaneamente concepire un altro piccolo, epresentano dunque livelli di acqua maggiori ( 60% ) e minori quantità di proteine ( 8-11 % ) e di grassi ( 10-30 % ).

È interessante notare che i livelli di lattosio, soprattutto nei delfini che hanno i più lunghi tempi di allattamento, diminuiscono con il passare del tempo, così come aumenta la percentuale di potassio, probabilmente per spingere i giovani a distaccarsi dalle madri ed ad alimentarsi per conto proprio.lingua tursiope

Altro problema si presenta nel meccanismo stesso di suzione e secrezione del latte. I cetacei non sono infatti provvisti di labbra, che solitamente servono per suggere i liquidi, né tanto meno presentano capezzoli esterni.

Processi evolutivi che coinvolgono la lingua, hanno brillantemente risolto il primo problema. La lingua della maggior parte dei cetacei presenta una sorta di estroflessioni digitiformi lungo tutto il perimetro esterno; tali animali sono inoltre in grado di arrotolare i due lembi laterali della lingua, sino a formare una “ cannuccia “, chiusa “ ermeticamente “ dalla forma quasi a cerniera dei lembi stessi.

Lingua orca lattazione
Un esemplare giovane di orca pone la lingua in posizione atta alla suzione del latte.

I capezzoli dei cetacei: posizione e forma funzionali

Pliche mammarie e fessura urogenitale in evidenza sul ventre di un tursiope.
Pliche mammarie e fessura urogenitale in evidenza sul ventre di un tursiope.

Per quanto riguarda invece i capezzoli, considerando che l’evoluzione di un animale acquatico e pelagico tende solitamente a favorire l’idro-dinamicità, essi si trovano all’interno di una sorta di plica, una invaginazione presente vicino alla fessura urogenitale, di solito pari e bilaterale, da cui fuoriescono in misura minore o maggiore a seconda della specie, ed in seguito allo stimolo proveniente dalla pressione del piccolo nell’area in questione.

Ruggero Amato