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“Quando il drago ruggisce i monti tremano, quando il drago sussurra il saggio ascolta…”
La leggendaria figura del drago è presente in diverse culture, da quella greca e norrena all’antichissima civiltà cinese e orientale. Nell’affascinante mitologia orientale si registrano le nozioni e i miti più antichi e atavici della simbologia della figura del drago; il drago, oggi figura mitologica e surreale, popola da millenni le leggende delle civiltà più antiche tanto da essere considerata figura archetipa della fantasia dell’uomo.
Molto probabilmente, immaginando un mondo parallelo e fantasioso, l’uomo ha creato una realtà percepibile, in cui collocare al suo interno la figura del drago, (etimologicamente derivante dal greco drakon – un serpente, al latino draco, al francese antico dragon, all’inglese medioevale drago(u)n). L’immaginario comune sa che i draghi non sono creature reali, ma c’è chi non nega, o comunque non esclude un’esistenza passata, magari sotto forme zoomorfe più realistiche di quelle presenti nell’iconografia orientale ed occidentale.
Antiche teorie, che hanno del fantasioso, suggeriscono timidamente di poter identificare i draghi con gli ancestrali dinosauri o di sauri vissuti nella preistoria della nostra Terra, figure che alimentarono l’immaginazione dei primi antichi. L’uomo, nel corso del tempo, non ha smesso di lasciar camminare la sua immaginazione e, ancora oggi, sono numerose le specie di animali che possono avere analogie con un drago. Alcune teorie ipotizzano che siano di piccole dimensioni, tra i 50 centimetri e i 3 metri, mentre altre teorie sostengono uno sviluppo della specie della creatura del drago derivante da rettili primitivi, presumibilmente, più evoluti di altri.
Oltre il mistero che si nasconde dietro l’origine del mito del drago, l’uomo sente la necessità di lasciarsi affascinare dal mondo della mitologia e della simbologia, tentando di comprendere l’ignoto della conoscenza inattingibile alla nostra mente. Nella simbologia mondiale si distinguono due grandi famiglie di draghi, il “ceppo” orientale e il ceppo” occidentale. La divisione incide maggiormente sull’aspetto e sull’apporto culturale che la figura leggendaria ha importato: le due famiglie possiedono tratti comuni e affini.
Nell’antichità l’uomo di un tempo associava ai draghi il possesso delle forze primordiali della “Grande Madre Terra”, avendo il potere di creazione, distruzione e controllo sul destino umano. Si pensava ad esseri potenti, che causavano stupore, ammirazione e timore in contemporanea; creature con forze ed energie incontrollabili e titaniche.
In Oriente, passando per l’Africa e giungendo in Europa, si diffusero leggende sulle creature mitologiche; draghi volanti e potenti abitavano mondi paralleli e inaccessibili ai più, come il fondo dei sette mari, antri bui di grotte nascoste nelle cavità montane e le regioni infinite del cielo. In questi luoghi misteriosi trovavano realizzazione le paure ancestrali dell’oscuro e dell’ignoto.
Proprio nell’idea del mistero nasce una differenza di “affinità” sulla figura del drago tra le due famiglie. Infatti, nel lontano Oriente, l’uomo cercava un confronto e un avvicinamento alla figura selvaggia, e si ingegnò nel creare riti e usanze in suo onore. Invece, in Occidente, era considerato come potente dominatore; da qui, dunque, la considerazione negativa delle sue molteplici manifestazioni e aspetti.
In antiche culture occidentali si narrava che l’uomo, creatura paurosa e timorosa per natura, dovesse affrontare i suoi incubi ancestrali e più profondi, predisponendosi ad uccidere un giovane drago. Il sacrificio era necessario e veniva interpretato come un rito di iniziazione: il giovane superava le sue paure e diventava un uomo adulto, forte e valoroso. La prodezza era il valore principale e l’accettazione nella comunità veniva considerata come ammirazione e riconoscimento del coraggio dell’individuo nel suo percorso di formazione esistenziale. Sconfiggere un drago potente e, per i più, aggressivo era una prova di straordinaria temperanza morale.
