Maldoror, una lunga ombra tra luci intense

 “La grue la plus vieille, et qui forme à elle seule l’avant-garde”

Siamo nella seconda metà del XIX secolo, in una delle epoche d’oro della poesia francese.
Nel 1873 escono infatti Une saison en enfer di Rimbaud e Les Amours jaunes di Corbière, l’anno successivo Verlaine pubblica Romances sans paroles, infine nel 1876 appare l’Apres-midi d’un faune di Mallarmé. Non c’è di che stupirsi dunque se la pubblicazione dei Chants de Maldoror, opera di Lautréamont, avvenuta alcuni anni prima (1869), abbia goduto di una risonanza pressoché nulla negli anni immediatamente successivi.

Un’ombra breve

Il conte di Lautréamont, nome di penna di Isidore Lucien Ducasse, ebbe una vita breve ed infelice.
Nato a Montevideo nel 1845, raggiunge la Francia solo nell’adolescenza, stabilendosi dapprima nella città di Pau,

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Ritratto fotografico di Ducasse

infine a Parigi dopo il 1867. L’anno seguente vede la luce, in forma anonima, il primo dei Chants, seguitandone la composizione sino alla pubblicazione definitiva in Belgio del ’69, in occasione della quale adotta lo pseudonimo con cui risulta più noto; l’opera apparirà in Francia solo nel 1874, sfidando la censura e l’iniziale titubanza dell’editore belga.

Scompare nel 1870, improvvisamente; si legge che sia morto di tubercolosi, altrove di tumore cerebrale, o ancora che sia stato un suicida. L’unica certezza è quindi il mistero che aleggia attorno alla sua morte, reso più fitto dalla reticenza del suo atto di decesso, che non presenta alcuna informazione aggiuntiva.

Descritto da quanti lo conobbero, come l’editore Genonceaux, come un temperamento irrequieto ed impulsivo, di certo fu influenzato dall’infanzia trascorsa nell’atmosfera carica di violenza di Montevideo, per ben otto anni (1843-1851) assediata dalle truppe argentine.

Nel nome di Maldoror

Tale caratteristica si riflette nella struttura dei Chants, che si compongono di 60 strofe distribuite disomogeneamente in sei sezioni, e soprattutto presentano una scrittura impetuosa e vorticosa colma di digressioni, immagini e metafore estremamente audaci, neologismi e termini scientifici, che concorrono a rappresentare amare riflessioni e situazioni crude del protagonista, Maldoror, (il cui nome rinvierebbe foneticamente a “mal d’aurore”): una sorta di demone d’infinita crudeltà, alieno alla vita e al consorzio umano. Egli disprezza la divinità e l’uomo, ricercando la blasfemia e la distruzione delle cose e di riflesso della forma stessa dell’opera, che si presenta priva di un vero filo conduttore, frutto di una coscienza magmatica e rivoluzionaria, di estrema avanguardia.

Il linguaggio di Lautréamont procede per analogie ed ellissi, per metafore e similitudini spesso ardite, come si evince già dalle primissime righe dell’opera, rivolgendosi al lettore; dove nel dissuaderlo provocatoriamente dalla lettura delle pagine successive appare l’immagine di uno stormo di gru:

Écoute bien ce que je te dis: dirige tes
talons en arrière et non en avant, […]
comme un angle à perte de vue de grues
frileuses méditant beaucoup, qui, pendant
l’hiver, vole puissamment à travers le silence,
toutes voiles tendues, vers un point determiné
de l’horizon, d’où tout à coup part un vent
étrange et fort, précurseur de la tempête.

Ascolta bene ciò che ti dico, volgi
indietro i tacchi e non in avanti, […]
come un angolo a perdita d’occhio
di uno stormo di gru intirizzite
e pensierose che d’inverno voli possente
attraverso il silenzio, a vele spiegate,
verso un punto determinato dell’orizzonte
da cui si alzi all’improvviso un vento strano
e forte, ad annunciar tempesta.¹

Mentre immagini estremamente forti appartengono ad altri passi, come nel seguente, in cui apprendiamo anche la concezione del male come una caratteristica immanente all’uomo, e nel tempo unicamente repressa:

J’établirai dans quelques lignes comment
Maldoror fut bon pendant ses premières années,
où il vécut heureux; c’est fait. […]
Il cacha son caractère tant qu’il put, pendant
un grand nombre d’années […]
jusqu’à ce que, ne pouvant plus supporter une
pareille vie, il se jeta résolûment dans la carrière
du mal… atmosphère douce ! Qui l’aurait dit !
Lorsqu’il embrassait un petit enfant, au visage rose,
il aurait voulu lui enlever ses joues avec un rasoir

In poche righe stabilirò che Maldoror fu buono
durante i suoi primi anni, in cui visse felice; ecco fatto. […]
Occultò il suo carattere finché gli fu possibile,
per molti anni […] finché, non riuscendo più a sopportare
una vita simile, si gettò con decisione nella carriera
del male… dolce atmosfera! Chi l’avrebbe detto!
quando baciava un bambino dal roseo viso, avrebbe
voluto staccargli le guance con un rasoio²

Tuttavia l’autore nella sua prosa ricercava la sonorità musicali, come testimonia ancora Genonceaux, osservandolo intento alla composizione nelle ore notturne, con una mano impugnando la penna, con l’altra intonando accordi su un piano:

Elle alla retomber dans un lac, dont les eaux
s’abaissèrent un instant, turnoyantes, en creusant
un immense cône renversé. Le calme reparut
à la surface; la lumière de sang ne brilla plus.³

La rivalutazione

Presso i surrealisti di André Breton Lautréamont conoscerà la fama postuma che non gli fu accordata in vita.

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Incisione presente nel frontespizio dell’edizione francese del 1890

Essi assegnarono all’autore il ruolo di precursore, di surrealista ante litteram, capace di liberare la letteratura e la poesia da convenzioni obsolete. Tuttavia, la figura resa mitica dello scrittore nasce da un errore di interpretazione di Breton, che lo volle capostipite della scrittura automatica che invece non apparteneva alle cifre di Ducasse, per lo più incline ad una creatività irrequieta, ma pur sempre soggetta alle regole dell’estetica.

Tuttavia i surrealisti non hanno fatto altro che cogliere un’immagine di Lautréamont già presentata da pochissimi suoi contemporanei che ebbero la capacità di intuirne il potenziale innovativo, come l’editore Albert Lacroix, e più in generale dalla rivista letteraria belga La Jeune Belgiquelegata anche al premio nobel Maurice Maeterlinck.

La natura dell’opera ducassiana fa sì che non si presenti mai un generale apprezzamento da parte della critica, tuttavia se si dovesse tracciare un grafico quanto al numero di studi, saggi e articoli sul precoce talento francese, esso non potrebbe che mostrare una retta inesorabilmente rivolta verso l’alto.

Daniele Laino

Bibliografia

[1] Lautréamont; Canti di Maldoror, I

[2] Lautréamont; Canti di Maldoror, III

[3] Lautréamont; Canti di Maldoror, VII