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Guerra di Crimea: che c’entrava l’Italia?

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Oggi si pensa che l’Italia abbia partecipato alla Guerra di Crimea per entrare a far parte delle grandi potenze europee. La realtà è che Cavour fu costretto a parteciparvi.

Antefatto

La Guerra di Crimea (1853-56) fu un conflitto scoppiato per un contenzioso tra Francia e Russia sui Luoghi Santi nell’Impero Ottomano.

Ritratto di Napoleone III, di Franz Xaver Winterhalter

Napoleone III, per tenere buoni i clericali, pressò il sultano, Abdülmecid I, per avere la protezione francese di suddetti luoghi. Lo zar di Russia Nicola I, di contro, si adoperò per avere la protezione degli ortodossi in Turchia. Quando il sultano decise in favore dei francesi e respinse le richieste russe, Nicola I non poté far altro che prendere le armi, convinto che la Francia era ancora troppo provata dalla recente rivoluzione e che Austria e Inghilterra non sarebbero intervenute.

Sono grossi errori di valutazione perché la Francia era più preparata di quel che pensava, l’Austria non aveva la minima intenzione di cedere alla Russia la via libera nei Balcani e l’Inghilterra, come si è già discusso qui, non voleva che la Russia avesse il tanto agognato accesso al Mediterraneo.

Così, quando le truppe russe occuparono Moldavia e Valacchia, il sultano dichiarò guerra alla Russia. Quando una delle flotte turche venne distrutta, i contingenti inglesi e francesi entrarono nel Mar Nero per difendere la Turchia, ed invitavano ogni Stato a fare altrettanto. Era iniziata quella che all’epoca era conosciuta come Guerra d’Oriente.

Tentennamenti austriaci

L’Austria e la Prussia, però, non erano tanto interessate ad entrare nel conflitto. Infatti firmarono un trattato di neutralità dove si garantivano rispettivamente i territori.

Nicola I

L’Impero Asburgico era seriamente preoccupato per i territori italiani, particolarmente caldi in quel periodo, i quali minacciavano di prendere l’iniziativa alla prima occasione favorevole. Solo una volta ricevute rassicurazioni in merito, si decisero a respingere i russi dalla Moldavia e dalla Valacchia, ma non accennando a intervenire ulteriormente.

Tuttavia la guerra si complicava: l’esercito russo difendeva con tenacia Sebastopoli mentre francesi, inglesi e turchi erano dilaniati dal freddo e dal colera. La Francia, allora, pressò diplomaticamente l’Austria che finalmente firmò un trattato per un suo futuro intervento nel conflitto, ottenendo in cambio il mantenimento dello status quo in Italia.

Guerra di Crimea: che c’entrava l’Italia?

Cavour, il re e uno schieramento politico abbastanza vasto erano già convinti che entrare nel conflitto al fianco di Gran Bretagna e Francia sarebbe stato vantaggioso, visto che una probabile alleanza di queste ultime con l’Austria avrebbe inesorabilmente isolato il Regno di Sardegna.

Inoltre, in un contesto simile, la Francia avrebbe potuto ritenere necessario invadere il Piemonte per congiungersi con le forze austriache nel Lombardo-Veneto, un’azione contro la quale il Piemonte non avrebbe potuto opporsi e l’umiliazione diplomatica sarebbe stata decisamente alta.

Cavour, quindi, non aveva altra scelta e nel trattato cercò di inserire dei punti che avrebbero potuto giustificare davanti all’opinione pubblica piemontese l’ingresso del Regno di Sardegna in una guerra che non aveva alcun significato. Avanzò quindi tre richiese: di sedersi al tavolo delle trattative come pari rispetto alle altre potenze; l’impegno degli alleati di intercedere presso gli austriaci per togliere il sequestro dei beni degli emigrati lombardo-veneti in Piemonte; prendere in considerazione la situazione generale della penisola italica.

Ma il Regno di Sardegna non era in grado di dettare condizioni del genere: l’Austria era estremamente più potente e prestigiosa del piccolo regno sabaudo, senza considerare che le truppe italiane potevano scendere in campo solo grazie ad un prestito inglese (la Gran Bretagna si era addirittura offerta di pagare l’entrata in guerra del Piemonte, condizione però ritenuta troppo umiliante).

