Biscione visconteo: il simbolo di Milano

Il biscione, assieme alla Croce di San Giorgio e alla scrofa semilanuta, è uno dei simboli più noti e rappresentativi della città di Milano. Per diverso tempo lo stemma del Ducato di Milano coincise con quello della casata dei Visconti, l’antica e potente famiglia che governò il capoluogo lombardo durante il Medioevo e all’inizio del Rinascimento, dal 1277 al 1447.

La vipera mangia bragat 

Il biscione
Il biscione visconteo

Nelle raffigurazioni, il biscione visconteo è rappresentato come un lungo serpente azzurro ondeggiante intento ad ingoiare un fanciullo; la carnagione di quest’ultimo ha assunto colori differenti in base alle versioni proposte. 

Il noto simbolo araldico è legato ad alcune leggende e credenze popolari nate con lo scopo di proporci diversi dettagli e interpretazioni sull’origine e il perché di tale emblema raffigurante il biscione.

Il drago Tarantasio

La prima leggenda narra che nella metà del IV sec., situato nell’area compresa tra Brembate e Cremona, vi era un lago conosciuto da tutti col nome di Gerundo. Questo vasto lago ospitava una possente e spaventosa creatura: il drago Tarantasio. Si narra che il mostro divorasse i bambini e che col suo pesante e pestilenziale fiato avvelenasse l’aria causando la febbre gialla. La gente reclamava a gran voce un eroe, qualcuno che potesse liberarli da quella angosciante e temibile presenza.

Numerosi furono i tentativi di uccisione da parte di cavalieri e guerrieri, ma tutti si rivelarono vani. La svolta decisiva ci fu quando giunse in città Uberto Visconti che con coraggio affrontò e sconfisse il drago Tarantasio prima che quest’ultimo potesse ingoiare un fanciullo che aveva già bloccato tra le sue fauci. Uberto volle immortale la disfatta della creatura facendo riprodurre sul proprio scudo il noto biscione.

Il biscione
Il drago Tarantasio

Azzone Visconti

Il biscione
Azzone Visconti

Vi è anche un’altra leggenda, questa volta legata alla figura di Azzone Visconti, nipote dell’arcivescovo Giovanni Visconti. Azzone era impegnato in una guerra contro Firenze e le truppe milanesi, in attesa di porre sotto assedio la città, decisero di accamparsi nella brughiera attorno a Pisa. Azzone, stanco per la lunga battaglia, si addormentò all’ombra di un albero. Mentre era intento a riposare, una vipera strisciò nell’elmo che aveva lasciato incustodito sul prato.

Al risveglio, Azzone indossò nuovamente il copricapo e la vipera, invece di morderlo, uscì da una fenditura, per poi andarsene silenziosamente tra i fili d’erba. Gli uomini di Azzone che videro tutta la scena rimasero pietrificati, ma il giovane Visconti mostrò solo freddezza e un’incredibile calma. Per non dimenticare l’episodio, però, decise di ricordare la vipera nello stemma della propria casata.

Tale racconto ha avuto come protagonista anche Desiderio, il re dei Longobardi. Ciò è dovuto al fatto che, molto probabilmente, in quel periodo storico, si cercava di accreditare Desiderio come antenato dei Visconti.

Un’antica tradizione longobarda

Si narra che il biscione derivi da un’antica tradizione longobarda. Difatti, usanza di quel popolo era portare il serpente in un sacchetto appeso al collo. Fu adottato dai Visconti per dimostrare continuità con i Longobardi.

La “bissa milanese” nella letteratura o il biscione visconteo

Il biscione visconteo viene definito da Dante come “la vipera che il milanese accampa” nel Canto VIII del Purgatorio della Divina Commedia, in cui il sommo poeta incontra Nino Visconti.

Inoltre, il poeta Giacomo Allegretti scrisse un carme proprio sulla nota “bissa milanese”.

Luna Scotti

Sitografia:

http://www.lagobba.it/?p=442