Sanremo 2015: Recensione seconda puntata

Al termine della seconda puntata del Festival, possiamo notare un incisivo aumento della qualità complessiva della manifestazione, che finalmente ha preso le sembianze di un evento televisivo vero e proprio, dopo una prima serata non proprio convincente dal punto di vinta qualitativo.

Conduzione di Sanremo

Sanremo 2015

Carlo Conti, evidentemente ringalluzzito dagli ottimi ascolti conseguiti la sera prima, è sembrato più fluido e a suo agio nel ruolo di padrone di casa. Allo stesso modo Emma e Arisa confermano il trend positivo ottenendo pure più spazio rispetto alla prima puntata. Rocìo continua a essere un’incognita, meno spaesata di ieri; spinge così a chiedersi se fosse davvero necessaria la sua presenza.

Ospiti

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Interessante l’idea di invitare personalità non strettamente inerenti alla musica e allo spettacolo, gli interventi di Joe Bastianich, Vincenzo Nibali, Javier Zanetti, Claudio Amendola e Luca Argentero sono stati leggeri e soprattutto di breve durata, non strettamente funzionali ma dotati della loro raison d’être. Doveroso il tributo a Pino Donaggio. Davvero ammirevole l’affabilità di Charlize Theron. E se Biagio Antonacci ha fatto rimpiangere a molti Tiziano Ferro, è stato apprezzabile aver voluto la presenza di Marlon Roudette: personaggio magari poco conosciuto da parte del pubblico aristo(n)cratico, ma che ha in ogni caso garantito una certa qualità. Furba l’idea di invitare Conchita Wurst, relegata a un orario improponibile a causa delle tristissime polemiche avanzate dalle altrettanto tristissime associazioni cattoliche. Pintus meno pecoreccio rispetto ad Alessandro Siani, anche se il pubblico non sembra particolarmente apprezzare.

La Gara

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Si inizia con le Nuove Proposte, o meglio da quelle che più ci hanno convinto:

Chanty: Davvero ingiusta la sua eliminazione. Canzone dal respiro internazionale degna di Rihanna o Sia, ma dalle soluzioni più elaborate; per accontentare i palati più hipster.

KuTso: Non che abbiano realmente stupito (forse si sono risparmiati anche loro, visto il contesto) ma almeno brillano per quel guizzo di originalità e vitalità che manca a quasi tutti gli altri partecipanti, nuove proposte e non.

Rimandato a un secondo ascolto:

Enrico Nigiotti: Belloccio tanto quanto basta per accendere le fantasie delle ragazzine in attesa dell’uscita di 50 Sfumature di Grigio, fosse pure in grado di cantare decentemente sarebbe perfetto. Il pezzo non è neppure tanto male, ma è scandaloso che sia passato avanti.

Bocciato:

Kaligola: Sembra sinceramente fosse lì per scherzo, puzza di raccomandazione da chilometri di distanza. Dovrebbe aver proposto un rap socialmente impegnato, ma rassomigliava più a una barzelletta raccontata male. Roba che porta a rivalutare Rocco Hunt, per dire.

Sanremo 2015

Si continua con i Big, e qui la situazione migliora nettamente rispetto alla prima serata: diverse sono le proposte valide o comunque sufficienti e la situazione complessiva sembra comunque meno disperata. Apriamo dunque con le note positive:

Irene Grandi: Pezzo atipico se consideriamo la produzione della cantante fiorentina, per nulla grintoso ma di una delicatezza fuori dal comune. Una ballata che si trascina in punta di piedi con garbo e passione. Dovrebbe vincere.

Raf: Onesto mestierante, fa bella figura sfoggiando una canzone che, seppur non eccelsa, appare dignitosa e sincera. Coerente con il suo passato artistico, Raf dimostra di avere ancora qualcosa da comunicare al pubblico.

Marco Masini: Sinceramente non capisco chi lo critica per partito preso. Quando non scade nell’enfasi parossistica, Masini si rivela un interprete, nonché autore, capace e sensibile; e questo brano ne è una riprova.

Biggio e Mandelli: Indubbiamente la sorpresa della serata. Esibizione da avanspettacolo, forse, ma è gustosa la pressoché totale assenza di pretenziosità. Leggeri e consapevoli di esserlo, persino un po’ emozionati. Questa proposta è ciò che serve per riabilitarli da un recente passato artistico poco entusiasmante.

Ora passiamo ai rimandati a un secondo ascolto:

Nina Zilli: Dal punto di vista formale è davvero impeccabile, ma sembra costantemente oberata dal pesante debito nei confronti delle artiste alle quali si ispira. Si riscontrano forti echi di Nina Simone e Amy Winehouse, ma anche tanta, troppa lentezza.

Anna Tatangelo: Credo sia l’MVP della serata. Forse la canzone migliore che abbia mai portato a Sanremo, o probabilmente la meno indecente. Esibizione particolarmente ispirata: acquisendo quasi le sembianze  di una vera cantante, per una volta smette di essere quell’inumano capolavoro del grottesco e del patetico che è sempre stata.

Lorenzo Fragola: Forse la canzone più radio-friendly in gara a Sanremo. Pop onesto e decente, ma dal punto di vista qualitativo non offre molto. Potrebbe vincere e non sarebbe poi così sbagliato.

Per finire in bellezza, i bocciati:

Bianca Atzei: Timbro irritante, canzone insignificante. C’è pure chi si permette di fischiare una sua possibile (o probabile) esclusione. Oltretutto è poco chiaro quali siano i meriti che le hanno permesso di assurgere a Big.

Moreno: Non è un cantante, ma neppure si può definire un rapper. Nel dubbio optiamo per la definizione di obbrobrio.

Il Volo: è con loro che si raggiunge l’apoteosi dell’orrido. Si può perdonare magari l’ardimentosa ruffianeria con la quale propongono un pezzo pacchiano e stantio, ma il tronfio autocompiacimento con il quale esibiscono le loro doti canore è ributtante. Il fatto che siano famosi all’estero non è affatto sintomo di imprescindibile qualità, in Italia questo ancora si deve capire. Tanto orribili che in pratica hanno già la vittoria in tasca.

E anche stavolta siamo giunti alla conclusione, continuate a seguire con noi le altre serate!

Alfredo Gabriele Galassi