Attori e registi

Tom Hiddleston: un ritratto della sua carriera

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Tutti aspettano l’uscita di “Crimson Peak”, l’ultimo film di Guillermo del Toro in uscita ad ottobre di quest’anno. Tra i motivi c’è di sicuro il fatto che raramente una pellicola di Del Toro delude, si potrebbe dire mai… Ma c’è anche qualcuno che si vuol vedere messo alla prova con un genere diverso: Tom Hiddleston.

Noto principalmente per il ruolo di Loki, è un giovanotto dalle ottime capacità che sta sbocciando fulgidamente e un po’ lentamente con ruoli di un certo spessore forse non molto noti.

Joanna Hogg e Kenneth Branagh

Trova lavoro molto presto in alcune produzioni televisive, e appena un anno dopo aver concluso gli studi in Accademia la regista Joanna Hogg lo prende con sé per girare “Unrelated” (2006). Messe le mani su un biondo riccioluto dalla voce calda e dal bell’accento con l’aria compassata da capitano di vascello che ne ha passate tante e non vuole darlo a vedere, non se lo lascerà sfuggire. Sarà lieta di dargli un ruolo importante in altri due dei suoi film sull’emotività e sulle relazioni umane (e, per questo, soggetti a verdetti opposti che trovano negli stessi elementi un motivo per cestinare il tutto, da una parte, e dall’altra l’essenza profonda che fa di tre pellicole dei capolavori), “Archipelago” (2010) e “Exhibition” (2013).

Sarà che Tom Hiddleston di natura è calmo, affascinante, pensieroso, i ruoli che gli affida Joanna Hogg sembrano un po’ troppo su misura per lui per essere interessanti. Oakley, Edward e Jamie non sono una sfida, pur nel loro carattere generalmente convincente e nell’evidente riuscita del metodo che Hiddleston descriverà più di una volta: uno studio approfondito del carattere e del passato dei suoi personaggi che possa permettere alla realtà di sé di lasciar spazio a una estranea.

Nel frattempo, nel 2008, Tom partecipa ad un film a tema Austeniano, qualcosa a cui pochi attori britannici posso scampare. Si tratta di “Miss Austen Regrets”, un prodotto poco riuscito, per la verità, in cui Tom Hiddleston è John Plumptre, il pretendente della nipote di Jane Austen. Giovanissimo e dall’aria spaurita ancor più che innamorata, il piccolo Tom è una piacevole apparizione e poco altro. Ma è proprio nel 2008 che incappa in quella che è probabilmente la sua più grande fortuna: impressionare Kenneth Branagh.

Nel giro di pochi mesi infatti diviene noto come Magnus nei primi sei episodi di “Wallander”, accanto a Kenneth Branagh che è, appunto, l’ispettore di polizia Wallander; e prende parte all’”Ivanov”, sempre con Branagh, al Donmar Warehouse di Londra. Basta questo.

Nel 2011 è Loki in “Thor”. Ma questa è storia nota.

Tom Hiddleston in ruoli “da grande”

Ecco quello che ci voleva: un cattivo. L’aria educatissima da ricco studente cresciuto a Oxford che sorride benevolo dall’alto della sua figura slanciata dà qualcosa di esotico ad un villain tipicamente americano con corna e scettro. Loki, in effetti, diventa quasi il vero protagonista, perché ha in sé i conflitti che piacciono tanto al pubblico e che portano a passare al lato oscuro, quando scegliere di stare con i buoni è virtuoso quanto banalotto.

Con dedizione quasi sproporzionata, Tom Hiddleston dunque legge, ascolta, percepisce e comprende il suo personaggio, lo ama, lo difende nel corso delle interviste, se ne impossessa in modo talmente sensibile da far apparire indispensabile ogni battito di ciglia.

Se è capace di un lavoro simile con un cattivo dei fumetti, figuriamoci quale impresa titanica, vitale e sacra diventa per lui un copione shakespeariano.

Nel 2012 la BBC porta sullo schermo “The Hollow Crown”, cioè una raccolta di quattro opere storiche del Bardo di Stratford-upon-Avon, “Riccardo II”, “Henry IV” parte I e II, e “Henry V”. Tom Hiddleston è il quinto Henry, figlio del quarto, e dunque recita nelle ultime tre.

Non solo: il suo amore per Shakespeare (ricordiamoci che una parte importante della sua carriera è legata al più grande attore shakespeariano dei nostri tempi, Kenneth Branagh) e la notorietà del suo talento nell’interpretarlo lo pongono di nuovo sul palco della Donmar Warehouse per diventare Coriolano nell’omonima opera teatrale (2013), e stavolta il tutto viene filmato e trasmesso all’estero.

In un’intervista Tom Hiddleston spiega che Shakespeare, a un primo impatto, è come un labirinto. L’attore è colui che ne ha studiato la pianta, sa come muovercisi, e perciò può prendere per mano lo spettatore e condurvelo dentro per mostrargli quanto è bello.

Si può dire che la sua teoria e la pratica della sua recitazione coincidano perfettamente: Enrico V come Coriolano sono tanto complessi quanto chiaramente sviscerati ed esposti, tanto da dare a chi guarda la sicurezza di sapersi muovere in una mente e in un’anima ad un primo sguardo impenetrabili, leggendo meccanismi e riconoscendo reazioni come fossero quelle di una vecchia conoscenza.

Infine Jim Jarmush lo libera dal ruolo di Loki offrendogli la parte di Adam in “Solo gli amanti sopravvivono” (2013) accanto a Tilda Swinton e Mia Wasikowska. La pellicola già di per sé è un’opera d’arte nostalgica, profumata di bellezza in sfacelo e amore troppo antico per non essere sia lenitivo che divorante.

L’Amore non è estraneo ai personaggi di Tom Hiddleston, ma qui semplicemente si contorce e si intreccia per formare l’ossatura di un personaggio che non ha più nulla dell’attore, e diventa uno spirito feroce e delicato, un custode del passato che si ciba del sangue umano, di quello vero, di ciò che dà davvero vita alla vita (nella totale inconsapevolezza di quelli che stanno diventando zombie): la bellezza dell’arte, dei luoghi, della passione mista all’ingegno.

Una prova del genere rende tutti un po’ più osservatori, un po’ più sensibili all’intangibile e al modo in cui esso è legato alla materia decisamente concreta di un quadro o di un edificio. Senza contare che subito dopo si rimane affamati di altre interpretazioni, e Tom Hiddleston non si risparmia: i suoi tre film di prossima uscita sono “Crimson Peak”, “High-Rise” (Ben Wheatley) e “I Saw the Light” (Marc Abraham).

Chiara Orefice

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Chiara Orefice

Classe '92, Chiara Orefice si è laureata in Linguistica a Roma. Ha un bizzarro rapporto con la lingua italiana, l'università e gli intrecci inverosimili, ma il tempo in qualche modo lo impiega.

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