Le Tre ghinee di Virginia Woolf: giustizia, uguaglianza, libertà

Cominciato nel 1937 e completato nella primavera del 1938, Le tre ghinee di Virginia Woolf è un saggio femminista. In questo testo però Virginia Woolf ripudia la parola femminismo perché antiquata e inattuale, ne cerca invece una che esprima meglio il senso di una lotta per la sopravvivenza, che s’ispira ai principi di giustizia, uguaglianza e libertà per tutti gli esseri umani. Queste le parole chiave che ci aiuteranno ad analizzare Le tre ghinee.

Le tre ghinee: la prima

L’occasione della riflessione è una lettera che Virginia riceve. In questa le viene chiesto “cosa, secondo lei, si deve fare per prevenire la guerra”. Per tre anni la Woolf ignora la lettera, finché non trova una risposta.

Virginia Woolf inizia a discutere di un argomento che sembra poco inerente a quello della guerra, ma che in realtà è fondamentale, soprattutto quando ci si riferisce alla collaborazione e al lavoro di una donna alla causa. Qual è la condizione delle donne? Sicuramente non è pari ai suoi simili per classe, gli uomini colti, per cui è prevista da secoli una carriera prima scolastica e poi lavorativa standardizzate.

Gli uomini, nelle cui mani è pressoché tutto il potere politico, devono provare un gusto per la guerra, sconosciuto alle donne, e quindi da collegare alle istituzioni che educano gli uomini.

Nel 1919 le porte del mondo del lavoro furono aperte alle donne. Per Virginia Woolf l’indipendenza – che è prodotta da lavoro e guadagni – è lo strumento necessario per esercitare influenza e avere potere.

Quello della Woolf è un discorso pragmatico, che supera le idee e mira dritto ai fatti. Ma in che modo unico – e diverso da quello degli uomini – possono le donne lavoratrici, figlie degli uomini colti, aiutare la causa della pace alle soglie della Seconda Guerra Mondiale? Con l’educazione, appunto, e con la proprietà privata.

Virginia Woolf passa in rassegna i titoli, gli abbellimenti, i simboli del potere degli uomini, gli sfoggi, le divise, le coccarde, e tutto ciò che sia riflesso di status. In tal modo, con i belletti della virilità, anche i giovani sono indotti ad arruolarsi e divenire soldati. Il ruolo delle donne, prima di tutto, dovrebbe essere quello di rifiutare queste etichette (che la Woolf paragona ai prezzi degli indumenti dalle vetrine).

In secondo luogo, poi, le donne dovrebbero passare in rassegna le università, da cui nascono i dirigenti del futuro. Queste istituzioni assorbono enormi capitali (pubblici e privati). Le università sono istituzioni per secoli rimaste chiuse alle donne.

E ancora nel 1938 i capitali familiari sono devoluti all’istruzione maschile, a discapito di quella delle figlie femmine. Ciò non toglie che le donne, escluse dal mondo della scuola, riescano ad apprendere (o quantomeno ad averne il desiderio). Da qui le università femminili, alle cui studentesse inizialmente veniva negato il titolo di ‘dottoresse’. Questa in sé è una storia di sopraffazione – degli uomini sulle donne; il segnale lampante della violenza connaturata a certi istituti del mondo civile.

Per deviare l’inclinazione alla guerra e innescare l’amore della libertà bisogna ricostruire l’istruzione su basi diverse. Virginia analizza lucidamente una società che è costruita su basi di violenza e dominio.

E gli insegnanti saranno scelti tra coloro che sono bravi a vivere oltre che a pensare.

La prima ghinea va dunque alla ricostruzione di un college femminile.

Le tre ghinee: la seconda

La seconda ghinea è destinata a un’associazione che aiuta le figlie degli uomini colti a trovare lavoro.

Le donne non guadagnano quanto guadagnano gli uomini. Quando pure riescano ad accedere a carriere destinate agli uomini, i loro salari sono ridotti.

