Ragù napoletano: storia e tradizione

Il ragù a Napoli     

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Il ragù napoletano

Nel fine settimana, nelle case napoletane si celebra l’antichissimo rito che sublima il pomodoro ad uno dei suoi più elevati livelli di degustazione: si prepara ‘O rraù!

Passeggiando di domenica mattina per le strade e i vicoli della città campana non è difficile percepire il delizioso e inconfondibile aroma che dalle porte dei bassi e dalle finestre dei primi piani si diffonde in ogni angolo della città.

Carico di storia, decantato da Marotta ne LOro di Napoli, immortalato da Eduardo de Filippo nella poesia  ‘O rraù e nella commedia Sabato, Domenica e Lunedìil ragù è l’essenza del pranzo domenicale e un fondamento della tradizione gastronomica napoletana.

‘O rraù

‘O rraù ca me piace a me
m’ ‘o ffaceva sulo mammà.

A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun songo difficultuso;
ma luvàmmel’ ‘a miezo st’uso

Sì,va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avéssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’ ‘è rraù?
E io m’ ‘o  mmagno pè m’ ‘o mangià…
M’ ‘ a faja dicere na parola?…
Chesta è carne c’ ‘ a pummarola

La ricetta del ragù da generazioni si tramanda da madre in figlia; ogni famiglia ha la sua ricetta particolare, custodita segretamente e condivisa solo con i propri cari.

La leggenda del ragù

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Pasta con ragù

Il nome “ragù” (‘rraù in napoletano) discende probabilmente dal francese ragout (stufato, spezzatino) e ciò non suona strano viste le tante commistioni tra la cucina tradizionale napoletana e quella francese.

I napoletani hanno però con il tempo dato vita a una leggenda che pone la nascita del ragù napoletano nel cuore del centro storico di Napoli. La leggenda narra che alla fine del 1300 esisteva a Napoli una compagnia religiosa, la Compagnia dei Bianchi, i cui seguaci percorrevano le strade della città esortando la popolazione a “misericordia e pace”, abbandonando i vecchi rancori. I Bianchi bussarono anche alla porta del “Palazzo dell’Imperatore”, tuttora esistente in via Tribunali, che fu dimora di Carlo, imperatore di Costantinopoli e di Maria di Valois, figlia di re Carlo d’Angiò.

All’epoca il palazzo era abitato da un nobile signore, ricco ma crudele e arrogante, che scacciò in malo modo i predicatori e non volle lasciarsi coinvolgere dal loro invito ad abbracciare un nuovo modello di vita, anche quando il figlioletto di tre mesi, in braccio alla balia sfilò le manine dalle fasce e alzandole al cielo gridò tre volte: “Misericordia e pace!”.

Ma la Provvidenza, per mostrare agli occhi del nobile tutta la sua malvagità e durezza di cuore, ricoprì di una salsa color sangue un piatto di maccheroni che la sua donna gli aveva preparato. Toccato dal prodigio, l’uomo si convertì, e vestì anch’egli il saio bianco della Compagnia. Un nuovo prodigio segnò questo cambiamento: questa volta un piatto di maccheroni si riempì di un sugo rosso, delizioso e dal profumo invitante. Il nobile decise di battezzare questa salsa così saporita con il nome del suo bambino, che si chiamava… Raù.

Preparazione

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Preparazione del ragù

I tipi di carne impiegati nella preparazione del ragù sono numerosi, e possono variare anche da quartiere a quartiere, ed inoltre, questa non è macinata ma è cotta a pezzi grossi e farcita con ingredienti vari (uvetta, pinoli, formaggio, salame o lardo, noce moscata, prezzemolo) e legata con uno spago. Generalmente viene utilizzato un misto di carne di manzo e di maiale.

Troviamo il muscolo di manzo (gamboncello o piccione), le spuntature di maiale (tracchie), l’involtino di cotenna (cotica), e la braciola, termine che viene usato però per indicare un involtino di carne di manzo ripieno con aglio, prezzemolo, pinoli, uva passa e dadini di formaggio.
Tradizionalmente la preparazione del ragù inizia di buon mattino, in quanto la salsa deve addensarsi molto, cuocendo a fuoco lento, fino a diventare di una consistenza molto cremosa, prima di poter condire degnamente una buona pastasciutta. Il ragù, come recita Eduardo,veniva cotto su di una fornacella a carbone e doveva cuocere per almeno sei ore.

La pentola in cui si dovrebbe cuocere è un tegame di creta largo e basso, e per rimestarlo occorre la cucchiarella di legno.

La ricetta

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La ricetta

Ingredienti

Olio extravergine
2 cipolle medie tipo dorato
1 Kg di spezzatino di vitello
2 braciole di carne bovina da preparare in anticipo (per l’imbottitura: 1 spicchio d’aglio, pinoli, uva sultanina precedentemente ammollata in acqua, un ciuffo di prezzemolo non tagliato, un po’ di pecorino romano)
4 tracchie (circa 400g)
4 salsiccie con finocchietto, a punta di coltello (circa 400g)
2 cotiche medie
2 L di passata di pomodori S. Marzano
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
¼ L di vino rosso

La preparazione: peppiare

Anticamente il tegame usato per la cottura del ragù napoletano era di coccio, ma attualmente, in mancanza di tegami simili, adatti a cotture prolungate è preferibile usare un buon tegame di alluminio o rame.

Si mettono a rosolare nell’olio le cipolle spaccate a metà e le carni, rigirandole di tanto in tanto con un cucchiaio di legno, senza bucarle, per evitare che fuoriescano i liquidi interni e che le carni si secchino.
A rosolatura iniziata, si versa il vino e lo si fa sfumare; a questo intingolo, divenuto scuro, si aggiunge prima il concentrato di pomodoro, e poi, dopo un po’, la passata. Si sale e si porta all’ebollizione: è a questo punto, si può dire, che comincia il ”rito” vero e proprio del ragù napoletano! Il fuoco va abbassato, e la salsa deve “peppiare”.

Il segreto per far peppiare la salsa consiste, oltre che nel tenere la fiamma piuttosto bassa, nel non turare completamente con il coperchio la bocca della pentola, ma nel poggiare il coperchio su di un lato della pentola mentre in direzione opposta occorre poggiare il coperchio sul cucchiaio di legno posto di traverso l’imboccatura, in modo che si crei una piccola circolazione d’aria che impedisca alla salsa di attingere forza dal fuoco e le impedisca di precipitare nel bollore.

Solo dopo che la salsa abbia peppiato per più di un’ora si può esser certi di aver preparato un buon ragù e dopo una veloce rimestata con il fido cucchiaio di legno, si potrà spegnere il fuoco.

Rifiniture e consigli:

Le carni di maiale, una volta cotte, vanno sollevate dalla salsa, a differenza delle altre, che si terranno nel tegame fino a cottura ultimata. Il ragù si serve quasi esclusivamente con la pasta grossa: maccheroni di zite spezzati a mano, rigatoni o maltagliati rigati. Ottimi poi i paccheri, magari imbottiti con ricotta di pecora. Condire la pasta con abbondante sugo, parmigiano o grana grattugiato, basilico fresco e… buon appetito!

Marianna Labattaglia

Sitografia:

www.taccuinistorici.it

www.portanapoli.com

www.quicampania.it