Doug Seegers è l’esempio lampante di come, in alcuni casi, la musica sia ancora sogno, speranza, libertà. Il 7 ottobre 2014, questo signore di sessantadue anni ha pubblicato il suo primo album in studio, Going Down To The River, posizionandosi immediatamente al numero uno della classifica ITunes in Svezia. E, come se non bastasse, ha suonato insieme ai più grandi del country all’American Awards a Nashville pochi mesi dopo l’uscita dell’album.
Ma facciamo un passo indietro: chi è Doug Seegers? Cosa l’ha reso tanto famoso così, all’improvviso?
Doug Seegers diciassette anni fa viveva a New York e non era felice. Odiava quella metropoli così caotica e poi non faceva bene alla sua musica. Una musica essenziale, cruda, che usciva fuori dalla sua chitarra acustica malandata. Valige fatte, chitarra in spalla, destinazione: Nashville, la patria del Country Hall Of Fame, la patria di Johnny Cash. Doug un lavoro a Nashville non riesce a tenerselo. Quello che riesce a tenersi sono le bottiglie di whisky raccattate nei bar, gli spinelli e le storie delle persone normali.
Sì, perché ormai Doug è convinto di non essere tagliato per una vita normale e comincia a vivere alla deriva, senza una casa, senza una moglie alla quale raccontare le proprie paure, senza figli a cui insegnare a giocare a baseball. Doug sceglie la libertà di essere un senzatetto, un barbone insomma. E i barboni si aggrappano alle storie delle persone normali. Ma quando fa troppo freddo per una tenda anche Doug è costretto a mollare: saranno tante le notti trascorse al Rescue Mission Nashville, un recupero per senzatetto, sbandati e barboni.
Doug, spaventato dagli anni che corrono, decide di avvicinarsi a Dio e di lasciar perdere con l’alcool e con le droghe. Poco dopo scriverà la canzone del suo successo: Going down to the river. Una straziante melodia country, accompagnata dalla sua voce malandata e fragile, una voce vera di chi dice cose vere. Il fiume è visto come metafora della vita, e attraversarlo non è di certo roba facile. È questo che racconta il barbone Doug sui marciapiedi di Nashville, finché non accade la magia.
La cantante country svedese, Jill Johnson, molto famosa in patria, lo ascolta passeggiando per le strade di Nashville mentre sta girando un documentario sulle vecchie glorie country ormai dimenticate. La Johnson, commossa dalla canzone, lo sbatte in una sala di registrazione di Nashville. La cantante country torna in Svezia e ci torna con la canzone di Doug Seegers tra le mani. Il pezzo diventa in poco tempo un vero successo in Svezia. Non solo un successo commerciale, ma anche un successo della vita.
Le persone piangono ascoltando la storia di quell’uomo tanto esile quanto cazzuto. Il primo esame, quindi, è stato superato, adesso tocca al disco. Prodotto da Will Kimbrough, l’album si chiama come la title track: Going down to the river. Un disco interessante, che sa quasi di marcio. Molto triste in alcuni punti, e in quelli più allegri l’allegria pare soltanto un’illusione. Il successo dilagante dell’album porterà Doug Seegers in giro per la Svezia prima, e per l’America poi. E non solo: girerà anche un documentario sulla sua storia.
Mai come questa volta sul disco non voglio soffermarmi, perché non credo sia la cosa più interessante. La cosa affascinante di tutto questo è che la canzone è bellissima, ti fa riflettere, ti regala emozioni, e non l’ha scritta Jay-Z o Sam Smith, l’ha scritta un barbone. Credo sia la prova oggettiva di come la musica con i soldi, la bellezza, l’età e tutte queste stronzate qua, non c’entri un bel niente.
Viva le emozioni e viva la musica: quella vera.
Raffaele Cars
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