Antonio Abate: una misteriosa sacralità

Antonio Abate fu uno dei santi più venerati del Medioevo, grazie ai suoi ideali di vita monastica. Tuttavia, attorno alla figura di Antonio nacquero numerose leggende, tanto che, nel corso dei secoli, fu sempre più difficile scindere il sacro dal profano. L’aurea sacrale di Antonio assume i contorni del folklore a seconda delle località interessate e racchiude una serie di simbologie, talvolta misteriose, che contribuiscono a delineare un profilo criptico del Santo.

Per il credo cattolico, santo è colui che vive seguendo l’esempio di Cristo e muore nella grazia di Dio. Durante la sua esistenza, il Santo è chiamato a compiere delle vere e proprie gesta, secondo le virtù esposte dalla dottrina cristiana. Nel corso dei secoli, la trasmissione delle opere di questi personaggi ha contribuito ad alimentare numerose leggende, testimoniate dalle usanze legate alle festività celebrate in loro onore.

antonio abate
Sant’Antonio Abate

Antonio Abate: fondatore dell’ascetismo

Dalla Vita Antonii di Sant’Atanasio apprendiamo che Antonio nacque a Coma, in Egitto, intorno al 250 da una famiglia benestante di agricoltori. All’età di vent’anni abbandonò la vita “terrena” per dedicarsi alla preghiera e a vivere secondo i principi di castità e povertà.

Antonio Abate fu uno degli iniziatori dell’ascetismo: fino all’età di ottant’anni visse in una fortezza nel deserto della Tebaide. Secondo la tradizione, Antonio chiese a Dio l’illuminazione e poco più lontano scorse un uomo che intrecciava la corda e poi pregava; era un angelo inviato dal Signore per indicargli la strada che, più tardi, divenne il monito dei benedettini: “ora et labora“.

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Morelli, Le tentazioni di Sant’Antonio, 1878

La vita ascetica del Santo fu turbata da visioni e tentazioni, che superò grazie alla fede. Si diffuse ben presto la notizia della sua presenza e dell’illuminazione che aveva ricevuto da Dio nel superare la lotta contro l’oscurità. I pellegrini cominciarono a fargli visita, ma Antonio fu sempre più deciso a condurre una vita solitaria. Si trasferì sulle montagne del Pispir, in una fortezza abbandonata, ricevendo il pane due volte all’anno. La battaglia contro il demonio fu una costante nella vita di Antonio, ma egli riuscì a diffidare dalle false visioni e, quando il popolo abbatté la fortezza per essere al cospetto del Santo, costui ricevette da Dio il dono della guarigione, liberando gli ossessi e istruendo i discepoli secondo il verbo divino.

Antonio morì ultracentenario il 17 gennaio 356 e fu seppellito in un luogo segreto da due monaci che lo accudirono, lasciando ai discepoli il compito di diffondere la sua sapienza: “Chiedete con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato”.

Il protettore del fuoco: leggende ed usanze

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I falò di Sant’Antonio Abate

Ancora oggi, è usanza accendere il 17 gennaio dei fuochi, i “falò di Sant’Antonio”. Antonio Abate è definito il protettore del fuoco, soprattutto in riferimento ad una leggenda di origine sarda: Antonio sarebbe sceso negli Inferi e, dopo aver acceso il suo bastone, sarebbe tornato sulla Terra per donare il fuoco agli uomini. Una sorta di mito di Prometeo cristianizzato, che ha larga diffusione anche in altre culture. Una leggenda lucana vuole che Antonio sia nato da madre sterile, la quale, per avere un figlio, strinse un patto con il diavolo. All’età di dodici anni, come pattuito, Antonio dovette abbandonare la madre per andare a vivere con i diavoli; per questo fu nominato protettore del fuoco.

Il Santo del Fuoco viene celebrato secondo diverse usanze. A Novoli, nel Salento, la festa inizia il 7 dicembre e termina il 18 gennaio, con riti religiosi e sagre. Nel pomeriggio del 16 gennaio si procede con la benedizione degli animali, seguita da una solenne processione in onore del Santo; in serata si assiste all’accensione della focara, un grande falò alto circa venticinque metri lasciato ad ardere per tutta la notte, che richiama una pratica di origine pagana.

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I bottari di Macerata Campania

Nell’Italia Meridionale, per distinguerlo da Sant’Antonio da Padova, viene denominato Sant’Antuono. A Macerata Campania è una delle festività più attese dell’anno, immersa in una atmosfera mistica e folklorica. Tradizionale è la sfilata delle “Battuglie di Pastellessa”, ovvero dei “Carri di Sant’Antuono” sui cui trovano alloggio i cosiddetti “Bottari di Macerata Campania”, che ripropongono l’antica sonorità maceratese dall’omonimo nome la “Pastellessa” (o “Pastellesse”). Gli strumenti musicali utilizzati sono botti, tini e falci, ossia arnesi di uso contadino, che creano una atmosfera magica.

