Giappone

“Per un’introduzione sugli Emaki” di Marco Milone: analisi e recensione

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L’emakimono – comunemente chiamato emaki – è un’opera narrativa illustrata minuziosamente da artisti su carta, sviluppata tra l’XI e il XVI secolo in Giappone. L’emakimono unisce sia testo che immagini, può essere sia dipinto che stampato, ed assume la forma di un rotolo avvolto intorno ad un asse in legno o avorio.

Gli Emaki sono letteralmente “rotoli” concepiti per esser letti attraverso una sequenza alternata di scene man mano che si scende giù, tirando delicatamente una cordicella (himo) di circa trenta centimetri.

Gli Emaki spiegati dal libro di Marco Milone

Il testo di riferimento utilizzato per l’articolo è “Per un’introduzione sugli emaki” dello studioso eclettico Marco Milone (Mimesis Edizioni, 2020).

Il libro, ricco di spiegazioni e chiarimenti sugli Emaki, rappresenta un ottimo supporto sia per gli studiosi di letteratura giapponese sia per gli appassionati del Giappone. La scrittura ha uno stile semplice, di conseguenza la lettura risulta scorrevole e comprensibile rendendolo un testo accessibile ad ogni tipo di lettore, anche per chi si approccia per la prima volta a questo genere di argomento. Questo particolare è interessante perché molto spesso i testi, che trattano di argomenti molto specifici, sono di difficile comprensione a causa di un linguaggio sovraccarico di tecnicismi. La struttura degli argomenti permette un consulto veloce senza bisogno di dover leggere il libro integralmente.

L’autore Marco Milone ha scritto diversi articoli e libri sulla cultura giapponese classica (Ukiyo-e, Emaki, Shinto), ricopre l’incarico sia di film producer sia di critico cinematografico. E’ stato invitato in diverse occasioni a convegni universitari sulla cultura nipponica (Università degli studi di Palermo e al Conservatorio Bellini); ha partecipato a vari festival tra cui il XVII Festival Giapponese di Firenze nel 2015 per la selezione di cortometraggi giapponesi indipendenti.

Per una introduzione sugli emaki, Marco Milone, Mimesis Edizioni, 2020.

La storia degli Emaki

Le origini degli Emaki risalgono alla Cina, e in misura minore, in India e Corea. Intorno al I secolo d.C. viene inventata la carta in Cina e i primi rotoli narrativi arriveranno subito dopo, già lungi di una tradizione di illustrazione come le decorazioni parietali nelle camere funerarie trovate in Cina nel III secolo d.C. che mostrano un susseguirsi di scene, anticipo di ciò che sarà la caratteristica tipica degli Emaki. I primi rotoli arrivarono in Giappone nel IV secolo d.C. attraverso i monaci buddisti, a seguito dell’introduzione del Buddismo in Giappone e Corea nel 538.

Come quasi tutte le arti giapponesi, i primi emaki sono fortemente influenzati dalla tradizione cinese, ma sarà a partire del periodo Heian che l’arte e di conseguenza, gli emaki, assumeranno un carattere tipicamente nipponico. Infatti, “se i rotoli cinesi avevano principalmente lo scopo di illustrare i principi trascendentali del Buddismo e paesaggi sereni, quelli giapponesi, invece, concentreranno la loro attenzione sulla vita quotidiana e sull’uomo, trasmettendo dramma, umorismo e romanticismo.” Tuttavia, il “periodo d’oro” degli Emaki sarà a partire dal periodo Kamakura (1185-1333 d.C.): sotto la spinta della nuova classe guerriera al potere (shogun) e le sette buddiste, la produzione di emaki è molto sostenuta e variegata.

Nel Giappone medievale (a partire dal periodo Kamakura), troviamo pure degli atelier di pittori professionisti (edokoro). Ce ne sono di diversi tipi: quelli nei pressi del corte imperiale (kyūtei edokoro), quelli attaccati ai principali templi e sentuari (jīn edokoro) o ancora, quelli ospitati da personaggi di una certa fama.

Edokoro Allan West nel suo atelier a Tokyo

I temi degli Emaki: dal periodo Heian al periodo Kamakura

I primi temi del periodo Heian sono legati alla letteratura e alla poesia waka (la poesia giapponese per eccellenza). Le illustrazioni rappresentano maggiormente stagioni, calendari delle cerimonie, campagne e paesaggi famosi.

