Alla parola “caccia” alcuni animalisti e vegetariani/vegani rabbrividiscono ma essa non è altro che uno dei più efficienti stratagemmi che Madre Natura ha fornito agli organismi per salvaguardare l’ecosistema nonchè un forte fattore di coesione sociale per gli animali che la praticano.
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Un predatore (che sia una libellula, un lupo o un leopardo) nel momento in cui abbatte una preda e se ne nutre non sta unicamente soddisfando i propri bisogni fisiologici ma sta compiendo un atto di salvaguardia della sua nicchia ecologica. Esaminiamo i perchè:
Affinchè un predatore riesca a catturare le sue prede, sono necessari una serie di accorgimenti evolutivi che gli consentano di specializzarsi nella caccia di determinate prede con tecniche che hanno del fenomenale.
Le megattere (Megaptera Novaeangliae) usano una particolare tecnica di caccia per cui, una volta identificato un banco di pesci grazie ad un sistema sonar, una di esse spinge da sotto il banco mentre le altre nuotano intorno ad esso emettendo grosse bolle d’aria che spingono i pesci in alto. Una volta intrappolati esse, a turno o contemporaneamente, spalancano le immense bocche per nutrirsi.
Ad eccezione del leone che, attuando una caccia di gruppo, non ha necessita di nascondersi eccessivamente alla vista delle prede, tutti i grossi felini africani presentano una pigmentazione del pelo a macchie più o meno grandi. Tale adattamento cromatico risulta impeccabile quando, nascosti nella boscaglia, tendono agguati alle prede. Difatti la stragrande maggioranza degli ungulati e degli animali da preda africani ha una pessima vista, basando la loro difesa principalmente sull’udito e l’olfatto. Nonostante questo accorgimento evolutivo però solamente una piccola parte degli attacchi dei grossi felini va a buon segno. Basti pensare che per il criptico Ghepardo (Acinonyx Jubatus) nonostante la pelliccia mimetica e la rinomata velocià, la caccia ha successo solo nel 50% dei casi.
La caccia non è fondamentale solo ai fini del soddisfacimento alimentare, ma è un modo di rinforzare i legami all’interno di un gruppo. Tale processo fu riscontrabile anche nei primi ominidi. Risulta infatti che i nostri antenati abbiano sviluppato un linguaggio molto complesso nonchè l’abilità di produrre da sè oggetti proprio per riuscire a coordinarsi durante questa attività. Tali deduzioni sono state confermate anche osservando l’animale che con l’Homo sapiens sapiens ha la più grande affinità genetica, ovvero lo Scimpanzè (Pan Troglodytes). Non a caso alcuni tratti sociali in comune fra l’uomo e le scimmie africane sono la coordinazione durante la caccia e la spiccata violenza intraspecifica (scimpanzè di clan rivali ingaggiano vere e proprie guerre ai fini di sterminare i propri nemici).
Nel video si osserva come un gruppo di scimpanzè si coordini nella caccia ad altre scimmie:
La risposta è abbastanza scontata: le prede brulicano. Ma se questo può sembrare una visione perfetta, un mondo privo di “cattivi” che uccidono per il gusto del sangue, purtroppo non corrisponde a realtà dal momento che le prede, lasciate libere di proliferare, sono una vera piaga per l’ambiente. Ne possiamo riscontrare un esempio nelle nostre città dove uccelli quali gabbiani e corvi proliferano indisturbati essendo passati da prede a predatori dal momento che i loro principali antagonisti quali i rapaci sono quasi totalmente scomparsi a causa dell’uomo. Queste specie diventate ormai invasive non fanno altro che eliminare le specie più piccole, fondamentali per la biodiversità e la salute dell’ambiente.
Un altro controsenso ecologico attuato dall’uomo è riscontrabile in Nord America dove è massiccia la presenza di cervi a causa della scomparsa del loro principale predatore, il lupo grigio. Tali cervi, in gran numero, recano molti danni alle colture e l’unica risposta delle autorità è stata quella di incentivare la caccia al cervo piuttosto che favorire programmi per la reintroduzione del superpredatore americano.
In conclusione, la caccia è più che un uccidere per mangiare, è un arte donata agli animali che permette loro di unirsi in gruppi sociali al fine di salvaguardare autonomamente l’equilibrio della Biosfera. Ma, come al solito, l’uomo deve avere il controllo su tutto e non può far altro che continuare ad arrecare danni alla già malata Terra.
Stefano Capodanno
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