Con sole 42’000 sterline nel bilancio delle W.S.P.U. le donne sono riuscite a perorare la causa del voto egualitario. Questo fu il miglior bilancio dell’associazione. Le donne, prima del voto e della carriera, non avevano proprie entrate, se non quelle loro concesse dagli uomini.

Se le donne non hanno necessità di lavorare, perché a loro provvede l’uomo (il marito, il padre); se metà delle entrate dell’uomo appartengono di diritto alla donna – perché le donne (le madri, le mogli) svolgono un compito e un lavoro insostituibili, che richiedono una compensazione (e perché il governo non può versarla?), che corrisponde alla metà del patrimonio dell’uomo –, allora perché le donne sono povere?

E, soprattutto, perché le donne non avrebbero dovuto cercare di ottenere l’indipendenza? Perché dovrebbero tornare tra le mura domestiche e lasciare che siano gli uomini a provvedere ai loro bisogni, quando mai questa società costruita sulla disparità tra i sessi ha perseguito gli interessi e i bisogni delle donne?

Sebbene qualificate e con anni di esperienza alle spalle, per le donne è difficile trovare un impiego che le retribuisca più di 250 sterline all’anno. Perché? Gli alti ranghi dell’amministrazione sono occupati da laureati a Oxford e Cambridge, università che difficilmente ammettono donne (e non per lacune culturali, ma perché i posti a loro destinati sono limitati). Le donne, inoltre, sono spinte a rimanere in casa ad accudire i familiari anziani molto più degli uomini. E infine l’esame d’ingresso è duro, durissimo, soprattutto per individui che non hanno l’abitudine ad affrontarlo.

Non è che le donne siano intellettualmente o professionalmente carenti, e la Woolf lo dimostra con esaustività; è che il sistema è costituito sul loro fallimento.

Si direbbe che è la persona a cui viene versato di fatto lo stipendio a esercitare di fatto il diritto di decidere come lo stipendio sarà speso.

Chi sono le donne economicamente indipendenti? Le donne occupate nelle libere professioni. A loro si può rivolgere l’appello per la prevenzione della guerra. Ma bisogna escludere coloro che di professione fanno le mogli e coloro che hanno una qualsivoglia professione, perché la stessa struttura professionale indirizza verso la guerra.

Coloro che posseggono dei privilegi, in questo caso nell’ambito professionale, diventano gelosi e morbosamente attaccati ad essi e si dilungano in tediose guerre ideologiche purché questi privilegi, estesi a tutti, non diventino diritti.

Perciò questa ghinea, che deve servire ad aiutare le donne a intraprendere le libere professioni, è legata alla seguente condizione preliminare: lei deve giurare solennemente che farà tutto quanto è in suo potere affinché nessuna donna che eserciti una di tali professioni impedisca in alcun modo a un altro essere umano, sia esso uomo o donna, bianco o nero, purché in possesso delle necessarie qualifiche, di intraprendere la professione prescelta; ma anzi che ciascuna faccia il possibile per aiutarlo.

Da mettere in discussione è la stessa idea della vita professionale, ridotta a un lavoro che occupa un’intera giornata, tutti i sensi dell’essere umano che lavora dalle 9 del mattino fino a serata inoltrata sono atrofizzati, di lui rimane soltanto il lavoro. Non è questo ciò che si deve auspicare di destinare anche alle donne.

Oggi come non mai le donne hanno l’occasione di costruire un mondo nuovo e migliore, ma se cercano di imitare pedissequamente gli uomini, non faranno che gettare al vento questa possibilità.

Nonostante la privazione dello studio e dei titoli, le donne sono sempre state membri civili della società e alcune tra loro si sono distinte per il loro senso del dovere, per la loro filantropia, la loro intelligenza. Quest’educazione che ha prodotto risultati tanto positivi, tali da ribaltare i privilegi, non può essere accantonata.

La soluzione al problema di un’educazione alla violenza è quella di costruire il sapere su basi diversi, su nuovi metodi, che non siano violenti e arroganti, che non abbiano la loro origine nell’orgoglio di possedere e di appartenere (a una patria, a un sesso, a una famiglia, a una confessione religiosa).

