Canzone Dada, parole alla deriva

“Non ci costringeranno a mangiare il pasticcio putrefatto di carne umana che ci offrono” (H. Ball)

La linea di demarcazione del secolo ventesimo portava con sé impeti di innovazione e furiosi venti di conflitto. Nel 1909 Marinetti aveva cantato la guerra, le macchine, l’avvento di una nuova estetica basata sulla velocità e sull’energia caotica, dando così inizio a quel movimento dai sapori così agrodolci che fu il Futurismo. Lo sviluppo tecnologico sempre più vertiginoso incoraggiava l’idea del macchinismo quale espressione della potenza dell’uomo, indenne da ogni timore anche all’alba della generale mattanza della Grande Guerra.

Tuttavia nel 1916 c’era chi voltava le spalle all’ondata generale di belligeranza, preferendo un esilio volontario nella neutrale Svizzera, all’interno delle variopinte mura del Cabaret Voltaire di Zurigo. Si trattava di una schiera di artisti di varia nazionalità e genere, come Duchamp, Ball, Ernst, Apollinaire, Picabia, Ray, riuniti sotto il segno delle parole in libertà preconizzate dal firmatario del Manifesto Dada del 1918, lo scrittore di lingua francese di origini rumene Tristan Tzara, che nel 1923 così cantava:

I

la chanson d’un dadaïste
qui avait dada au coeur
fatiguait trop son moteur
qui avait dada au coeur

l’ascenseur portait un roi
lourd fragile autonome
il coupa son grand bras droit
l’envoya au pape à rome

c’est pourquoi
l’ascenseur
n’avait plus dada au coeur

mangez du chocolat
lavez votre cerveau
dada
dada
buvez de l’eau

II

la chanson d’un dadaïste
qui n’était ni gai ni triste
et aimait une bicycliste
qui n’était ni gaie ni triste


mais l’époux le jour de l’an
savait tout et dans une crise
envoya au vatican
leurs deux corps en trois valises

ni amant
ni cycliste
n’étaient plus ni gais ni tristes

mangez de bons cerveaux
lavez votre soldat
dada
dada
buvez de l’eau

III

la chanson d’un bicycliste
qui était dada de coeur
qui était donc dadaïste
comme tous les dadas de coeur

un serpent portait des gants
il ferma vite la soupape
mit des gants en peau d’serpent
et vient embrasser le pape

c’est touchant
ventre en fleur
n’avait plus dada au coeur

buvez du lait d’oiseaux
lavez vos chocolats
dada
dada
mangez du veau¹

Trarre dal Dada un senso ad ogni costo

La composizione trova un unico elemento di continuità nella ripetizione della parola “dada” e delle sue derivazioni. Dada si prefigura come una formula tuttofare, che si lega idealmente alla ripetizione di quelle imitazioni di slogan

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La rivista “Dadaphone”, che raccoglieva una grande varietà di idee e scritti dadaisti

pubblicitari come “mangez du chocolat” o “buvez de l’eau”, nel tentativo di sgretolare quei canoni estetici accettati senza giudizio dalla società; il costante rinvio agli slogan pubblicitari sembra inoltre presagire quello che sarà uno dei temi base della Pop Art, ovvero la riproduzione della cultura di massa e del consumismo nella creazione artistica a fini provocatori. Dada, termine che si ricalca sull’ecolalia tipica della fase infantile, quindi rievocante l’innocenza, rappresenta le derisione assoluta, la volontà di disfarsi delle vestigia della cultura tradizionale, rea di aver condotto la società verso la guerra.

La provocazione è massima, e l’intento dissacrante si esprime anche nel rifiuto della punteggiatura, delle maiuscole (come nel caso di nomi eminenti come “vatican” e “pape”). Parole che sembrano gettate lì per caso, mentre il testo sembra andare alla deriva, osservazione non marginale, poiché l’espressione che in francese si traduce con aller à vau-l’eau è richiamata per omofonia nel testo tramite le parole “eau” e “veau”.

I moduli della poesia contemporanea

Il critico francese Daniel Leuwers ha individuato cinque linee di forza caratteristiche della poesia contemporanea:

l’abbandono del verso a favore di forme più libere, l’integrazione delle forze del subconscio all’interno del flusso del linguaggio, la presa di coscienza del valore polisemico delle parole, il misto tra fascino ed emulazione suscitato sulla poesia da alcune arti sorelle, come pittura e musica, infine, la tentazione dell’impegno politico e civile.

Come si è visto, la prima caratteristica è totalmente accostabile alla nostra poesia; quanto all’elemento psichico, bisogna ricordare che dalle ceneri del Dada sorgerà il Surrealismo, ponendo maggiormente l’accento sugli automatismi della mente (ad esempio attraverso la pratica della scrittura automatica).

Come scrive Leuwers, il riconoscimento della polisemia è una caratteristica naturale della poesia. A differenza della prosa, la poesia deve basarsi su una scelta lessicale comprendente diversi significati ed interpretazioni, tramite l’ausilio del contesto e della sintassi. La poesia dada non intende offrire una definizione univoca della realtà, bensì di lasciar tentennare i nostri rapporti col reale e la società, utilizzando parole prive di senso per metterci in guardia contro i pericoli del discorso totalitario.

La tendenza Dada collegava imprescindibilmente le lettere e le arti figurative, tant’è vero che tra le sue file

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“Roue de bicyclette” di Marcel Duchamp, uno dei più noti ready-made (1913)

risultavano alcuni dei più grandi artisti della prima metà del ‘900. Uno dei suoi prodotti fu il concetto di ready-made, ovvero il “prefabbricato” applicato all’arte, attribuendo la qualità artistica ad oggetti di uso comune e quindi già presenti nell’immaginario quotidiano.

La più importante realizzazione della visualità in poesia venne raggiunta, inoltre, nel caso dei famosi calligrammi di Apollinaire.

Infine, molti dubbi rimangono quanto al motivo dell’engagement, vale a dire l’impegno politico. Come interpretare una delle parti più genuine del messaggio dadaista, ovvero il distacco dalla scena storica del Conflitto? Può essere visto come disimpegno la scelta in ogni caso ben precisa e ragionata di defilarsi dalla politica? Inoltre c’è da dire che non tutti i membri condividevano tale tendenza, come il tedesco George Grosz e in generale tutta l’area berlinese.

Al contrario alcuni dei successivi surrealisti, come André Breton e Aragon, si metteranno alla ricerca di un’ulteriore realizzazione tra le file della sinistra negli anni della Resistenza

Si può dire che il Dadaismo sia stato solo una breve parentesi, peraltro fondata su pilastri evanescenti e sfuggevoli ai più: “Dada non significa nulla” scriveva Tzara nel Manifesto. Eppure ha influenzato grandemente un ramo delle lettere e della arti contemporanee, in un’eredità che non è stata ancora del tutto esaurita nelle sue potenzialità.

Daniele Laino

Bibliografia

[1] Tzara, T., De nos oiseaux, 1923.

[2] Riferimenti: Poètes français des XIXe et XXe siècles, a cura di S. Gaubert e D. Leuwers, LGF, 1987.