Ubu di Alfred Jarry, ovvero “sul potere”

Dei libri pignorati del dottor Faustoroll

Ubu, colpo d’occhio. Un pignoramento vero è proprio è quello consumato ai danni del <<signor Faustroll>>, dottore in ‘Patafisica[1], le cui “gesta e opinioni” sono narrate nel volume omonimo. Per quanto qualcuno possa esser edotto d’una materia, pur più metafisica della metafisica, pur <<Scienza delle Scienze>>, la burocrazia sarà sempre pronta, forse acquattata dietro la missiva d’un impiegato, a spogliare un pover’uomo dei suoi averi.

Così «nell’anno milleottocentonovantotto», a precipitare tra le mani del mediocre funzionario Renè-Isidore Panmuphle, il cui nome (pan, tutto, mufle, cafone) già lo investe d’identità, è pure una raccolta di ventisette volumi, tra cui in bella mostra figurano un tomo di Edgar Allan Poe in traduzione baudelairiana, “Verse et Prose” di Mallarmé, l’opera omnia di Rabelais. Di notevole interesse il ventiquattresimo tra questi, privo d’autore, col solo titolo a denudarne la singolarità: “Ubu roi”, “Ubu re”. Tra quelle figure così austere, un testo privo di volto. Le indagini d’una scienza esatta insieme con un’attenta ricerca archeologia hanno tuttavia permesso di ritrovare l’autore di quella grottesca drammaturgia e del suo maestoso protagonista: un giovanotto che aveva nome di Alfred Jarry.

Merdre!

Ubu Re Alfred JarrySemplice, l’esordio per bocca del Padre Ubu: <<Merdre!>>, stravagante crasi tra mère, madre e merde, la cui traduzione italiana sembra piuttosto trasparente. Così si presenta l’imponente mascalzone alla platea, dopo un appena udibile discorso a prefazione dell’opera per bocca dell’autore, trasportando sulla ventraglia la nota giduglia[2] a ghirigoro. Il 1896 sta per volgere a termine.

Padre Ubu agisce dentro l’ambiente d’un proscenio, come un fool shakespeariano cui sia stato donato il regno del protagonismo: è ormai capocomico. Recita? No, nessun chiacchiericcio teatrale. Jarry destruttura piuttosto la storia del teatro per mezzo d’una figura, al tempo stesso attore-personaggio, che sia macchina anarchica e burattinesca. In “Ubu roi”, prima opera della quadrilogia, non si descrive che la parabola d’un potere autofagocitante: dal proscenio, Ubu s’impossessa del Macbeth e decide d’impersonarne la figura con pavido entusiasmo. Sì, sarà Re di Polonia, assassinando il Re Venceslao e i suoi tre figli.

Il potere di Ubu

Se, nel corso tenuto al Collège de France nell’anno accademico 1974-’75 a titolo “Gli anormali”, Michel Foucault può sostenere l’identità ubuesca delle perizie giuridico-psichiatriche presentate quali introduzione a una discussione particellare sul corpo degli individui è perché quelle, proprio come l’Ubu narrato da Jarry, hanno luogo «a partire dalla squalificazione di colui che li produce». Il grottesco, meglio, il ridicolo di Ubu (e dunque del potere singolare che Foucault intende descrivere) è tuttavia non già da risolversi in una farsa ridanciana, bensì nella più terribile delle tragedie. Ubu è il ridicolo e il temibile che spalanca l’uscio sul retro e prende dalle quinte possesso della scena.

Con lui il resto degli ubicoli: la mère Ubu, infima e fedifraga; i servili palotini che si esprimo per mezzo d’una minacciosa ballata; Achras, <<studioso e allevatore di poliedri>>, come cita Alfredo Giuliani tra le pagine introduttive all’edizione Adelphi.

La genesi di Ubu

Nota, la genesi di Ubu, ricordata da Roberto Asnicar in quell’esaustivo volume sulla ‘Patafisica:

[…] a sedici anni, Jarry si trasferì con madre e sorella a Rennes, dove studiò nel locale Liceo; e in quel Liceo c’era un professore di fisica – tale Félix Hébert – privo di ogni autorità, ometto grottesco ridotto a zimbello degli studenti, che da generazioni lo prendevano in giro […]. […] Lo chiamavano Père Heb, ma anche Eb, Èbè, Èbon, Èbance, Èbouille. Attorno alla figura di quell’ometto circolavano fantastiche avventure: era addirittura l’eroe di una caleidoscopica chanson de geste liceale.

Padre Ubu attraversa l’intera scala sociale: è Re di Polonia, ma assassino, schiavo, vigliacco, cornuto. Così si conforma la mitologia di Ubu, l’epica cavalleresca di un combattente laido il quale raggiungendo il potere non può che abusarne.

L’ignobile doppio

Ubu Roi Alfred Jarry
Una marionetta raffigurante Padre Ubu durante una performance a Stoccolma nel 1964.

È l’eccesso costante, il mai sazio: in lui ogni gesto supera il vivere civile, lo precede. Ubu è l’avanguardia della civiltà, finanche del buongusto. Quando l’opera fu finalmente messa in scena, venne accolta da fischi e rimostranze della platea: il pubblico, in quel burattino che soccombeva alla sua stessa ambizione aveva ritrovato non solo un <<ignobile doppio>>, come pure ebbe a scrivere lo stesso Jarry in un articolo redatto per “La revue blanche” il primo gennaio 1987, ma pure il proprio più prossimo avvenire.

Ubu non è soltanto l’avanguardia, ma pure la divinazione della civiltà. Di notevole interesse che fuori da Ubu quale eccesso di mondanità, la produzione inconscia di una vita interiore sia relegata alla clausura. Ubu non ascolta la voce della coscienza, bensì quella del gorgogliare incessante dei propri nervi. È forse per tale ragione così maestoso? Leviatano della mediocrità e delle ambizioni ridicole, satira infiltrata nel mondo attraverso le spiraglio della drammaturgia. Oltre l’assurdo, la realtà. Ubuesca.

Antonio Iannone

[1] Sull’utilizzo dell’apostrofo quale primo grafèma del termine Patafisica, cfr. R. Asnicar, Della ‘Patafisica. Diverticoli sulla Scienza delle Scienze, Editrice La Mandragora, Imola 2013, p. 8, per cui <<l’apostrofo davanti alla paola indica una ‘Patafisica cosciente, l’assenza dell’apostrofo indica una patafisica incosciente>>.
[2] Naturale che per ventraglia s’intenda la grossa pancia di Padre Ubu. Con giduglia si indica invece la spirale di cui è adorna.

Bibliografia
R. Asnicar, Della ‘Patafisica. Diverticoli sulla Scienza delle Scienze, Editrice La Mandragora, Imola 2013.
M. Foucault, Gli anormali. Corso al Collège de France (1974-1975), a c. di V. Marchetti – A. Salomoni, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 2000.
A. Jarry, Ubu roi, Ubu cornuto, Ubu incatenato, Ubu sulla Collina, trad. di C. Rugafiori – B. Candian, Adelphi, Milano 1977.
A. Jarry, Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico, a c. di C. Rugafiori, Adelphi, Milano 1984.