Successivamente con l’inizio del periodo Kamakura, i soggetti rappresentati saranno prevalentemente guerrieri e sette buddiste. Eppure, non mancheranno i temi laici, tanto cari ai lettori giapponesi, come leggende popolari nelle quali appaiono yokai (demoni), dame, imperatori e divinità. Se durante il periodo Heian, osserviamo la ripetizione di temi come la vita a corte e la malinconia buddista legata all’evanescenza delle cose, il periodo Kamakura vedrà l’entrata in scena di mercanti e popolani, poiché ci sarà proprio l’affermazione della figura del commerciante che determinerà nuovi gusti e opere letterarie. La nobiltà ristagnerà ancora nei temi del periodo precedente.

Tosa Mitsunobu (1469 – 1522) –
La favola del ratto (Nezumi zōshi emaki)

La struttura degli Emaki

La carta e la seta

Generalmente gli Emaki sono realizzati su un tipo di carta tipicamente giapponese chiamata washi (o talvolta anche la seta). Essendo le fibre della washi più lunghe, la carta risulta più robusta e i colori richiedono una tecnica speciale per essere applicati e assorbiti: i pigmenti (iwa-enogu) non sono solubili in acqua e richiedono un legante, gli artisti utilizzano di regola la colla animale. Per quanto riguarda l’inchiostro, viene utilizzata una miscela di legante e fumo di legna.

La calligrafia

La calligrafia ha un ruolo determinante per la cultura giapponese. Prima dell’arrivo delle emoji, la calligrafia permetteva di decifrare i sentimenti dello scrittore e veicolare le stesse sensazioni ai suoi lettori. Di conseguenza, la calligrafia degli Emaki è altrettanto essenziale per suggerire la grandiosità o tragicità di un racconto. Gli artisti utilizzano un pennello e variando lo spessore della linea distinguiamo due stili: otoko-e – stile pittorico maschile – ovvero uno stile dinamico tipico delle scene di battaglia e onna-e – stile pittorico femminile – una tecnica più leggiadra e carica di sentimento, ottimale per i romanzi. Di seguito, l’inchiostro viene diluito per ottenere un nero acceso, visto che dal momento dell’applicazione, il colore sarà assorbito dalle fibre così tanto che diventerà un grigio chiaro.

Kegon Gojūgo-sho Emaki (Todaiji)

late 12thC, Todaiji, Nara, Japan (National Treasure)

Le immagini pittoriche

Le immagini vengono stirate e allungate, incollate sul supporto di carta o seta, asciugate e spazzolate da un artigiano specializzato (kyoshi). L’unione dei vari fogli di carta richiede una ulteriore attenzione: i fogli vengono prima rivestiti di carta fiore (data l’estrema fragilità) per poi esser incollati uno alla volta con colla animale fino ad ottenere un rotolo di circa due o tre metri. La copertura finale per preservare l’intero rotolo, è spesso fatta di seta, talvolta persino decorata al suo interno (mikaeshi) con polvere d’oro e d’argento.

L’ordine tra testo e dipinto

La giustapposizione tra testo e pittura può variare a garbo dell’interpretazione dell’artista.

I critici d’arte ne hanno individuato di 3 tipi: 1. Alternanza tra testo e pittura (danraku-shiki), 2. L’intermittenza ovvero i testi vengono visualizzati all’inizio o alla fine del rotolo (rusogata-shiki o renzoku-shiki), 3. Il testo intercalato come se i personaggi stessi prendessero la parola, quest’ultimo si potrebbe definire un probabile antenato dei moderni manga.

Francesca Calabrese

Bibliografia:

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Francesca Calabrese

Studentessa in Master in Multilinguismo e acquisizione delle lingue straniere alla Vrije Universiteit Bruxelles. Ex Studentessa in Lingue e culture comparate in tedesco e giapponese all'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Attualmente mi sto specializzando nell'insegnamento della lingua italiana per studenti francofoni e tedescofoni. Recentemente sono diventata giornalista con specializzazione in geopolitica presso l'EastWest Institute. Mi interesso di lingue, psicologia delle lingue, apprendimento delle lingue straniere, linguistica, letteratura, cultura, sociolinguistica e sociologia, geopolitica e politica italiana. Sono poliglotta: parlo tedesco, giapponese, francese, inglese e olandese.

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