Giappone

“Evoluzione e rappresentazione simbolica del gioco del Go” di Marco Milone

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A differenza delle forme scacchistiche dove ogni pezzo ha un suo significato intrinseco, che si esprime nella sua capacità di espressione (movimento) e nel suo destino (la partita si conclude con la morte del re, e qualsiasi pezzo può essere sacrificato in virtù della sua difesa), nel gioco del go invece ogni pietra ha lo stesso valore e contribuiscono a creare uno scenario unitario che continua fino a quando la partita non raggiunge un punto di stasi.

“Evoluzione e rappresentazione simbolica del gioco del go”, Marco Milone.

Quando si parla di pedine, schemi e mosse, nell’immaginario comune occidentale, si immagina spesso una scacchiera bianca e nera con le sue regole talvolta complesse, talvolta affascinanti. Il principio base del gioco degli scacchi è un ordine gerarchico in cui tutte le pedine devono esser disposte a sacrificarsi pur di proteggere il re. Il gioco del Go, invece, racconta una storia diversa: e se invece tutte le pedine avessero lo stesso diritto di esser salvate?

(…) una metafora dell’individuo intrappolato nella vita che persegue, come non vi fosse alcuna possi-
bilità di fuggire il ciclo della sofferenza se non attraverso la morte (o l’illuminazione).

Il Go è un gioco da tavolo strategico che richiede due giocatori. I due giocatori collocano delle pedine (o pietre) bianche e nere su una “scacchiera” chiamata goban. Lo scopo della partita è conquistare più spazio possibile sul goban e posizionare le pietre affinché non possano essere catturate.

La semplicità della descrizione non dovrebbe trarvi in inganno; si stima che ci siano quasi 2,08×1017 combinazioni possibili e, in aggiunta, un antico proverbio coreano dice che nessuna partita di go è mai stata giocata due volte.

Making a Move, DrogonImages, Stock Adobe

Il gioco del Go nel libro di Marco Milone

Marco Milone è uno studioso iamatologo autore di libri sulla cultura giapponese come Per un introduzione sugli Emaki (2020, ne parlo qui), Lo scintoismo (2021) e diversi articoli anche sulla cultura cinese consultabili sul profilo Linkedin.

Il libro Evoluzione e rappresentazione simbolica del gioco del Go è un punto di riferimento interessante per chi volesse approfondire le origini e dinamiche del Go. L’autore dedica spazio non solo alla nascita del gioco nella conoscenza folkloristica, ma anche alla sua diffusione in Asia, in particolare in Cina, Giappone, Corea, Vietnam e al di fuori dei confini asiatici. Ogni capitolo è dedicato anche con un ulteriore sotto paragrafi a personaggi importanti per lo sviluppo del gioco.

La caratteristica peculiare dei libri di Milone è l’accessibilità ad ogni tipo di lettore, dal più esperto, passando al curioso fino a chi si approccia per la prima volta alla cultura nipponica. Un altro elemento interessante è l’aggiunta di molte note a piè di pagina, rendendo la lettura agibile per chi non ha alcune conoscenze preliminari per poter comprendere appieno il testo. Il libro nel complesso si presenta avvincente e una buona fonte di studio o approfondimento di un gioco affascinante, qual è il Go.

Milone, Marco (2020): Evoluzione e rappresentazione simbolica del gioco del Go, Editore Aracne.

Il gioco del Go in Giappone

Il Go arriva in Giappone dalla Cina tra il V e il VIII secolo d.C. Secondo una leggenda popolare, il gioco prende le sue origini dell’Imperatore cinese Yao che avrebbe inventato il wei chi (termine cinese per Go) per aiutare il figlio Dan Zhu che non era dotato di particolare intelletto. In alcuni scritti si narra che Dan Zhu fu così condizionato dal gioco da diventarne un vero campione e ormai ossessionato non aveva tempo per altre attività.

Quando i ministri cinesi visitavano in carica ufficiale il Giappone, era consuetudine scrivere dei registri tenendo nota dei comportamenti e usanze della popolazione. Alcune fonti attestano che “i giapponesi erano pii buddisti e che gli piaceva spendere il loro tempo giocando a go, sugoroku (due giochi da tavoliere) e giochi d’azzardo”. Dunque si potrebbe presumere che il gioco del Go era ben consolidato come passatempo nelle usanze nipponiche.

