La filosofia giapponese è sempre stata un mistero per le popolazioni Occidentali quasi quanto per quelle Orientali poiché tali credenze, religioni, sembrano essere tutte uniformemente legate ai principi buddhisti. Ebbene la diversità epistemica della filosofia giapponese ha origine proprio dai principi di carattere buddhista che ne sono alla base.
Il pensiero giapponese concepisce l’esistenza come un continuo cambiamento. Esso giustifica il divenire perché, per natura, i fenomeni non avrebbero una sostanzialità vera e propria poiché il nulla costituisce la realtà fenomenica. Il fenomeno è dunque ciò che è vuoto e il vuoto è ciò che è fenomeno.
«hiki soku ze ku, ku soku ze shiki
Tale principio viene chiamato shogyo mujo ossia principio dell’impermanenza delle cose mondane e si esplicita nel Vajracchedika, sutra del Diamante che recide l’illusione. Tutto ciò che ha forma è illusorio e quando l’uomo comprende che in realtà, tutto ciò che ci circonda è vano ed illusorio, percepisce e riconosce il Buddha. Tutte le cose sono Buddha. Ogni oggetto, persona, considerata singolarmente, non ha propria sostanza ma esiste in virtù delle relazioni con le altre e si manifesta insieme ad esse. L’unica realtà autentica è il cosmo nella sua totalità che da vita ad un perenne equilibrio tra i mondi.
La dottrina del Buddha, il dharma, contiene il nucleo filosofico che caratterizza l’Estremo Oriente. In esso si possono distinguere tre insegnamenti: ku – ke – chu:
È particolarmente importante il terzo principio, la via di mezzo, poiché esprime una logica che rifiuta il dualismo vero-funzionale. Per la filosofia giapponese la realtà è un continuo divenire quindi non si possono definire i fenomeni secondo le categorie del vero o del falso. Il mondo non è bianco oppure nero, non corrisponde ad una logica binaria ma plurivoca perché può cambiare di continuo e senza alcun preavviso. Secondo la filosofia giapponese la conoscenza del reale, definita prajna, avviene soltanto tramite uno status d’illuminazione interiore si può giungere autonomamente attraverso le tecniche meditative. L’illuminazione, chiamata satori, è la condizione della conoscenza che non separa il soggetto e l’oggetto.
I filosofi giapponesi percepivano la filosofia europea come una scienza negativa. Essa, ai loro occhi, si affidava alla guida della ragione (ri)rendendo l’uomo un essere crudele capace di discriminare ogni conoscenza acquisita. Conoscere attraverso la ragione (esterna) e non attraverso la spiritualità interiore.
«dori ni akaruku», diventare chiaro tramite la ragione.
Wittgenstein, celebre filosofo, ingegnere e logico austriaco fu il primo a dimostrare in Europa come il paradosso dei quesiti dell’uomo nascano proprio dalla mancanza di chiarezza del linguaggio utilizzato e come gli inganni provengano da ciò. Per comprendere bisogna distruggere gli idola e i preconcetti che controllano la nostra mente. Ed è ciò che da secoli ci insegna la filosofia giapponese.
Sabrina Mautone
Curiosità: Shintoismo
Fonti immagini: Google
Ulteriori informazioni: Pensiero e Filosofia: La civiltà Giapponese
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