Attori e registi

Kit Harington che non sempre è stato Jon Snow

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I capelli lunghi, per contratto, non li poteva tagliare. Ma quando compare nel 2012 in “Silent Hill – Revelation 3D” (Michael J. Bassett), Kit Harington è senza barba e in felpa, ringiovanito fino a diventare Vincent, studente delle superiori e coprotagonista al fianco di Adelaide Clemens.

Ciò che principalmente gli viene richiesto in quell’occasione, è di saper essere spaventato e di sapersi mostrare protettivo. E, per quanto sia così semplice, Kit Harington potrebbe sembrarne incapace. Ma la verità è che la sua manifestazione esteriore dell’emotività va interpretata: ad esempio, quel piegare gli angoli della bocca all’ingiù, ebbene, è il suo sorriso. Per non parlare poi del fatto che sembra sempre triste o preoccupato, che è impassibile di natura (basta guardare una qualunque intervista). Al riguardo, è persino autoironico.

Ma questa interpretazione del suo volto l’abbiamo correttamente eseguita, e nelle vesti di Jon Snow lo abbiamo imparato ad amare. Dopodiché…

Dopodiché pochi hanno badato a come Kit Harington abbia passato il resto del suo tempo lavorativo, quando era fuori dai set di “Game of Thrones”… eppure, qualcosa di buono, se mai volessimo condurre questa piccola indagine, potremmo cavarne.

Nel frattempo, lontano dalla Barriera…

Tre anni dopo il suo debutto in televisione e due dopo quello al cinema, nel 2014, “Game of Thrones” è giunto alla sua quarta stagione, e Kit Harington si vede già affidare il ruolo principale in “Pompei”, pellicola decisamente scadente recante la firma di Paul W. S. Anderson.

Il bastardo di Ned Stark sguscia fuori dal completo nero per impugnare una spada diversa dal solito, quella da gladiatore: diventa Milo, giovane e taciturno, dall’addome quadrettato e un senso dell’onore stranamente introvabile in nessun altro personaggio, se non forse nella sua spalla, Attico (Adewale Akinnuoye-Agbaje). Inutile dire che come figura principale ha quella tipica personalità tagliata con l’accetta che un film catastrofico richiede; l’aria cupa e tenebrosa che assume costantemente potrebbe persino essere il risultato involontario della sua conformazione facciale (esteticamente piacevole, non c’è dubbio), composta di palpebre pesanti, occhi scuri e allungati, sopracciglia discendenti.

Se il dubbio che non sappia interpretare nessun altro ruolo se non quello del combattente dark si insinua in voi, c’è bisogno che facciate la scelta giusta.

C’è la possibilità che incappiate in “Il settimo figlio” (Sergej Vladimirovič Bodrov – 2014), e allora potreste perdere ogni speranza. Il film in sé non supera la sufficienza, e l’interpretazione del nostro giovane attore è ridotta a poche scene. Non che siano deludenti, anzi: in confronto al settimo figlio del titolo (Ben Barnes) che fa da protagonista, il Bradley di Harington è ben più simpatico e valoroso, ma il suo intervento è un po’ troppo insignificante per permettergli di redimersi da quel passato di manichino atarassico.

Speriamo dunque che voi scegliate di guardare “Testament of Youth” (James Kent – 2014). Tratto da quella che è considerata una delle testimonianze più toccanti e significative della Grande Guerra, riportata dall’infermiera Vera Brittain, la pellicola si rivela un delicato pugno allo stomaco. Si tratta di un reportage crudo e doloroso della guerra vissuta dalle donne in patria, costruito come cornice dei rapporti tra alcuni giovani che si ritrovarono ventenni allo scoppio del conflitto.

Kit Harington veste i panni dell’appassionato ragazzo che rinuncia agli studi per poter partecipare a un evento che ritiene unico nella storia. La sua è quasi curiosità intellettuale, o forse senso di responsabilità per quello che i tempi in cui vive lo chiamano a fare. Quel che è certo è che immediatamente l’illusione che essere soldato sia un onore sostenibile con i soli buoni propositi si scioglie sul fondo di una trincea. Non è uno scavo psicologico originale o sorprendente, ma è vero e commovente, quasi tenero.

Tutti vogliono Kit Harington

Ora che Kit Harington non è più Jon Snow, può cogliere i frutti che il successo da Guardiano della Notte gli ha portato. E pare sia già partito in quarta.

Da pochi mesi è uscito nelle sale britanniche la versione cinematografica di una longeva serie tv, “Spooks”, un cult oltre la Manica, che abbraccia la gloriosa tradizione inglese dei film spionistici, fondendone i tratti essenziali con le esigenze governative contemporanee, quindi svecchiando Ian Fleming e John Le Carré. La pellicola si chiama “Spooks: The Grater Good” (Bharat Nalluri – 2015), e ruota proprio attorno al nostro Kit.

Andrà poi in onda a luglio, su HBO, un film parodistico che tratta del match tennistico più lungo di sempre: “7 days in Hell” (Jake Szymanski – 2015). Secondo alcune anticipazioni, il breve film è assurdo e basato esclusivamente su quella comicità completamente vietata ai bambini che piace molto al Nord America: un contesto finalmente nuovissimo per l’ex-Jon Snow! Il suo ruolo sarà quello di uno dei due sportivi, Charles Poole, un tennista dal faccino pulito e assolutamente stupido.

Ancora una parte da protagonista per quello che ha l’aria di essere un progetto davvero interessante: Kit Harington sarà John F. Donovan in un film che porta il suo nome (“The Death and Life of John F. Donovan” – Xavier Dolan). Tutto si svilupperà attorno allo sconvolgimento della sua carriera di attore e allo scandalo messo in moto da una lettera da lui scritta a una fan di undici anni, resa nota e fatta passare per indecente.

Infine, è davvero recente la notizia secondo cui Martin Koolhoven lo vorrebbe nel cast di “Brimstone”, un thriller western di cui ancora si sa molto poco, a parte il fatto che saranno presenti anche Dakota Fanning, un’aggiunta delle ultime ore, e la Melisandre dello schermo, Carice Van Houten.

Moltissime occasioni che il trampolino di lancio “Game of Thrones” gli ha permesso di cogliere: che le faccia fruttare!

Chiara Orefice

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Chiara Orefice

Classe '92, Chiara Orefice si è laureata in Linguistica a Roma. Ha un bizzarro rapporto con la lingua italiana, l'università e gli intrecci inverosimili, ma il tempo in qualche modo lo impiega.

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