Guerra imperialista e filosofia in Walter Benjamin

Da qualche tempo ricorrono tra i nostri mezzi d’informazione – o di disinformazione, se preferite – notizie di guerra. La Primavera Araba, la guerra in Ucraina, gli ennesimi attacchi ad oltranza al popolo  Palestinese, la riproposizione della questione Terrorismo, e dulcis in fundo la questione libica. Che è subito questione, date le innumerevoli proposte, anche campate in aria, dei politici di turno – tra cui quella di una guerra agli scafisti. Ed è la tranquillità nell’usare la parola guerra che colpisce la nostra attenzione. Nessun approfondimento in merito, nessuno ha pensato alla quantità di missioni di pace o lotte al terrorismo, iniziate dalle forze occidentali, che con il tempo si sono rivelate per la loro reale natura di guerra,  scatenate da motivi politici ed economici, sistematicamente falsate o oscurate dai media occidentali.
Sembra doveroso, allora, fare una breve riflessione sulla natura della guerra.

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L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica

La guerra imperialista in Walter Benjamin

Nella Postilla al testo L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica il filosofo Walter Benjamin introduce temi di natura strettamente politica. Abbiamo già analizzato il tema dell’estetizzazione della vita politica, ma poco dopo c’è un’interessante riferimento alla guerra:

Il fascismo vede la propria salvezza nel consentire alle masse di esprimersi  (non di veder riconosciuti i propri diritti). […] Il fascismo tende conseguentemente a un’estetizzazione della vita politica. Alla oppressione delle masse, che vengono schiacciate nel culto del duce, corrisponde l’oppressione da parte di un’apparecchiatura, di cui esso si serve per la produzione di valori cultuali.
Tutti gli sforzi in vista di un’estetizzazione della politica convergono verso un punto. Questo punto è la guerra.
La guerra, e la guerra soltanto, rende possibile fornire uno scopo ai movimenti di massa di grandi proporzioni, previa conservazione dei tradizionali rapporti di proprietà.

Dunque, dal punto di vista politico, la guerra in tutte le sue manifestazioni consente di mobilitare le masse, ovvero di trovare uno sbocco per le grandi masse di disoccupati create dagli effetti controproducenti del capitalismo (come possiamo tranquillamente constatare oggi). Mentre, sul versante della tecnica:

[…] soltanto la guerra  permette di mobilitare tutti i mezzi tecnici del presente, previa conservazione dei rapporti di proprietà. E’ ovvio che l’apoteosi della guerra per mezzo del fascismo non si serva di questi argomenti.

In questo senso l’espansione in maniera esponenziale della tecnica e dei suoi mezzi, dei ritmi e delle fonti di energia spinge verso un utilizzo del tutto innaturale delle forze di produzione, cioè conduce alla guerra.
Tutto questo è evidenziato dal passo in cui leggiamo:

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Filippo Tommaso Marinetti

La guerra imperialistica è determinata in tutti i suoi tratti spaventosi per mezzo della discrepanza tra mezzi di produzione violenti e loro utilizzo insufficiente nel processo di produzione (in altre parole, dalla disoccupazione e dalla mancanza di mercati di sbocco).

La tecnologia avanzata trova uno sbocco nel mercato bellico; le forze umane, sottratte al mercato perché sostituite dalle macchine, trovano un’occupazione nei conflitti e nella produzione di merci destinate ad essi; e tutto ciò senza intaccare l’ordine in cui è distribuito il potere, ovvero senza ribaltare i rapporti di proprietà a favore delle masse. Ecco a cosa serve, e perché è consequenziale ad un certo processo, la guerra, ai grandi imperi.

<<Fiat ars – pereat mundus>>, dice il fascismo, e, come ammette Marinetti, attende dalla guerra la soddisfazione artistica della percezione sensoriale modificata dalla tecnica. E’ questo, evidentemente, il compimento dell’arte per l’arte. L’umanità, che un tempo in Omero era uno spettacolo per gli dei dell’Olimpo, ora lo è diventata per se stessa. La sua auto estraniazione ha raggiunto un livello che le permette di vivere il proprio annientamento come un godimento estetico di prim’ordine.

Nunzia Rescigno

Fonti

Fonte citazioni:  Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi.

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