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1933 – Berlino nazista

Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler viene nominato cancelliere. Da quel momento, il destino della Germania è strettamente legato al destino di Hitler. Berlino e il cosiddetto Reich saranno trascinati in un progetto di vera e propria conquista del mondo, iniziato col progetto di unificazione di tutti i territori abitati dai Tedeschi e proseguito con il tentativo di espansione verso l’Est Europa. La Germania uscì devastata dalla Seconda Guerra Mondiale e di molti edifici di Berlino rimasero solo macere a seguito dei pesanti bombardamenti. Ancora oggi Berlino ha l’aspetto di una città senza identità, dilaniata dal Nazismo prima e dal muro poi.

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Berlino: “Capitale mondiale Germania”

Berlino diventa, con la Seconda Guerra Mondiale, la città più bombardata della storia. Chi oggi visita Berlino può notare come sia rimasto poco della Berlino ante-guerra: può apparire come una città senza storia, i cui palazzi sono eredità della DDR o della gestione della Germania federale.

Nei piani di Hitler, Berlino doveva essere cosa ben diversa: è il progetto della Capitale mondiale Germania, un completo rifacimento della città che avrebbe dovuto guidare il mondo intero.

L’Olympiastadion, fatto costruire per le Olimpiadi del 1936, è ciò che resta di quel progetto.

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Hitler secondo Thomas Mann

Nel 1939 Thomas Mann pubblica un articolo dal titolo “Fratello Hitler” in cui non mancano le sue considerazioni sull’ascesa del dittatore tedesco.

Nonostante l’orrore per le tante vittime che la follia del fratello Hitler ha causato, «il fenomeno della sua esistenza» esercita sui tedeschi e gli europei un certo fascino. Ciò, osserva Mann, è dovuto «a una catena di circostanze straordinariamente felici – ovvero infelici (…)», ossia alla fortuna di aver collezionato, una dopo l’altra, «una vittoria sul nulla (…) senza incontrare la minima resistenza».

Le “particolarità” del fratello Hitler, ossia risentimento, sete di vendetta, incapacità a svolgere qualsiasi lavoro, compreso quello dell’artista (qui non manca l’allusione agli anni in cui il dittatore, disoccupato e senza fissa dimora, cercò invano di essere ammesso alla prestigiosa Accademia di Belle Arti di Vienna), si legano al senso d’inferiorità, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, del popolo tedesco.

Quest’ultimo, messo in ginocchio dalle pesanti sanzioni postbelliche, non riesce a ritrovare quella che Mann definisce «la giusta via» e ha come unico obiettivo quello di restaurare il proprio onore. Dunque, su cosa ha puntato Hitler per avere così tanto successo in Germania? Sulla sua eloquenza, scrive Mann. L’efficacia dialettica di Hitler, osserva l’autore, non esercita il suo potere solo in Germania, ma anche in tutta Europa. Proprio per questa sua particolare caratteristica, non si può fare a meno di nutrire per questa figura «una certa disperata ammirazione».

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Il Nazismo: figlio del dopoguerra

La Germania del primo dopoguerra, che fu battezzata come la Repubblica di Weimar, nacque debole e incapace di disinnescare le tensioni sociali.
Nel 1929, dopo un periodo di apparente stabilità politica e ripresa economica drogata dal Piano Dawes, la scia del crollo di Wall Street segnò l’inizio della fine per la Repubblica di Weimar.

Il paese ripiombò nella crisi economica e istituzionale e cominciò l’era dei gabinetti di nomina del presidente von Hindenburg, che preludevano al cancellierato di Hitler.
I nazisti si proclamavano portatori di un cambiamento e di una nuova cultura, che si rifaceva alle antiche saghe nibelungiche mistificate ad hoc. Si trattava di un pensiero paganizzante e pronto a scagliarsi contro gli Ebrei come presunti colpevoli di tutti i problemi della Germania. Dal 1933 non si poté più tornare indietro.

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La Seconda Guerra Mondiale: l’Europa in rovine

La distruzione di molte città durante la Seconda Guerra Mondiale fu massiccia sopratutto nel Nord-Est Europa, in paesi come l’Ucraina, la Polonia, la Russia e anche la stessa Germania.

Paesi in cui tutte le città videro la guerra per un tempo più lungo come quelle in Polonia, primo stato ad essere occupata da Hitler, o che vissero i momenti peggiori del conflitto, come le fasi conclusive della liberazione da parte delle forze Alleate. Quest’ultimi furono i momenti più duri, durante i quali la distruzione avvenne sia per mano Alleata che per mano tedesca o da entrambe le parti, con lo scopo di indebolire il nemico.

