Esilio e letteratura: “Riccardo II” di Shakespeare

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Come abbiamo avuto modo di vedere, nel 500 l’esilio ha iniziato ad avere il proprio posto nell’universo letterario e inizia ad essere tematizzato. Questa strada fu inaugurata da du Bellay, che ci offre un esilio visto come “stato mentale” legato alla nostalgia verso la terra d’origine. Nello stesso periodo anche il drammaturgo William Shakespeare userà l’esilio come espediente per il dramma storico Riccardo II, composto tra il 1595 e il 1596.

Il dramma

William Shakespeare

Chi mangia con troppa avidità, vien soffocato dal cibo.

(John of Gaunt)

Prendendo spunto da ciò che Raphael Holinsed narra nel Chronicles of England, Scotland and Ireland, Shakespeare porta sul palco una disputa tra i duchi Bolingbroke di Norfolk e Mowbray di Hereford, avvenuta nel 1398 sotto il regno di Riccardo II Plantageneto.

Poichè l’uno fa cadere sull’altro l’assasinio del duca Thomas di Woodstock, Bolingbroke e Mowbray decidono di regolare i conti attraverso una giostra, alla quale presenzierà lo stesso re. Ma il monarca ferma la contesa prima che possa avere inizio e condanna all’esilio i due contendenti: Bolingbroke resterà lontano dalla patria per dieci anni, Mowbray per tutta la vita.

Mentre Mowbray muore Bolingbroke tornerà in Inghilterra prima del tempo stabilito. Infatti re Riccardo si è impossessato delle proprietà di John of Gaunt, il suo defunto padre, per finanziare una campagna contro gli Irlandesi. Inoltre, ricevendo il sostegno sia del popolo che degli ex-alleati di Riccardo, Bolingbroke reclamerà la corona d’Inghilterra. Riesce nel suo intento: Riccardo abdicherà e il neosovrano, che adotta il nome di Enrico IV, lo farà imprigionare in un castello (dove verrà poi assassinato).

Shakespeare tra esilio e patriottismo

Edizione del “Riccardo II”

Il dramma storico mostra come Shakespeare elabori un concetto d’esilio totalmente differente da tutti quelli che abbiamo visto sino ad ora. Infatti sembra che il drammaturgo rifiuti nettamente il concetto stoico/plutarchiano degli astri consolatori e da cittadino del mondo l’uomo diventa cittadino di una nazione.

Nel duplice esilio dei due duchi è ben evidente un vero e proprio patriottismo. Mowbray ha lo stato d’animo di un uomo a cui è stato tolto tutto: verrà confinato in una nazione dove si parla una lingua diversa dalla sua.

Dovrò dimenticare l’idioma che ho appreso nei passati quarant’anni, il mio inglese natìo.

Al contrario Bolingbroke capisce che la sua è una condanna facilmente sopportabile non tanto per la sua durata limitata, quanto per il fatto che le stelle contemplate dal re saranno contemplate anche da lui.

E mi sia di conforto il pensiero che quello stesso sole che vi riscalda qui, risplenderà anche su di me e quei suoi raggi d’oro che qui sono prestati a voi, saranno diretti anche a me e doreranno l’esilio.

Tuttavia il forte patriottismo distaccherà totalmente Bolingbroke dal topos plutarchiano. Si sente comunque un cittadino inglese e la lontananza dalla patria lo farà sentire ancora più vicino ad essa. A tal proposito basti vedere come il duca rifiuti le consolazioni stoiche che gli vengono offerte dal padre, John of Gaunt:

GAUNT: Che cosa sono sei inverni? Passano presto…

BOLINGBROKE: … per chi trascorre il tempo nei piaceri. Ma il dolore rende un’ora lunga quanto dieci.

GAUNT: Fa conto che sia un viaggio intrapreso per tuo proprio piacere

BOLINGBROKE: Il mio cuore, che lo conosce per un pellegrinaggio forzato, manderà un sospiro quando sentirà che lo definisco in modo così inesatto!

Bolingbroke e Riccardo sfilano per le strade di Londra (Illustrazione)

Non stupisca tutto questo attaccamento alla patria. Se pensiamo che tra il XVI e il XVII sotto il regno di Elisabetta I l’Inghilterra è divenuta una forte è potente nazione, si capisce facilmente come ci sia un senso di orgoglio e di appartenenza alla propria patria.

Bolingbroke rappresenta tale senso appieno: è un uomo che davvero ama la propria terra, l’esatto contrario di un monarca come Riccardo II: preso dal fervore giovanile il re giustifica l’allontanamento dalla patria di quelli che considera nemici con la legittimità sacrale del suo potere, derivante da Dio. Ma il ritorno di Bolingbroke mostra la fragilità di questa visione medioevale e lo costringerà ad accettare il fatto che il potere non è un qualcosa dettato da un alto dogma, ma una creatura soggetta ai capricci della storia.

Il patriottismo come carattere peculiare dell’esilio

Davud Tennant in una rappresentazione del “Riccardo II”

Con Shakespeare si è visto come l’esilio inserisca uno nuova sfaccettatura alla sua variegata collezione: il patriottismo. Gli esiliati inizieranno ad essere infiammati da questa caratteristica, a concepire questa condanna nel pieno senso dell’appartenenza alla propria patria come non si era mai fatto prima d’ora.

La mole di eventi politici rappresenterà poi un carburante essenziale per questa nuova tipologia d’esilio e la sfera personale sarà sempre più limitata, come vedremo più avanti.

Ciro Gianluigi Barbato

 

Bibliografia

William Shakespeare – Riccardo II (introduzione e traduzione a cura di Gabriele Baldini) -BUR

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ciro gianluigi barbato

Nato il 9 febbraio del 1991, ha 26 anni. Laureato in lettere moderne alla Federico II di Napoli, segue un percorso di studi in filologia moderna alla stessa università . Appassionato di letteratura e cinema, ha il pallino della scrittura fin dalla tenera età. Ha all'attivo un'esperienza come redattore per la testata online "Il ritaglio" e per "la cooltura" si occupa di letteratura e poesia (in particolare inglese, italiana e russa), oltre che trattare di articoli tematici.

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