Huthi: sciiti alla conquista dello Yemen

La situazione in Yemen è precipitata nelle ultime settimane: i ribelli sciiti Huthi hanno conquistato Aden e San’a. Il presidente Hadi è stato costretto a rifugiarsi in Arabia Saudita. Quest’ultima, temendo il disegno degli sciiti e dell’impegno iraniano, ha promosso una coalizione internazionale composta dai paesi della cooperazione del Golfo (tranne l’Oman), Sudan, Egitto, Marocco, Giordania e Pakistan. Gli Stati Uniti hanno appoggiato i raid che forniranno supporto logistico e d’intelligence, ma non interverranno direttamente.

Chi sono gli Huthi?

Il timore della saldatura della controrivoluzione degli Huthi, in costante guerra da anni, e il disegno geopolitico dell’Iran di unire i Paesi sciiti, hanno portato alla risposta saudita. Gli Huthi sono conosciuti anche come “Ansar Allah” (Partigiani di Dio) e appartengono alla comunità yemenita degli zaydi, che costituisce il 30% della popolazione. Il nord dello Yemen è stato sotto il loro controllo per circa mille anni fino al 1962 quando, con un colpo di stato, hanno perso il loro potere. L’Iran ha condannato l’intervento della coalizione internazionale, credendo che uno schieramento sunnita possa solo peggiorare la precaria situazione politica interna. Infatti, nel caos di una continua guerra civile e interconfessionale, gruppi jihadisti, affiliati allo Stato Islamico, hanno rivendicato alcuni attacchi alle moschee sciite della capitale. Una presenza che non può far altro che complicare il già complesso quadro.

Jihadismo e scontri interregionali tra sciiti e sunniti dimostrano che non si sta combattendo una guerra tra islamismo e cristianità, bensì c’è un aspro confronto, se non una resa dei conti, tra sciiti e sunniti. È il caso non solo dello Yemen e paesi del Golfo, ma anche della Siria, dell’Iraq e del Califfato.

Yemen: un quadro generale

Lo Yemen confina a nord con l’Arabia Saudita e a est con l’Oman. Si trova nella penisola arabica e si affaccia sul Golfo di Aden, al di là del quale c’è l’Africa Orientale. Uno stato di passaggio tra il Medio Oriente e l’Africa, punto di transito cruciale per garantire le forniture di petrolio, ma anche per ostacolare i flussi dei jihadisti islamici.

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È dal 1994 che si succedono vari tentativi di rivoluzione e secessione promosse da varie milizie affiliate a tribù di diverso tipo. Infatti, lo Yemen odierno nasce solo nel 1990 con la fusione tra Yemen del Nord e del Sud. Gli Huthi hanno ripreso la loro forza dal 2004 e da quel momento si sono scontrati più volte con l’esercito regolare. La Primavera araba yemenita nel 2011 ha portato alle dimissioni dello storico presidente Ali Abdullah Saleh, a cui gli è succeduto Hadi. Per pacificare la situazione quest’ultimo, nel 2014, ha proposto una riforma che avrebbe trasformato il Paese in una federazione di sei regioni. Una soluzione impraticabile per gli Huthi, relegati nella macroregione di Azal, densamente popolata, priva di risorse essenziali e senza sbocco sul mare. La crisi interna dopo il 2011 ha consentito, inoltre, ad al Qaida di consolidare nella penisola arabica le proprie posizioni, creando delle roccaforti nel sud del Paese. Oggi, si sospetta che questi gruppi siano in contatto con il Califfato.

Una partita tutt’altro che chiusa

huthiPer la sua posizione strategica, gli Stati Uniti sono molto interessati al futuro del Paese. Confinando un alleato importante ed esportatore di petrolio, nonché contraltare degli interessi iraniani in Medio Oriente, Washington ha condannato e avvertito Teheran che non accetterà una sua ingerenza. Inoltre, l’esercito americano, negli ultimi anni, ha più volte bersagliato le zone del sud con i droni per uccisioni mirate. La Casa Bianca ha anche fornito armi per un ammontare di 500 milioni di dollari all’ex presidente Saleh: armi che, si sospetta, siano finite ora in mani sbagliate.

I sauditi, in tutto questo, sostengono Hadi e accusano l’Iran di appoggiare militarmente ed economicamente gli huthi per logorare Riyad. Hadi, a sua volta, accusa il suo predecessore Saleh e le truppe a lui fedeli di sostenere i ribelli. Un quadro complesso che rischia di peggiorare con l’entrata del Califfato: le organizzazioni terroristiche possono far leva sul conflitto con gli sciiti, reclutando tra le fila della comunità sunnita, spaccata tra lo jihadismo e le nuove potenze regionali.

L’azione ONU

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha espresso il proprio sostegno al presidente Hadi, affermando il suo impegno a favore della sovranità, indipendenza e integrità territoriale dello Yemen, promuovendo la necessità di un dialogo tra le parti, con tanto di mediatore. Una soluzione politica per la pace tutta in salita: né Hadi né gli sciiti vogliono sedersi al tavolo e a causa di questo clima carico di tensione, Jamal Benomar si è dimesso dalla carica di mediatore, complice anche il ritiro della fiducia dell’Onu e soprattutto il disappunto delle petromonarchie sul suo operato.

Inoltre, i raid aerei e le truppe saudite non fanno ben sperare, con una escalation del conflitto che potrebbe danneggiare i colloqui sul nucleare tra gli Stati Uniti e l’Iran. Infine, poco è stato scritto sui civili: molte sono le vittime tra la popolazione e il flusso di emigranti aumenta. Bisogna subito aprire un corridoio umanitario e concedere lo status di rifugiato di guerra.

Marco Di Domenico

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