Facendo una stima veloce possiamo dire che molte di esse persero il 50 o l’80% dei propri edifici e vedremo anche esempi di distruzione totale pari al 100%.

A Berlino e alle altre città della Germania come Colonia e Monaco toccò la sorte più dura: si conta che tra i 18 e i 20 milioni di tedeschi rimasero senza casa.

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Il Totalitarismo: il nuovo sistema di governo del Novecento

Il Nazismo è ricordato come il totalitarismo per eccellenza, nonostante non fosse l’unico. Ma cos’è il Totalitarismo? Si tratta di un sistema di potere dittatoriale in cui il dittatore di turno stabilisce un controllo totale dell società. Ad analizzare nel profondo i totalitarismi è stata Hannah Arendt nel suo “Le origini del Totalitarismo” del 1951. Il requisito primigenio per l’affermazione di un regime totalitario, per Hannah Arendt, è la presenza della “massa”.

“I movimenti totalitari trovano un terreno fertile per il loro sviluppo dovunque ci sono delle masse che per una ragione o per l’altra si sentono spinte all’organizzazione politica, pur non essendo tenute unite da un interesse comune e mancando di una specifica coscienza classista, incline a proporsi obiettivi ben definiti, limitati e conseguibili”

I totalitarismi si appoggiano su masse apolitiche, le quali si rapportano con disprezzo verso i sistemi democratici, e si mettono, invece, nelle mani del leader carismatico, accettando la deriva totalitaria del suo movimento. Per affermare e mantenere solido il proprio potere, dice la Arendt, i regimi totalitari fanno largo uso della violenza.

L’enorme ruolo che hanno avuto i regimi totalitari nella prima metà del Novecento ha fatto sì che venissero scritti molti romanzi distopici, ossia ambientati in una fittizia epoca storica caratterizzata da opprimenti regimi totalitari. Tra queste opere spicca sicuramente “1984” di George Orwell, pubblicato pochi anni dopo la Seconda Guerra Mondiale.

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Heidegger e il rapporto col Nazismo

Heidegger fu nazista? Forse il maggiore filosofo del Novecento ebbe un rapporto molto congtroverso col Nazismo.La sua immagine è stata di recente offuscata dalla pubblicazione dei cosiddetti Quaderni Neri, in cui emerge un antisemitismo piuttosto convinto. Se l’accostamento di Nietzsche al Nazismo può essere escluso, per quanto riguarda Heidegger la questione rimane molto controversa.

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La Shoah: Dio è morto ad Auschwitz

“Dov’era Dio ad Auschwitz? E io sentivo in me una voce che gli rispondeva: Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca…”.

Nessuna “provvida sventura”, nessun disegno di Dio può esserci nell’Olocausto, come nessun principio teologico può giustificare, porre rimedio, trovare un nesso, anche solo lessicale, tra la parola “annientamento” (“shoah”) e le parole “redenzione” “speranza” “perdono”.

Dire “Dio” ad Auschwitz è un non senso, di Dio non è permesso parlare. Lo stesso Primo Levi con “Se questo è un uomo” intende automaticamente chiedersi “Se questo è un Dio”, un Dio diventato anch’esso una macchina da guerra, un presagio di morte.

Possiamo notare come infatti lo schema narrativo dell’omonima opera, sia fortemente improntata sull’Inferno dantesco: nell’Inferno Dio non c’è, Dio è lontano. “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate” è scritto sulla porta d’accesso, come su quella dei lager c’è scritto “il lavoro rende liberi”.

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Nietzsche: tutto fuorché nazista

Una lettura purtroppo molto diffusa vuole Nietzsche un anticipatore del nazismo, basandosi su una erronea interpretazione dei concetti di Superuomo (in realtà Oltreuomo) e Volontà di Potenza.

Secondo questa interpretazione, il nazismo si sarebbe basato su questa presunta superiorità nei confronti dell’altro.

In realtà Nietzsche era il peggior nemico della società massificata su cui si basava il Nazismo e sul consenso dittatoriale sul popolo su cui si basava il potere di Hitler.

Il pensiero di Nietzsche era in realtà elitario, prospettando una rinascita culturale del mondo a partire da poche decine di persone. Si tratta di qualcosa di molto più complesso di come spesso viene fatto passare.

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