Atena: la dea greca della guerra e della pace

Atena, che i Romani identificarono poi con la loro Minerva, nacque (figlia senza madre) dal capo di Zeus. Già venerata dai Micenei del 13° sec. a.C. con l’epiteto di potinija (πότνια «signora»), ma certo ancora più antica, conserva in età storica alcuni attributi che sembrano appunto risalire all’età micenea: il serpente e la trasformazione in uccello. La religione omerica ne fece una dea guerriera ( A. Pallade «lanciatrice d’asta», da πάλλω «scagliare»): da Ares, dio della guerra violenta e sanguinosa, A. si distingue per il combattere ordinato e intelligente. Questo aspetto è legato infatti alla sua funzione più importante, quella di protettrice della città di Atene.

La storia della nascita di Atena

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Nascita di Atena. Opera di Gianfranco Bevilacqua.

La storia della nascita miracolosa è narrata da Esiodo: subito dopo aver detronizzato Cronos, Zeus si unì a Metis (la “Prudenza”), figlia di Oceano e Tethys. Quando Metis rimase incinta, Gea e Urano fecero sapere a Zeus che, dopo avergli dato una figlia, Metis avrebbe dato al mondo un figlio più forte del padre destinato a spodestarlo.

Zeus, allora, ingoiò Metis, che divenne tutt’uno col dio, prendendo dimora nel suo capo. Quando giunse il tempo del parto, Zeus avvertì un terribile mal di testa: chiamò Hefesto, il fabbro divino, e volle che gli spaccasse la fronte con l’ascia di bronzo. Dalla larga ferita uscì fuori una giovane dea, armata di tutto punto. Era nata Pallade Atena,che subito eruppe in un grido di vittoria e si mise a danzare una furiosa danza guerresca.

Atena: la dea della guerra e della pace

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La dea della sapienza

Atena era una dea guerriera (poiché nacque già adulta, da “neonata” aiutò persino il padre a combattere la guerra contro i Giganti) ed era ritenuta invincibile; ma la sua guerra era quella condotta con ordine e avvedutezza, non quella feroce e sanguinosa di Ares. La sua forza era temperata dalla saggezza e dal senso di giustizia. È per questo che viene definita anche “dea della sapienza”.

Pallade Atena era anche la dea della pace perché era protettrice delle città e favoriva tutto ciò che assicurava la prosperità dei cittadini: l’agricoltura, il commercio, le arti. Il vasaio la venerava come sua benefattrice, perché era stata lei a inventare la ruota di cui egli si serviva per modellare i vasi. Per i falegnami ella aveva inventato la squadra e la riga; per i contadini, l’aratro, il rastrello e il baroccio perché venisse trainato dai buoi che ella stessa insegnò ad aggiogare.

La femminilità di una dea guerriera

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Cratere a figure rosse di produzione italiota, particolare: Athena che suona l’aulos – 375-350 a.C.

Una delle tante invenzioni attribuite alla dea fu quella del flauto. La Pallade Atena voleva trovare uno strumento che imitasse il sibilo del vento e così prese l’osso cavo di un cervo, lo forò con una serie di buchi e iniziò a soffiare nella canna otturando ora un buco e ora un altro.

Mentre suonava, notò che Afrodite ed Hera la guardavano con dei sorrisetti di malizia e, offesa, fuggì per i campi, credendo che quelle stessero deridendo la sua invenzione. Quando però si specchiò in un laghetto, notò che aveva le gote tutte rosse e capì che era quello il vero motivo dei sorrisi. Anche una dea così forte, non risulta indifferente al suo aspetto e a come si mostra davanti agli altri.

Un’altra prova di femminilità di Atena è data dal fatto che, sebbene ella fosse la protettrice di tutte le arti e di tutti i mestieri, presiedeva più volentieri ai lavori delicati delle donne, ed era modello di maestria per tutte le donne greche intente all’arte del ricamo e della tessitura.

La sfida di Aracne

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Aracne – Illustrazione di Gustave Doré é (1832 – 1883), Divina commedia, Purgatorio, canto XII.

Una sola donna, una fanciulla della Lidia, di nome Aracne, si rifiutava di riconoscere la dea come sua maestra. Ella, infatti, era molto abile coi tessuti e, un giorno, una ninfa le chiese se avesse imparato la sua arte dalla Pallade Atena, al ché la giovane si offese ritenendosi perfetta da sé e, nella sua presunzione, osò sfidare la stessa dea.

Atena accettò subito la sfida. Nella stanza c’erano due telai: dinanzi ad uno si sedette Aracne e la dea si sedette all’altro. La gara durò ore e ore: nella sua tela Atena raffigurava l’Olimpo con tutte le sue divinità; Aracne vi rappresentava invece alcune scene d’amore. Alla fine, i due capolavori risultarono perfetti, non c’era nessun difetto né nell’uno, né nell’altro. Allora, la dea venne meno al suo senso di giustizia e per invidia stracciò la tela della sua rivale. La giovane Aracne, non potendo sopportare l’affronto, voleva a tutti i costi impiccarsi: fu Atena a salvarla, ma perché il suo orgoglio fosse punito, la trasformò in ragno.

La Vergine per eccellenza

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Atena al bagno con le ninfe nei pressi di Tebe, scoperta per caso da Tiresia

Atena non volle mai maritarsi, preferendo conservare la sua austera verginità, tanto da essere onorata col nome di Parthènos, che in greco significa “La Vergine”; e Parthenone si chiama il tempio a lei consacrato sull’Acropoli di Atene.

Il suo pudore verginale era fiero e scrupolosissimo. Un giorno, mentre faceva un bagno dentro un fiume, si trovò a passare lì vicino Tiresia, figlio della ninfa Cariclo, che, essendo assetato, si avvicinò alla fresca acqua per dissetarsi e sorprese Atena nella sua nudità. La dea, sdegnata, si lanciò sull’intruso e gli posò una mano sugli occhi rendendolo cieco. Ma poi, su richiesta di Cariclo, Atena volle risarcire Tiresia concedendogli il dono della profezia che lo rese il più celebre indovino dell’antichità.

Raffaela De Vivo

Bibliografia:

F. PALAZZI, I miti degli dei e degli eroi, Loescher editore, Torino, 2004.

Sitografia:

http://www.treccani.it/enciclopedia/atena/