Plotino e l’Uno, prima ipostasi

Buonasera. Quest’oggi ho ben pensato di fare un passo indietro di qualche secolo, avendo rinvenuto una macchina del tempo in soffitta: parleremo, infatti, di Plotino, ultimo grande esponente della cultura greca classica.

Il clima in cui pensa Plotino

Plotino
Plotino reduce da un incontro di pugilato

Plotino, che nasce il 203 o il 205 d.C. e muore nel 270, pone al centro della propria riflessione il problema dell’essere in tutti i suoi aspetti: la sua struttura, l’accordo tra unità e molteplicità e così via. Il filosofo si muove tra il problema mai risolto della dualità tra essere e non-essere – non c’era riuscito Platone con la sua dottrina delle Idee – e la filosofia cristiana che vede il mondo come una creazione personale e volontaria di Dio, che ha agito per un atto d’amore; tale teoria, per i greci, ha il difetto di personificare Dio e lascia spalancato l’abisso che esiste tra l’essere proprio di Dio e quello del mondo.

Dunque Plotino, in questo clima culturale alquanto burrascoso, si propone di portare a compimento l’opera logico-metafisica di Platone ed Aristotele, si erge a difesa della tradizione arcaica di Eraclito e Parmenide e critica il misticismo orientale fatto di magie, superstizioni e fanatismo.

L’Uno: cos’è?

Il sistema che Plotino costruisce rasenta la metafisica più pura ma parte da un elemento sensibile e immediato: il mondo che esiste ed esiste in quanto molteplice.

In virtù dell’Uno tutti gli esseri sono quello che sono (…) in ogni cosa c’è un’unità alla quale si deve risalire e tutto si deve ricondurre all’unità che è antecedente, finché di grado in grado si giunge all’Uno assoluto che non ci riconduce ad altro. 

Plotino
Il Dio dei cristiano e degli ebrei. A Plotino non piace questo elemento.

Il mondo è composto da una grande quantità di enti singoli ma questi enti e la loro molteplicità non sarebbero comprensibili senza l’unità, l’Uno. L’Uno è, per Plotino, la realtà suprema da cui l’essere viene irradiato, è ciò che, indefinibile, ha originato la vita; Plotino definisce l’Uno come il primo dei tre modi della sostanza, la prima delle tre ipostasi (dal greco ὑπόστασις, da ὑπό “sotto” e ἵστημι “sto”, ipòstasis, ipòstasi; le altre due sono Intelletto e Anima), la categoria delle categorie, la forma delle forme dove è presente l’idea platonica di Bene. Molto gagliardo questo Uno. Volendo, potremmo dire che l’Uno è il Dio di Plotino – non che sia proprio corretto -, è una divinità purissima e astratta, ben lungi dal Demiurgo di Platone, dal motore di Aristotele e dal Dio antropomorfo cristiano-ebraico; in effetti, una polemica – la polemica esiste dagli albori della civiltà, NdA – cara ai neoplatonici è proprio quella con i cristiani che, secondo Plotino e la sua allegra banda, hanno una concezione della divinità errata e debole, una divinità che somiglia all’uomo e addirittura è mossa da passioni, come l’amore che l’avrebbe spinta a creare il mondo.

Cos’è questo benedetto Uno?

diciamo di esso che è causa: ma con ciò assegnamo un attributo non a lui, ma a noi; intendiamo cioè dire che noi abbiamo qualcosa di lui, mentre lui rimane in sé stesso (…) neppure possiamo dargli il nome di “Bene” (…) se tu lo pensi come “pensiero” esso è di più, se ti lo raccogli in unità con la riflessione, esso è ancora di più (…) l’Uno non è l’Essere, ché l’Essere ha una forma, quella appunto dell’Essere, quello invece è privo di ogni forma, anche intellegibile (…) esso è sempre oltre qualunque cosa tu possa pensare, anche se tu lo immagini come Dio (…) lo stesso nome “Uno” non significa altro che la negazione della molteplicità

Insomma, l’Uno non è causa, non è il Bene, non è il pensiero, non è l’essere, non è Dio, non è addirittura nemmeno Uno, perché, come ci dice Plotino, lo chiamiamo così per distinguerlo dalla molteplicità; e allora noi possiamo solo dire ciò che l’Uno non è – ecco che comincia la teologia apofatica, negativa, di cui vi ho parlato già. Ne deduciamo che l’Uno è semplicemente oltre tutte le cose, oltre il pensabile.

Plotino
L’Uno irradia, esattamente come la luce. Bella foto, devo dire

L’irradiazione, processo attuato dall’Uno

A questo punto è necessario domandarsi come sia possibile che l’Uno, che è perfetto e autosufficiente – grazie, eh – dia vita a ciò che esiste, dato che a lui non manca niente, non vuole e non desidera niente, né tanto meno ama qualcosa; è necessario, insomma, superare sia la visione platonico-aristotelica sia quella ebraico-cristiana che non offrono, per Plotino, la corretta spiegazione.

Per spiegare il processo produttivo dell’Uno, Plotino si serve di alcune metafore come l’immagine della luce che irradia – si tratta, infatti, di un processo di irradiazione – in ogni direzione senza perdere la propria forza luminosa: “come una irradiazione che viene da esso (…) che resta immobile”. 

Bene dunque: siamo giunti al termine di questo articolo ma non del pensiero di Plotino: amo lasciarvi sulle spine quindi termineremo la prossima settimana parlando del male secondo il nostro filosofo, del tempo del famigerato ritorno all’Uno. Siete contenti? Non disperate: pochi giorni e saprete tutto.

Luigi Santoro

Fonti

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Fonte immagine media I; II; III

Fonte citazioni: Plotino, Enneadi, a cura di V. Cilento, Laterza, Bari 1973