Amore è sogno. Una riflessione psicoanalitica

Per la psicoanalisi ogni rapporto procede dall’identificazione all’elaborazione del lutto. Ma una storia d’amore è un rapporto come un altro? Il suo destino è finire o può durare “finché morte non vi separi“?

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Reina – Amore e Morte

Le fasi del rapporto secondo la psicoanalisi

Con la nozione di identificazione, la psicoanalisi spiega che al principio di ogni rapporto con un oggetto sta l’assimilazione di uno o più caratteri di quest’ultimo su cui la personalità di chi stabilisce il legame verrà a modificarsi. Durante questa fase, l’Io vorrebbe incorporare l’oggetto per possederlo completamente e per soddisfare questo desiderio si identifica con esso, cerca di essere come l’oggetto. Nel medesimo tempo avviene la scelta oggettuale che corrisponde al desiderio di avere l’oggetto ed il conseguente investimento libidico su di esso. Quando l’oggetto viene a mancare per un motivo o l’altro e l’investimento decade, si generano nell’Io lutto (da non intendersi solo come quello seguente alla morte di una persona cara ma ad un qualsiasi tipo di allontanamento da essa) e melanconia che l’Io può superare soltanto introiettando il rapporto che aveva con l’oggetto ed il quantum libidico associato, vale a dire effettuando l’elaborazione del lutto.
Allo stesso modo nasce e declina un rapporto amoroso.

L’agonia di una storia d’amore

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Edgar Degas – Melanconia

Chiunque abbia vissuto la fine di una storia sentimentale ha ben presenti quei momenti dalla cupa tonalità, in cui accanto al partner si sente che qualcosa è cambiato, si è rotto e “non è più come prima”. L’innamoramento è cessato, l’identificazione prende a retrocedere e ci si accorge che molti degli aspetti dell’amato che avevamo sentito così nostri non ci sono per nulla congeniali e molti di quelli che gli avevamo attribuito erano delle nostre caratteristiche che l’altro non presenta affatto. Lo specchio in cui ci si rivelava l’altro si frantuma mostrando chi ci sta accanto come un perfetto estraneo che più conosciamo e meno sentiamo adatto a noi. L’affinità elettiva diventa legame chimico debole. Psicoanaliticamente questa è la fase della melanconia in cui l’Io si identifica narcisisticamente con l’oggetto perduto. Certo, la relazione continua ad esserci, ma non è più con l’altro bensì con una parte dell’Io: è l’amore che si vuole a tutti i costi conservare, non l’oggetto.

Sentirsi come l’altro

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Edvard Munch – Due esseri umani (Le persone sole)

Ma accade a volte che per due amanti giunti a questa apocalisse, scoprire o ri-scoprire una piccola cosa in comune riesca a trasformare uno di quei momenti, simile ad un anello in quella catena di argento ossidato che è diventata la loro storia, in un’epifania (nel senso joyciano del termine) dell’amore che non sentono più di provare. Quell’attimo di accordo, allo stesso modo in cui un oggetto pervenutoci dall’infanzia, per un nostro amico non ha lo stesso significato che ha per noi, può provocare una scossa tellurica solo nelle coscienze dei due amanti ed in nessun altro, e proprio lo scontro con la consapevolezza che la sensazione di meraviglia per tale somiglianza – e non la somiglianza – vale solo per loro due mostra ai due amanti il livello di individualità raggiunto dal loro legame: hanno creato qualcosa di unico, con un suo linguaggio e dei suoi avvenimenti interiori. Soltanto l’altro, infatti, può dare conferma e quindi realtà al sentimento provato. Senza di lui/lei esso non avrebbe alcun senso. Così il rapporto con l’altro si restaura, la libido torna a fluire verso di esso e il mondo oscurato dalla melanconia si rischiara.

Il sogno d’amore: irreale realizzabile

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Lenoir – Fantasticheria

Allora una semplice affinità di gusti, ad esempio una pietanza gradita ad entrambi, od avere lo stesso piccolo neo sul medesimo punto del corpo risveglia la sensazione sopita della reciproca appartenenza provata al principio del legame d’amore, momento in cui sembrava di aver vissuto fino ad allora vite parallele e che il luogo, l’ora ed il cielo sotto cui era avvenuto il primo incontro fossero il teatro di un mitologema di noi due. Ma l’identificazione del principio ora è stata smascherata e non è più l’essere come l’altro ciò che conta, ma il sentirsi come l’altro.
Tali episodi, in un lampo di luce, svelano così l’illusione su cui poggiava l’originaria ragione che aveva unito i due amanti: la sensazione di essere l’uno per l’altra. E proprio nella visione di questa illusorietà si rivela la caducità e dunque la bellezza di quella sensazione che porta a coscienza la vera essenza dell’amore: l’essere un sogno. Quindi la sua irrealtà ma anche la sua capacità di essere realizzato da chi si ama, da chi, cioè, crea qualcosa insieme.

Giovanni Marco Ferone

Fonti

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