Letteratura cavalleresca

La Chanson de Roland e i cavalieri di Carlo Magno: l’analisi

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Siamo soliti immaginare le grandi gesta dei paladini di Carlo come una fiaba or ora venuta fuori dalla mente di un viaggiatore. Gli scudi lucenti, le aste dritte e i cuori puri: questi gli araldi del cavaliere. Ma la guerra è tale in ogni epoca, senza rimpianti e con la ferocia negli occhi. Le gambe di Orlando scattano alla spinta di Dio e il fato si compie. Nella Chanson de Roland quanto pesa la sconfitta e quanto dura la gloria di un Impero?

La Chanson de Roland: la vicenda e lo stile

Bisogna tener presente alcune coordinate storiche: il poema, scritto nella seconda metà dell’XI secolo, è ambientato nel pieno degli anni di Carlo Magno e illustra la famosa battaglia tenutasi nella gola di Roncisvalle. Nonostante la disfatta debba essere ricondotta al popolo basco e non saraceno, la Chanson de Roland rientra nel furore cristiano della prima crociata. Possiamo dire che le date del 778 (la battaglia di Ronsisvalle) e del 1095 (papa Urbano II e l’inizio delle crociate) coincidano nel medesimo spirito.

Apice del ciclo carolingio e corona della lingua d’oil, la Chanson è composta da una serie di  lasse tenute insieme da assonanze. Molto probabilmente l’opera era destinata ad essere diffusa oralmente. Si parla infatti di formularietà: a situazione simili corrispondono simili espressioni.

I valori dei santi cavalieri

La forza sublime dei cavaliere non è esente da vincoli canonici. Fissi e innegabili sono i valori che guidano le truppe e il protagonista Orlando. Abbiamo la fedeltà al sovrano e la fedeltà alla sacra religione; ancora lo spirito della vittoria e l’onore personale; in ultima analisi lo slancio eroico e il prode sacrificio. Non sarà possibile dar molto spazio all’amore che si riduce alle due uniche figure femminili degne di nota: Alda e Braminonda. E anche in questo caso, il dolce sentimento si conclude solo con la morte e con la conversione.

Orlando

Il personaggio di Orlando avrà una fortuna senza pari, sia nella buona che nella cattiva sorte. Osannato e parodiato, il suo nome s’imporrà nelle pagine dell’epica successiva. Prima di cadere allo sguardo di Angelica bella, l’eroe aveva come unico obiettivo la riuscita dello scontro. E anche nell’agone ultimo, dimostra tuta la sua santa determinazione.

Ma Orlando s’accorge esser vicina

 a rapirlo la morte. Entro al suo cuore

scendere dal cervel fredda la sente.

Corre a’ piedi di un pino, e su la verde

 erba giace a bocconi, incontro il petto

serrando l’Olifante e la sua spada.

Verso i morti Pagan volge la testa,

però ch’ei vuol che Carlo e la sua gente

 dican, quando il vedranno: «Il nobil conte

morí vincendo! E intanto perdonanza

 chiede  de le sue colpe, a quando a quando,

ed alza  il guanto a Dio pe’ suoi peccati.

E deve essere definita santa in quanto all’interno della Chanson il cavaliere che muore in guerra è come un santo che vien meno tra i ferri.  In altre parole, la morte equivale al martirio e va accettata, essendo anche riflesso di un volere più alto.

Carlo Magno nella Chanson de Roland

Un piccolo spazio va riservato ad un’altra  figura cardine dell’opera: Carlo Magno. A discapito di quanto si possa credere, Carlo non è il classico eroe, il buon re sprezzante dei dubbi e dalla paura. All’interno della Chanson de Roland appare un imperatore vittima della miseria individuale, consapevole della vulnerabilità del dominio e della dimensione umana che pian piano va disgregandosi. Si veda bene la sua reazione alla morte della gentile Alda:

 Alda la bella è morta. Il Re sol crede

  ch’abbia smarriti i sensi, e di pietade

 piange. Le man le prende, e le solleva,

 ma il capo, greve, su le spalle cade.

Conosce Carlo ch’ella è morta, e quattro

 contesse fa venir, che ad un convento

 la rechino di suore.

Ecco il vacillare della certezza. Credere pallida una dolce estinta e credere fermo il trono; sgomentarsi dinanzi alla Morte e rimanere basiti dinanzi ad una legge, ad un nuovo ceto in ascesa.

Silvia Tortiglione

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Silvia Tortiglione

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