Femmena: culti e simboli della napoletanità

La donna è una creatura affascinante e misteriosa, dipinta nelle sue diverse sfaccettature a seconda delle culture, epoche e luoghi geografici. L’universo femminile ha da sempre rappresentato una sorta di territorio mistico, paurosamente selvaggio e impenetrabile, andando a determinare una serie di definizioni che hanno spesso declassato la donna, collocandola ad un livello inferiore sulla base di diritti, doveri e privilegi rispetto al sesso opposto.

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Donna e Islam

Tuttavia, la donna ha sfidato il tempo e la storia, lottando per ribaltare una società fortemente gerarchizzata, col fine di raggiungere uno status di parità dei ruoli.

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We Can Do It! (1943), poster di J. Howard Miller

Nella cultura napoletana la donna, ‘a femmena, grazie alle sue doti e peculiarità, diviene il simbolo di una città, la cui storia è costellata da una carrellata di figure femminili di grande rilievo, a partire dalle sue origini mitiche.

A femmena: icona di una città

 

‘A femmena

‘A femmena è na bella criatura
e quase sempe è ddoce comm’ ‘o mmele;
ma è vvote chistu mmele pe sventura,
perde ‘a ducezza e addeventa fele.

(Antonio De Curtis, in arte Totò)

Dalla poesia, alla canzone napoletana, passando per il teatro, fino alle audaci apparizioni cinematografiche, ‘a femmena, la classica donna partenopea, si è impressa nella memoria incarnando dei canoni – simbolo di una femminilità prevalentemente meridionale.

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Angela Luce e Totò durante le riprese del film Signori si nasce

Nicola De Blasi, docente di Linguistica italiana alla Federico II ed esperto di storia linguistica meridionale e dialettologia campana, spiega così il termine femmena:

 La parola femmena, in ogni caso, ci identifica, non la sfruttiamo in senso dispregiativo ma con orgoglio, come accade ne Il sindaco del rione Sanità di Eduardo, quando Rafiluccio definisce la compagna: ’a femmena mia. […] La lingua napoletana non è avversa alle donne. Possiede un’anima matriarcale e alcuni elementi di misoginia che, però, appartengono ad una diffusa cultura tradizionale, presente in tutta Italia. Il sessismo è nella mente di chi parla, nel sottinteso più che nei vocaboli e, spesso, si declina al femminile.»

I napoletani amano le donne, tanto da costruire sul corpo sinuoso della sirena Partenope il mito dell’origine della città. Quante volte abbiamo sentito dire “Napoli è città femmina”: femmina perché incarna i forti valori della famiglia, dell’identità popolare, per il coraggio di affrontare le avversità e di continuare a risplendere di luce propria; non a caso è la città ‘d’o sole. Dal ventre di una Napoli martoriata dal potere di ieri e di oggi, sono nati numerosi personaggi femminili che, tra mito, culti religiosi e realtà, hanno fecondato la tradizione partenopea, contribuendo a diffondere l’immagine iconografica di una città verace, nella quale si condensano mille volti diversi.

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Sophia Loren in Ieri, oggi e domani, 1963

Strano paese è questo! Quale impasto bizzarro di bellissimo e di orrendo, di eccellente e di pessimo, di gradevole e di nauseante. L’effetto che l’animo riceve da un tale insieme è come se si chiudessero e si riaprissero continuamente gli occhi: tenebre e luce, luce e tenebre.»

Non si riconosce forse, da questa affermazione di Renato Fucini nel suo reportage su Napoli, “Napoli ad occhio nudo”, quella natura tanto seducente quanto ambigua che è comunemente attribuita al mondo femminile?

Ecco che ‘a femmena, rappresentata nel corso del tempo, in quello spazio labile tra storia e mito, con mille volti diversi, va a confluire nell’immagine unica di una città altrettanto singolare.

 

Mito, culti e realtà: Napoli città femmina

La forte presenza femminile sul suolo napoletano trova testimonianza in uno studio sull’onomastica di Napoli nell’Alto Medioevo. Dalle carte napoletane si evince un numero molto alto di donne presenti nei documenti privati della Napoli ducale. Le donne di quel periodo godevano di una maggiore capacità giuridica, tanto che nelle transazioni dei fondi cointestati apparivano insieme ai loro mariti. Inoltre, le donne napoletane partecipavano alla gestione del patrimonio fondiario.

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Massimo Stanzione, Ritratto di donna napoletana (1635)

Il forte legame tra la donna e Napoli trova una primissima espressione nella diffusione dei culti legati alle divinità femminili, più numerosi rispetto a quelli maschili. Non solo la leggenda sulla sirena Partenope, ma anche molti culti dal sapore mitico hanno a che fare con la femminilità: la Sibilla di Cuma, sacerdotessa di Apollo, viene ricordata per il suo collegamento con i culti lunari e con il mondo dei morti. Dal culto di Demetra a quello delle Matres matutae, protettrici della nascita, la cui festività era riservata solo alle donne, ‘a femmena, libera da ogni accezione negativa, trapassa nel mondo della leggenda, attraverso l’immagine invisibile e popolare della Bella ‘Mbriana, o raffigurata nella sua sfaccettatura diabolica della janara.

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Domenichino (Domenico Zampieri, Bologna 1581 – Napoli 1641). Sibilla Cumana

Nel passaggio dai culti pagani al cristianesimo, la figura femminile ha mantenuto il suo ruolo egemone nella tradizione napoletana: basti pensare alla diffusione del culto della Madonna, vissuto ancora oggi con lo spirito ardente di una volta. La devozione per Maria rappresenta la forte dedizione nei confronti delle figure femminili dell’antichità pagana.

Non solo miti e culti religiosi, anche la realtà napoletana, vicina o passata, contempla la presenza di donne: una galleria di femminilità che hanno dato lustro a Napoli, come Maria Sofia, ultima regina di Napoli, o Maria Longo, fondatrice dell’Ospedale degli Incurabili. Dalla femmena – simbolo della bellezza napoletana Sophia Loren, alle donne malavitose, come Pupetta Maresca.

‘A femmena, con i suoi connotati positivi e negativi, resta una delle metafore più diffuse nell’immaginario collettivo per identificare una città tormentata, ma allo stesso tempo industriosa e generosa, quanto lo è stata la nostra amata Filumena Marturano.

«Dagli occhi delle donne derivo la mia dottrina: essi brillano ancora del vero fuoco di Prometeo, sono i libri, le arti, le accademie, che mostrano, contengono e nutrono il mondo.»

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Isa Danieli

Giovannina Molaro

Bibliografia:

N. Corsicato, Santuari, luoghi di culto, religiosità popolare: il culto mariano nella Napoli d’oggi, Liguori Editore, 2006

M. Villani, L’onomastica femminile nel ducato di Napoli: l’esempio di Maria, in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Moyen-Age T. 106, N°2. 1994. pp. 641-651.

Sitografia:

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2015/03/09/news/malafemmena_capera_o_ciaciona_la_lingua_napoletana_tra_sessismo_e_ironia-109136863/

http://www.scenaillustrata.com