Tra i valorosi eroi che hanno ucciso draghi feroci, si ricorda la leggenda di san Giorgio, martire cattolico e e modello del mito occidentale del drago. Si narra che il santo vissuto nel III secolo morì a Lydda, dopo aver salvato la figlia di un re libico da un drago. Da qui si ritrovano interessanti analogie con il mito greco di Perseo, che salvò Andromeda da un mostro di mare presso Lydda.
E così la storia si ripete: si rincorrono nelle pianure nordiche e nei deserti assolati, fin ai confini del mondo conosciuto molti racconti di eroi e cavalieri protettori di fanciulle in pericolo, rapite da draghi mostruosi.
Nella cultura cristiana il drago era considerato come una creatura maligna, rappresentazione reale e manifestazione terrena del male e dell’inferno: così, uccidere un drago, simbolo del male, diventava una sfida tra cavalieri per avere onore, gloria e fama, oltre che per impossessarsi di immensi tesori, tra cui l’oro dell’anima, il nucleo delle energie primordiali e il cuore dell’amata da salvare.
Nella cultura dei popoli più superstizioni restano per secoli avvalorate le leggende che individuano nel mito del drago valori come la verità, la saggezza e il coraggio. Invece, nella cultura dei popoli più evoluti si è fatta strada nel tardo Medioevo una nuova ipotesi, un mito filtrato da antichissimi racconti e dimostrato con metodi scientifici. In Europa, scienziati e studiosi di antiche rune, divinazione e superstizione iniziarono a sfidare le leggende, negando l’esistenza dei draghi come creature reali: esistevano solo come esseri mitologici nel mondo dell’immaginazione.
Nel XVII secolo Eberhard Werner Happel scrisse e pubblicò tra il 1683 e il 1691 un libro dal titolo Relationes Curiosoe, una “raccolta di curiosità” in cui si raccontavano interessantissime notizie e testimonianze sui draghi e le origini di queste leggendarie creature. Numerose erano le teorie approfondite anche dalla scienza, tanto da generare una interessante disciplina di studio in merito a queste affascinati creature, la “Dragologia”.
La meravigliosa e ghiacciata terra della Scandinavia raccoglie i miti dei popoli vichinghi e degli antichi abitanti della Germania del nord, dando vita all’affascinante mitologia norrena. Leggende, racconti e miti dei popoli del nord narrano di creature leggendarie come il drago, considerato essere malvagio, spesso simbolo del male. Tra le associazioni più note, si ricorda Ragnarǫk, il crepuscolo degli dèi, ovvero la battaglia finale combattuta tra il caos e l’ordine, tra il bene e il male, la distruzione e la creazione.
Secondo la mitologia norrena, i draghi sono creature fantastiche e possiedono proprietà speciali, come saper parlare molte lingue, anche il linguaggio dell’uomo; e usufruiscono di queste proprietà per combattere i nemici e rendere il proprio sangue magico; le leggende parlano di poteri curativi e del dono dell’invulnerabilità.
La mitologia scandinava individua quattro specie di draghi diversi: il puk, il black worm, il firedrake e il lindworm.
La mitologia norrena è la cultura che feconda draghi, li nutre e nei suoi racconti si narrano di creature eccezionali.
Il fascino dei draghi alimenta l’immaginazione di piccoli e adulti, rendendo possibile quel mondo parallelo inesistente nella realtà nostra, e creando la dimensione altra dove le terribili e meravigliose creature alate esistono e vivono, combattono e distruggono il loro mondo per poi ricrearlo e trasformarlo in una nuova dimensione.
Il Drago è ovunque. Il Drago è in ogni cosa. Le sue squame brillano nella corteccia degli alberi. Il suo ruggire si sente nel vento. E la sua forcuta lingua colpisce come il fulmine.
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