Una leggenda contenuta nel Godansho, un’opera a cura dell’intellettuale e ufficiale giapponese Oe no Mufasa (1041-1111 d.C.), racconta la storia del primo giapponese a giocare a Go: Kino no Makibi (695-775) era un ufficiale del periodo Nara, inviato a studiare in Cina, poiché la Cina era considerata un centro di grande conoscenza letteraria e scientifica. Durante il soggiorno in Cina, i cinesi erano molto gelosi delle abilità di Makibi tanto da sovraccaricarlo di mansioni difficili e umiliarlo pubblicamente: tra le mansioni, doveva sconfiggere un esperto giocato di Go, nonostante non conoscesse le regole del gioco. Una notte ricevette una visita da un fantasma di un giapponese condannato a morte dai cinesi che gli spiegò le regole del gioco del Go osservando un Goban apparso sul soffitto. Il giorno seguente, il risultato della partita fu una patta, ma Makibi ingoiò furtivamente una delle pietre (pedine) e così vinse la partita. Secondo il rotolo Illustrante la vita di lord Kibi in Cina, i cinesi avrebbero cercato invano la pietra mancante nelle feci di Makibi.

Shinto priest and an actor playing a game of Go, 日下部 金兵衛 (1841 – 1934), Okinawa Soba

Il gioco del Go nel mondo

Non sussistono prove concrete dell’importazione del Go in Europa prima del Seicento, sebbene ci siano state fonti pubblicate dai gesuiti in cui descrivono l’affascinante meccanica del gioco durante le missioni di conversione in Cina. Tuttavia, verso la fine del Settecento e inizio Ottocento, il Go fu divulgato tra gli Europei e i Portoghesi furono i primi ad averne accesso (quest’ultimi anche ben prima del Settecento). Il gioco era conosciuto ma non le regole, il filosofo tedesco Leibniz pubblicò un articolo intero sul gioco del Go.

Facendo un salto temporale verso il Novecento, nascono in Europa e negli Stati Uniti le prime associazioni occidentali per i giocatori di Go e nel 1937 l’Associazione Tedesca del Go organizzò il primo Campionato europeo. Nel 1958, dopo una lunga pausa a causa della Seconda Guerra Mondiale, il campionato ripartì promuovendo ulteriormente la diffusione del gioco e portando all’apertura di ulteriori club goistici. Il 18 Marzo 1982 è stata fondata a Tokyo la Federazione Internazionale del Go (Kokusai Igo Renmei) e nel 1992 è stato fondato il Centro Europeo del Go in Amstelveen, Olanda.

La vera ascesa del Go fu negli anni Settanta, quando incominciarono ad esserci le prime partite tra professionisti provenienti da ogni nazione. Ricordiamo tra i tornei più famosi: The World Ing Cup, un torneo quadriennale con un montepremio di €1 milione ed eventi annuali come la Fujtsu Cup e la Samsung Cup.

Circa 300 bambini in un campionato mondiale a Seoul, Reuters

Il Go e gli scacchi

Sono state sviluppate diverse teorie comparatistiche tra il Go e gli scacchi: nel gioco degli scacchi, il giocatore più forte è colui che sa pensare analiticamente e ha una grande capacità di calcolo mentre nel gioco del Go si gioca con l’intuito, si riconoscono i pattern e ci si rifà all’esperienza di partite precedenti.

Questa osservazione proposta dall’autore è interessante poiché sembra dimostrare che i giocatori occidentali siano più inclini ad un approccio matematico-analitico piuttosto che ad un approccio intuitivo-istintivo dei giocatori asiatici.

Bibliografia

Milone, Marco (2020): Evoluzione e rappresentazione simbolica del gioco del Go, Editore Aracne.

Francesca Calabrese

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Francesca Calabrese

Studentessa in Master in Multilinguismo e acquisizione delle lingue straniere alla Vrije Universiteit Bruxelles. Ex Studentessa in Lingue e culture comparate in tedesco e giapponese all'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Attualmente mi sto specializzando nell'insegnamento della lingua italiana per studenti francofoni e tedescofoni. Recentemente sono diventata giornalista con specializzazione in geopolitica presso l'EastWest Institute. Mi interesso di lingue, psicologia delle lingue, apprendimento delle lingue straniere, linguistica, letteratura, cultura, sociolinguistica e sociologia, geopolitica e politica italiana. Sono poliglotta: parlo tedesco, giapponese, francese, inglese e olandese.

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