In alcuni paesi di origine celtica, Sant’Antonio incarna la divinità della luce Lug, simbolo di rinnovamento, e protettore di maiali e cinghiali. Il maiale è un animale associato a Sant’Antonio sin da tempi antichi, quando, a visitare la tomba del santo nella Chiesa di Motte-Saint-Didier giungevano ammalati di ergotismo canceroso. Il grasso dei maiali veniva usato per curare il morbo, che fu definito “fuoco di Sant’Antonio”; per questo, la religiosità popolare cominciò ad associare il maiale alla figura del Santo, che diventò, per estensione, protettore di tutti gli animali domestici.

Il simbolismo del fuoco e del bastone: la natura misteriosa del Santo

Il titolo di “protettore del fuoco” ha aperto numerose interpretazioni riguardanti la natura di Sant’Antonio Abate. Il fuoco rappresenta un elemento di emancipazione dell’umanità, dal momento della sua scoperta e del suo utilizzo. Il fuoco sancisce l’origine e la fine stessa dell’Universo. Tuttavia, questo elemento occupa un posto importante nell’ambito biblico. Il fuoco costituisce un simbolo di comunicazione tra l’uomo e il misterioso manifestarsi di Dio. Simbolicamente, il fuoco è segno premonitore di Jahvè, elemento escatologico di giudizio universale, strumento di sofferenza per i peccatori. Secondo alcuni studiosi, il fuoco associato a Sant’Antonio Abate può avere una relazione con il mondo degli Inferi. Scrive Annabella Rossi (in Carnevale si chiamava Vincenzo, 1977):

[…] generalmente interpretato come purificatore, può essere anche un segno preciso di relazione con il mondo degli inferi, con la morte; esso fa parte di quel viaggio sotterraneo nel corso del quale gli uomini eseguono una serie di riti propiziatori per favorire la germinazione del seme.

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Il protettore del fuoco

Sant’Antonio Abate risulta, in questa chiave di lettura, una figura ambivalente, legata alla morte e alla vita, e di conseguenza alla fertilità. Infatti, il fuoco è il principio della vita e ha una funzione purificatrice.

Il bastone a forma di “tau”, che vediamo impugnare da Sant’Antonio nelle iconografie più diffuse, è legato a questo principio della fertilità. La Tau, secondo la tradizione, è la prima lettera che si presentò a Dio quando questi decise di creare il mondo. Il simbolo del tau richiama la croce egizia e sta ad indicare l’immortalità, ovvero la rinascita continua. Il profeta Ezechiele conferisce alla lettera il potere di “sigillo”: “Il Signore disse: Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono”. Per gli esoteristi, il tau è una lettera magica e mistica: diciannovesima lettera dell’alfabeto greco, tau coincide con il diciannovesimo arcano maggiore, il Sole, modello di amore incondizionato. Così, Sant’Antonio Abate si fa custode di un sigillo che conserva un segreto spirituale, in bilico tra luci ed ombre, tra sacro e profano.

La natura misteriosa di questo Santo riguarda anche le modalità con le quali lo si celebra, attraverso usanze che sopravvivono allo scorrere del tempo. Ad esempio, dopo il falò si suole compiere tre giri intorno alla chiesa dedicata al Santo. Questa usanza la ritroviamo anche a Napoli agli inizi dell’Ottocento, come apprendiamo da Andrea De Iorio (Indication des choses les plus remarquables qui existent à Naples et dans ses environs, Napoli, 1818):

Nel giorno 17 del mese di Gennajo si celebra la festa di S. Antonio Abate nella sua chiesa, ed in tutte le domeniche, che capitano fino al primo di Quaresima. In tali giorni i Napolitani vi conducono i cavalli ben ornati di nastri, e dopo averli fatti benedire, ed arricchiti di collane di ciambelle di ogni specie, fanno tre volte il giro della chiesa, e tutti allegri se ne tornano nelle proprie case.

I tre giri hanno una valenza magico – simbolica: il numero tre rappresenta la Trinità; per i Pitagorici collega l’uomo e la donna, configurando il suo multiplo con la gravidanza compiuta. Ai tre giri può essere attribuita la pratica rituale della fecondazione. Allo stesso modo, il percorso circolare che viene compiuto intorno alla chiesa assume un significato simbolico: il cerchio è sinonimo di totalità, di perfezione, è il simbolo del divino.

Dunque, una simbologia misteriosa quella che avvolge la figura di Sant’Antonio Abate. D’altronde la fede comincia laddove la ragione finisce…

Giovannina Molaro

Sitografia:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/22300

http://digilander.libero.it/cultura.popolare/pignola/tradizioni/santantonio.html