Mad Max – Fury Road: un reboot vincente

Trent’anni dopo Interceptor (1979), Interceptor – Il guerriero della strada (1981) e Mad Max oltre la sfera del tuono (1985), la telecamera impazzita guidata da George Miller torna nel suo habitat naturale: un incolto deserto (questa volta quello della Namibia) attraversato dalle utopie democratiche di Max Rockantansky, il poliziotto mago del volante interpretato da un Mel Gibson appena uscito dall’Accademia, che adesso prende il volto di Tom Hardy, e della sua controparte femminile Furiosa, interpretato da una Charlize Theron più androgina che mai. La stessa mano indisciplinata che aveva dato forma a film per tutti quali Babe va in città e musical come Happy Feet, torna in un futuro post apocalittico fatto di inseguimenti ad altissima velocità, accantonando in un angolo le automobili di Fast and Furious che lasciano spazio a catapulte, camion iper-truccati e all’iconica V8 Interceptor, che rispunta dagli anni ’80 laccata d’argento.

Mad Max: Fury Road, la trama

Ci troviamo quarantacinque anni dopo la fine del mondo: Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne), il dispotico signore della guerra che si nasconde dietro una maschera dentata dai rozzi respiratori a cordone, tiene sotto scacco le “tribù” che abitano la Terra Desolata detenendo l’unica riserva d’acqua, l’Acqua Cola. A lui si ribella Furiosa (Charlize Theron), che sulla sua idrocisterna a otto ruote fugge insieme alle “riproduttrici”, le cinque mogli di Immortan che devono dargli un erede per controllare il suo dominio su ciò che resta della Terra. Nel frattempo Mad Max è catturato e torturato da un gruppo di freak nella Cittadella di Immortan Joe, tutti dal corpo marchiato e ricoperto di ferraglia e teschi rinsecchiti. Da qui, un inseguimento in due direzioni che dura tutto il film. Non c’è un centro scenico, il montaggio (Ballantine e Sixel) interno ed esterno si equivalgono in un folle tour de force, dove in una sola inquadratura il movimento è continuo in ogni angolo: la telecamera spunta da sotto la sabbia, salta sui camion in fuga insieme ai killer acrobati di Immortan, corre attraverso il deserto, si mischia con le dune. Il sangue zampilla mentre i veicoli sgommano falciando teste, in un’escalation di violenza e azione fatta di ferraglia e lame affilate, tutto raccolto dal cielo color bitume del deserto. Una velocità continua e perpetua che però non lascia niente al caso: ogni oggetto è curato nei minimi dettagli, a partire dal braccio meccanico di Furiosa fino alle modifiche apportate alle automobili in corsa.

Mad Max Mad Max Mad Max Mad Max Mad Max Mad MaxQuesto di Miller non è solo un action movie, né si colloca sulla scia dei revival di cui straripa il cinema degli ultimi anni: questo regista settantenne, dando un enorme schiaffo morale a chi afferma con fermezza che la novità arrivi solo dai giovani, ha reso l’action un cinema d’autore. Merito accresciuto a dismisura, se solo si pensa che il format è ciò che di più banale possa esistere: azione-corsa-sparatoria-informazione-corsa-sparatoria-informazione e così via, che però riesce ad apparire tutto fuorché scontato. Non è un film rivoluzionario, né innovativo, ma risulta perfettamente inserito all’interno della saga precedente senza nessuna nota stonata, un film che ha fagocitato tutto il cinema precedente per poi risputarlo fuori completamente revisionato. Si ha l’impressione di assistere a un vecchio film anni ’70 girato con le tecnologie odierne, dove ogni gesto è accompagnato dal corrispettivo musicale in una trama che lascia poco alle parole e tutto all’occhio. Si assiste a una sinfonia metal in movimento, fatta di un caos perfettamente gestito dalle mani di un regista che riesce a plasmarlo in modo esemplare.

Non ho mai assistito a nulla del genere: è stata pura adrenalina dall’inizio alla fine. Una follia epica che son pronto a ripetere. La storia è ambientata 45 anni dopo la caduta del mondo, ma per me il concetto di civilizzazione traballava già dalle prove in studio” afferma Hardy. Il Max di Mel è cult. Non si può sorpassare. A me è stato chiesto di rendere visibile un tormento in più: il fatto che Max voglia tornare a casa ma, cazzo, non c’è più nessuna casa verso cui tornare”.

Il film ha un budjet di 150 milioni di dollari (150 auto da corsa costruite a mano e lanciate a 150 miglia all’ora, 3.500 storyboard, 120 giorni di gare in stile Road War). Prodotto dalla Warner Bros, è nelle sale italiane dal 14 maggio 2015.

Camilla Ruffo