Street Haunting: la scrittura saggistica di Virginia Woolf

L’ampia produzione saggistica di Virginia Woolf presenta – così come la sua produzione romanzesca – caratteri fortemente sperimentali. La scrittrice supera infatti le barriere dei tradizionali generi letterari, approdando a esiti innovativi e variegati che rispecchiano la sua visione del mondo e della vita.

La posizione della scrittrice si colloca nel rifiuto di categorie, sia letterarie che esistenziali, nette e definite, così come esprime il suo amore per Shakespeare che, con i suoi drammi che condensavano al contempo motivi e forme tradizionali della tragedia e della commedia, rappresentava un modello ineguagliabile per Woolf. La letteratura, specchio della vita e della mente, non poteva che riflettere nei suoi principi costitutivi la contraddizione e la simultaneità di elementi differenti.

Lo story essay di Virginia Woolf

Si potrebbe definire il modello saggistico di Woolf, a metà tra il racconto e il saggio tradizionale, story essay: l’andamento razionale e oggettivo dell’argomentazione lascia infatti spazio al racconto di una storia inventata, al pari di un genere narrativo. Il punto di vista oggettivo e distaccato è sostituito da un narratore in prima persona, così come la presentazione di una prospettiva frammentata subentra alla sequenza lineare del discorso e del pensiero.

Il registro linguistico, inoltre, alterna momenti di poesia e momenti di prosa. Il dialogo tra diverse arti e discipline era infatti fondamentale per gli intellettuali del Bloomsbury Group, circolo di artisti e pensatori di cui Virginia faceva parte insieme al marito Leonard Woolf, e per molti movimenti artistici del primo Novecento.

Camminare per le strade di Londra

Virginia WoolfCiò che emerge da questa struttura inusuale del saggio è una problematica visione della modernità, intrisa di frammentazione e di crisi, in cui il modello esistenziale delle epoche precedenti si rivela inadatto alla comprensione del mondo e della vita contemporanei.

Esempio lampante è il saggio intitolato “Street haunting: a London Adventure” (tradotto in italiano “A zonzo: un’avventura londinese”) in cui la voce narrante, perdendosi per le strade della capitale inglese in una sera d’inverno, offre un quadro limpido dell’esperienza urbana nel primo Novecento.

La città, tema caro a molti scrittori e pensatori del secolo scorso e protagonista principale del saggio di Woolf, stimola di volta in volta riflessioni, pensieri, ricordi, immagini differenti nella mente del narratore, la ragione della cui uscita da casa è addotta alla ricerca di un oggetto quanto mai banale e quotidiano quale una matita.

Un pretesto per perdersi nella città

No one perhaps has ever felt passionately towards a lead pencil. But
there are circumstances in which it can become supremely desirable to
possess one; moments when we are set upon having an object, an excuse for
walking half across London between tea and dinner.

La ricerca della matita, che ritorna all’inizio e alla fine del testo come a chiudere il cerchio compositivo della narrazione, è solo il pretesto per potersi immergere nella folla anonima degli haunters – letteralmente “coloro che infestano” (la strada), e cioè gli abitanti della città – definiti il “vasto esercito repubblicano di anonimi vagabondi”, tra i quali si può abbandonare il guscio costrittivo dell’identità e delle maschere quotidiane.

La narratrice, camminando in assoluta libertà per le strade della città, perde spesso di vista il motivo per il quale era uscita e segue invece il flusso illogico e casuale dei pensieri stimolati dalla camminata. Il motivo del passeggiare per la città è condensato in molta letteratura del Novecento nella figura del flâneur, il “passeggiatore” casuale che si aggira per le strade cittadine senza alcuna ragione definita (di questa figura abbiamo parlato anche qui).

Lo spazio urbano e lo spazio psicologico

Nel suo saggio, Virginia Woolf fornisce una prospettiva dettagliata sulla vita cittadina della capitale inglese, nel tentativo di scattare un’istantanea dei diversi momenti che si susseguono nel flusso ininterrotto della città. Il suo intento sembra essere quello di fissare un preciso istante della città prima che essa irrimediabilmente cambi. Nella sua arte letteraria, la scrittrice modernista aveva infatti tentato di fermare gli attimi sempre diversi della vita e, al contempo, della mente umana.

Qui, c’è una congruenza tra lo spazio urbano della città e lo spazio psicologico della mente. Il flusso dei pensieri e delle riflessioni della voce narrante segue il movimento casuale e spontaneo degli abitanti della città, con una continua alternanza tra l’attenzione allo spazio della strada e l’attenzione allo spazio della mente. Inoltre, la narratrice esplora la possibilità di immergersi nella prospettiva e nel punto di vista dei personaggi incontrati casualmente nelle strade della città.

La perdita della personalità

Is the true self this
which stands on the pavement in January, or that which bends over the
balcony in June? Am I here, or am I there?

La possibilità di immergersi nella folla serale della città permette di spogliarsi del proprio ‘io’ quotidiano. Lo stare con degli sconosciuti rende inoltre anonimi e dunque irresponsabili, donando un senso di libertà reso impossibile dai ruoli sociali assunti ogni giorno.

Si crea così una contrapposizione tra la casa, connotata come una prigione, e la strada, connotata come uno spazio di libertà. Il guscio duro che nasconde l’io multiplo e frammentario si rompe infatti nel momento in cui ci si addentra nella strada, che ‘rivela’ e al contempo ‘nasconde’.

Nel saggio, dunque, si condensano motivi quali la centralità della città, i cambiamenti nella coscienza e nella psicologia dell’uomo, la perdita di una personalità fissa e immobile – tematiche fondamentali della produzione letteraria di Virginia Woolf, che si impone così come uno degli esempi più importanti della letteratura europea del primo Novecento.

Salvatore Cammisa

Fonti

Virginia Woolf, The collected Essays, Benediction Classics, Oxford, 2011

Virginia Woolf, Voltando Pagina (La Cultura), a cura di Viviana Rampello, Il Saggiatore, Milano, 2011