Storia del Cinema di Hollywood

La “soglia” cinematografica, tra sogni e realtà

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Gli elementi in comune tra il cinema e il sogno sono anzitutto temporali: nel 1895, mentre a Parigi ci sono le prime proiezioni pubbliche, a Vienna comincia a farsi strada la psicoanalisi freudiana. Ma la caratteristica che fa in modo che il cinema sia rapportabile al sogno è, di certo, la sua grande capacità di essere fabbrica dei sogni (grazie al cinema, riesce a prendere corpo anche ciò che consideriamo impossibile). Lo spettatore, al cinema, prova un’impressione di realtà: esso si ritrova in uno stato di intorpidimento tale (dovuto al buio della sala, al silenzio…) che gli consente di comprendere che tutto ciò a cui sta assistendo è illusorio, ma al tempo stesso reale.

«Tutto può avvenire, tutto è possibile e probabile. Tempo e spazio non esistono; su una base minima di realtà, l’immaginazione disegna motivi nuovi: un misto di ricordi, esperienze, invenzioni, assurdità e improvvisazioni»[1]

René Zazzo  (Parigi 1910 – ivi 1995), psicologo freudiano, afferma che se volessimo riportare pari pari sullo schermo cinematografico un sogno, esso sarebbe inintelligibile. Un film, pur assurdo o irreale che sia, è sempre un qualcosa che viene costruito logicamente. Anche i film d’avanguardia che spesso vengono ritenuti incomprensibili, in realtà hanno e dimostrano la presenza di un certo grado di inintelligibilità codificata.

Tra la logica del film e quella dei sogni vi saranno sempre delle profonde differenze:

– Al cinema il nostro è uno stato di veglia ma che si rapporta con l’ambiente circostante in senso solo recettivo. Siamo come Ulisse: abitiamo una soglia, alla quale siamo ancorati, che ci consente di ascoltare il pericolosissimo canto delle sirene senza correre rischi.

«A me solo ordinava d’udire quel canto; ma voi con legami
strettissimi dovete legarmi, perché io resti fermo,
in piedi sulla scarpa dell’albero: a questo le corde m’attacchino.
E se vi pregassi, se v’ordinassi di sciogliermi,
voi con nodi più numerosi stringetemi!»

– Nei sogni, l’elemento che potrebbe stupire non stupisce nell’immediato, lo fa solo nel momento del risveglio, nella fase dell’elaborazione. Nel film, invece, ciò che vi è di assurdo viene codificato nell’immediatezza e per questo stupisce.

Freud afferma che vi sono due fasi contrapposte del lavoro onirico:

– Processo primario: esso non è corrotto dal principio di realtà. È una sorta di contenitore all’interno del quale vengono riversate tutte le eccitazioni psichiche.

Processo secondario: ha il compito di applicare una facciata di logica ai prodotti illogici del processo primario.

Il cinema, tra tutte le arti, è quella che può aspirare a una plausibile rappresentazione del processo secondario. Se prendessimo, ad esempio, in considerazione l’opera teatrale Il sogno di August Strindberg (1901) ci potremmo subito rendere conto che egli stava sconfinando nel campo cinematografico, l’unico che (grazie al montaggio) avrebbe potuto soddisfare le sue esigenze estetiche (e tecniche).

«Nei suoi spettacoli si avvertiva chiaramente l’intenzione di superare le convenzioni naturalistiche che ancora limitavano lo spazio scenico. L’idea della “quarta parete”, per esempio, intesa come linea di demarcazione ideale tra il palcoscenico e la platea, rappresentava per il drammaturgo solo un fastidioso ostacolo da rimuovere, il simbolo del rapporto statico tra autore e pubblico.»[2]

I sogni al cinema

Senza alcuna pretesa di esaustività, questi sono alcuni film in cui si da particolarmente importanza al tema onirico:

– Un chien andalou (1929) diretto da Luis Buñuel ma scritto, prodotto ed interpretato da Luis Buñuel e Salvador Dalí. È il film più rappresentativo del periodo del cinema surrealista ed è un susseguirsi di scene senza apparente connessione, il che causa nello spettatore l’impressione di assistere alla messa in scena di uno stato onirico.

8 ½ (1963) di Federico Fellini. Fonte di ispirazione per molti registi, è uno dei migliori film di tutti i tempi. Fellini, in questa pellicola, riesce ad ampliare i confini del film e a distruggere qualsiasi barriera spazio-temporale (pur mantenendo un filo logico). Ci si ritrova catapultati in una dimensione (l’inconscio di Guido, o dello stesso Fellini?) dove la dimensione reale si fonde con quella onirica, perdendo qualsiasi forma di confine.

– Matrix (1999) di Lana e Andy Wachowski. È un film dove spesso i concetti di realtà e sogno si sovrappongono: «hai mai fatto un sogno talmente realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non ti dovessi più svegliare? Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?»

– Inception (2010) prodotto e diretto da Christopher Nolan. Il regista parte da una serie di considerazioni sui sogni che sono universalmente accettate per arrivare a costruire delle regole che governano il mondo dei sogni. Attraverso queste regole il protagonista (Leonardo DiCaprio), non solo è in grado di rubare delle informazioni dalla mente del sognatore, ma è anche in grado di innestare delle idee.

«Qual è il parassita più resistente? Un’idea. Una singola idea della mente umana può costruire città. Un’idea può trasformare il mondo e riscrivere tutte le regole.»

E alla fine, la trottola smette di girare o no? È impossibile saperlo, siamo solo sulla soglia.

Cira Pinto

[1] Strindberg nella sinossi del libro pubblicato da Adelphi.

[2] Vincenzo Esposito, La luce e il silenzio. L’età d’oro del cinema svedese, L’Ancora del Mediterraneo.

Bibliografia:

–      Christian Metz, Psicoanalisi e cinema, Marsilio.

–      Massimo Donà, Abitare la soglia. Cinema e filosofia, Mimesis.

–      Vincenzo Esposito, La luce e il silenzio. L’età d’oro del cinema svedese, L’Ancora del Mediterraneo.

–      Paolo Bertetto, Introduzione alla storia del cinema, UTET.

–      Gilles Deleuze, Cinema. Vol. 2: L’Immagine-tempo.

–      Omero, Odissea, BUR.

–      August Strindberg, Il sogno, A cura di Giorgio Zampa, Adelphi.

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Cira Pinto

Cira Pinto, nata a Torre del Greco l'8 dicembre del 1990. Cresciuta tra le videocassette Disney e le ginestre che tanto hanno ispirato Leopardi, decide il suo futuro accademico guardando ''Biancaneve e i sette nani''. Laureata al corso di laurea magistrale in Filosofia presso l'Università di Napoli Federico II con una tesi in Filosofia Morale dal titolo ''Il cinema come arte del tempo. l'analisi deleuziana, tra classicità e modernità''. Ha frequentato il corso di Analisi e critica cinematografica e quello di Sceneggiatura alla scuola di cinema, televisione e fotografia Pigrecoemme. Collabora con LaCOOLtura da gennaio 2015.

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