Ai tentennamenti piemontesi, Inghilterra e Francia lanciarono un ultimatum duro: o avrebbero aderito all’alleanza senza condizioni, o erano fuori. Cavour fu costretto ad accettare visto che il re, pur di intervenire nel conflitto, era disposto a licenziarlo.

Congresso di Parigi

Il Congresso di Parigi. Il primo delegato a sinistra è Cavour (Regno di Sardegna), il terzo Buol-Schauenstein (Austria). Seduti: da sinistra, Orlov (Russia) e, al di là del tavolo, Manteuffel (Prussia); al di qua del tavolo Walewski (Francia), Clarendon (Gran Bretagna) e Aali[1] (Impero ottomano). L’ultimo personaggio a destra in piedi è l’ambasciatore piemontese Villamarina. Fonte: Wikipedia
Al Congresso di Parigi del 1856, successivo alla Guerra di Crimea, Cavour ottenne di poter denunciare all’opinione pubblica internazionale le condizioni dell’Italia. Oggi, quel discorso tenuto l’8 aprile, è ritenuto un miracoloso successo. In realtà, fu la spia di un fallimento.

Cavour, che si era trovato in quella condizione senza davvero volerlo, da buon pragmatico qual era aveva cercato di adattarsi alle circostanze e di ottenere qualche vantaggio territoriale o almeno di ridurre la pressione austriaca in Italia, asfissiante dal 1815.

Puntava soprattutto ad avere i ducati di Modena e Parma e suggerì di trasferire i regnanti nei Principati danubiani che erano stati teatro dei recenti scontri. Fallito questo progetto per le resistenze russe e romene, visto che i due duchi erano Asburgo, ci provò con dei trattati matrimoniali, ma anche in questa circostanza dovette rinunciare. Provò allora ad ottenere l’autonomia di una buona parte dello Stato Pontificio, ma era impossibile anche solo proporlo al Papa e l’Austria si sarebbe fieramente opposta.

A Cavour non restava altro che chiedere il permesso di discutere della questione italiana al Congresso. In verità, il Piemonte era riuscito a sedersi al tavolo delle trattative come pari solo grazie alla testardaggine di Napoleone III, che voleva usare il Regno di Sardegna per i suoi scopi futuri.

Conclusione

Non si vuole certo sminuire l’importanza dell’evento, ma bisogna assolutamente sottolineare come quel discorso non fu l’esito di un lungimirante piano del pur arguto Camillo Benso, ma l’unica cosa che poteva ottenere in quel momento.

In realtà, dal Congresso di Parigi ci fu effettivamente qualcosa che cambiò la situazione italiana. Cavour si era reso conto che la guerra era l’unica via percorribile. Aveva compreso, inoltre, che non era così impossibile come si poteva immaginare: l’Austria e la Russia avevano uno scontro sempre aperto nei Balcani; dalle conversazioni con Napoleone si evinceva che l’Imperatore dei Francesi aveva grandi ambizioni e che potevano essere usate a vantaggio dell’Italia. Inoltre, proprio a Parigi, era iniziata quella che sarà poi una grande collaborazione prima economica e poi militare tra Francia e Russia.

Cavour aveva capito tutto ciò ed era pronto a mettere in moto il suo piano di conquista.

Roberto Leone

Bibliografia

G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna, volume quarto. Dalla rivoluzione nazionale all’Unità. 1849-1860, Feltrinelli, Milano, 1964

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Roberto Leone

Laureato in Storia con tesi dal titolo "Le Quattro Giornate di Napoli. Una discussione" all'Università di Napoli "Federico II". Co-fondatore del blog letterario "Storici&Salottiere", redattore della sezione Storia della testata on-line "La Cooltura" da marzo 2015, collabora con "Cultora" da settembre 2015. Appassionato di scrittura, è attualmente laureando in Scienze Storiche.

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Roberto Leone
Tags: risorgimento

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