Hobbes: la filosofia del corpo

Per comprendere come si sviluppi il ragionamento filosofico di Thomas Hobbes partiremo dalla concezione di filosofia prima che, secondo il filosofo, ha il compito di fondare esplicitamente la visione materialistica e meccanicistica della realtà; ma, per il filosofo inglese, fondare non vuol dire riferirsi ad una sostanza metafisica universale, quanto piuttosto fornire le definizioni nominali delle cose.

Per Hobbes il corpo sussiste di per sé

Hobbes
Thomas Hobbes

Hobbes definisce il corpo come “ciò che, non dipendendo dal nostro pensiero, coincide o si coestende con qualche parte dello spazio”. Notiamo che la nozione di corpo, dunque, designa qualcosa di esteso e di sussistente per sé, a prescindere dal fatto che noi possiamo immaginarlo o meno, e di esistente, cioè sussistente fuori di noi. In tal modo Hobbes vuole dirci non solo che trattiamo del corpo come qualcosa di esistente e indipendente dal nostro pensarlo ma ancora di più che “tutto ciò che esiste è corpo”. Infatti, come sappiamo, per Hobbes anche il nostro pensiero non è qualcosa di esistente in sé – come per Cartesio – ma solo una funzione di calcolo e un’attività linguistica provocata dalla trasmissione di moto sulla nostra sensibilità, dunque, sul nostro corpo; il corpo va dunque inteso nello stesso modo in cui Aristotele ha pensato la sostanza.

Quando pensiamo ai diversi modi con cui possiamo concepire un corpo, ma che non sono essi stessi corpo, parliamo di accidenti. L’accidente è definito da Hobbes come “una facoltà del corpo, mediante la quale esso imprime in noi il suo concetto”. Infatti, se per esempio guardiamo un oggetto, da un lato ci appare un lato di esso, da un altro lato un’altra parte ancora; e questo è dovuto alla sua estensione. Ancora, il fatto che un corpo si veda nella sua interezza in luoghi diversi è dovuto al suo essere in movimento. In questi casi, dunque, l’estensione e il movimento vanno intesi come le modalità con cui un corpo si lascia concepire da noi, ovvero come accidenti del corpo.

HobbesSpazio e tempo

Se l’estensione o la grandezza è “un accidente del corpoesistente fuori dalla mente, lo spazio invece è un effetto dell’estensione sul nostro pensiero: Hobbes lo chiama addirittura un “accidente della mente”, perciò lo spazio è sempre qualcosa di immaginario. Lo spazio in senso reale coincide sempre con l’estensione di un corpo e senza corpo non c’è spazio, mentre noi immaginiamo uno spazio irreale senza corpi. Confusi? Proviamo a capire meglio.

Lo spazio irreale può essere definito anche come “il fantasma di una cosa esistente in quanto esistente”, ossia, un’immagine vuota; analoga considerazione può essere fatta per il tempo, definito da Hobbes come “fantasma del moto, in quanto nel moto immaginiamo un prima e un poi, cioè una successione”. Il tempo dunque non è un’idea della nostra mente, la quale può pensare un corpo che passa in continua successione da un posto all’altro, anche qualora quel corpo non esista più, come quando ad esempio si pensa ad un tempo passato.

Se dunque spazio e tempo rappresentano solo dei concetti immaginari della mente, non restano che il corpo ed il moto a costruire delle nozioni reali, indipendenti cioè dal fatto di essere pensati o meno. Corpo e moto, costituiscono, dunque, i due pilastri su cui ruota l’intera concezione meccanicistica e deterministica che Hobbes ha della realtà.

La realtà

La realtà si configura, allora, come una successione concatenata e necessaria di fatti, prodotta dal movimento dei corpi, dalla trasmissioni di moto da un corpo ad un altro e dalla conseguente mutazione degli accidenti dei corpi.

Le discipline che spiegano tale costituzione della realtà sono la geometria e la fisica; la prima si presenta come una costruzione postulata dall’uomo ed ha la sua origine nel concetto di punto geometrico, da cui derivano tutte le altre figure- Successivamente Hobbes introduce una nuova concezione: la geometrizzazione della fisica, intesa quale scienza delle determinazioni quantitative del moto, come già aveva cercato di dimostrare Galileo Galilei con la sua meccanica. Nel suo procedimento, la fisica segue un ordine ben preciso che parte dalla sensazione e dal movimento dei corpi animati, per poi passare gradualmente al mondo astronomico, al calore, alla luce, alle meteore, ed infine alla gravità. La conoscenza umana, in quest’ambito, può giungere solo alla probabilità, mai alla certezza assoluta.

Come abbiamo potuto constatare, la filosofia ci appare, in epoca moderna – a gran voce – tutt’altro che la semplice e sterile meditazione; è un lavoro intellettuale faticoso quello dei filosofi moderni, un lavoro scientifico, molto più che umanistico.

Deborah Rosiello

Fonti

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Fonte immagini media I; II

Fonte citazioni: T. Hobbes, De Corpore, 1655