Le tre ghinee: la terza

Ne Le tre ghinee a questo punto le proposte pratiche per il coinvolgimento contro l’intervento bellico vengono analizzate più nello specifico: firmare un manifesto per la difesa della cultura e della libertà di pensiero; entrare a far parte di un’associazione a salvaguardia della pace; inviare un contributo pecunario all’associazione.

Le donne, le figlie degli uomini colti, sono chiamate a contribuire alla difesa della cultura e della libertà di pensiero, espressioni di intelligenza da cui tuttavia sono escluse. Si tratta di richiedere pennies dalle tasche di donne che hanno già contribuito con le privazioni subite per il finanziamento degli studi degli uomini, che infatti hanno a disposizione dei fondi speciali per portare avanti la carriera.

Quelle istituzioni cui le donne sono state sacrificate però hanno fallito. Perché il sistema scolastico e poi universitario non hanno prodotto uomini acculturati, liberi, pacifisti, combattenti per una causa di uguaglianza, tutt’altro.

Ma in che modo possono contribuire con gli strumenti della cultura queste figlie degli uomini colti (nonostante siano emarginate e, anche nel caso fossero qualificate, sono comunque considerate incapaci nei loro campi)?

Le tre ghineeQui Virginia Woolf fa una disamina disincantata della situazione terribile del lavoro di chi scrive recensioni per i giornali. Esperienza che ha vissuto sulla sua pelle, proprio per guadagnarsi l’agognata indipendenza.

Virginia Woolf scriveva recensioni di libri a pagamento – quest’attività la costringeva a privazioni e umiliazioni. Scrivere a pagamento significa anche adeguare il contenuto e il tono delle proprie parole a seconda della testata che pubblica.

Questo compromette seriamente la libertà di chi scrive, la sua onestà intellettuale, soprattutto quando allo stipendio in questione è legata la sopravvivenza. La Woolf non usa mezzi termini: questo tipo di prestazione è la prostituzione della cultura dell’individuo. Bisogna che le figlie degli uomini colti che hanno denaro a sufficienza per non prostituire le proprie idee si dedichino a scrivere contro la guerra.

A questo punto arriva il punto cruciale di tutta la riflessione de Le tre ghinee. Come si previene la guerra? Difendendo i diritti della persona, opponendosi alla dittatura, garantendo l’uguaglianza di tutti i cittadini. Giustizia, uguaglianza, libertà: questi tre concetti sono i fari nel buio del pacifismo, ma così lo furono della lotta “femminista” – quello spirito di rivalsa, di giustizia che Virginia Woolf non sa bene come definire, e così chiama Giustizia, uguaglianza, libertà.

Era la lotta per il diritto di tutti – di tutti gli uomini e di tutte le donne – a vedere rispettati nella propria persona i grandi principi della Giustizia, dell’Uguaglianza e della Libertà.

Non è possibile pensare al pacifismo, alla lotta per il diritto l’uguaglianza e la libertà – la lotta antifascista che spinge in quegli anni contro tutti i fascismi – senza pensare alla salvaguardia dei diritti, dell’uguaglianza e della libertà di tutti, quali che siano il colore della loro pelle, la loro religione, il loro sesso.

Le tre ghinee: un classico del femminismo

Virginia Woolf è stata una grande scrittrice e una fervida pensatrice. I suoi saggi, benché non accanitamente rigorosi, sono voluttuosi e immancabilmente convincenti. Le tre ghinee incorpora riflessioni di ampio respiro, che guardano all’evoluzione della condizione delle donne in Inghilterra, ma che non interrompono mai il flusso del ragionamento, continuo e quasi soverchiante.

Questo saggio costituisce un testo dal valore inestimabile per quanto riguarda le riflessioni sui ruoli di genere, un punto di partenza forse imprescindibile. Virginia Woolf, con la sua esperienza diretta di una società crudele e violenta nei confronti delle donne, articola senza timore le sue idee. Per quanto lontane, risuoneranno nell’animo delle lettrici e di tutti quei lettori che abbiano patito l’emarginazione.

Oriana Mortale