Deja vu: le teorie secondo la psicologia

Il deja vu (dal francese déjà vu, “già visto”) è la comune sensazione di aver già vissuto un’esperienza che sta avvenendo in quel momento per la prima volta.

Pare che più del 65% della popolazione generale abbia sperimentato almeno una volta nella vita un deja vu, e il più delle volte senza alcuna conseguenza sulla salute. A percepirli sono soprattutto persone giovani, mentre l’incidenza si riduce all’aumentare dell’età. I deja vu sono inoltre più frequenti tra persone di alto livello d’istruzione e tra coloro che viaggiano spesso. Non sembrano esserci significative differenze tra maschi e femmine.

Per spiegare queste peculiari sensazioni si sono scomodate bizzarre e improbabili teorie, dai viaggi del tempo a frammenti di ricordi di “vite passate”. Tuttavia, volendo parlarne in maniera scientificamente plausibile, bisogna entrare nel campo delle neuroscienze e quindi snocciolare ipotesi neuropsicologiche.

Perché abbiamo i deja vu?

Per spiegare quali sono i processi nel cervello che provocano il deja vu sono state formulate alcune ipotesi. Queste diverse teorie prendono in considerazione un meccanismo comune: un errore della coscienza che identifica un’esperienza attuale come un ricordo lontano nel tempo.

Le quattro ipotesi sono:

  1. anomalie del dual processing;
  2. disturbi neurologici;
  3. errori della memoria;
  4. deficit dell’attenzione.

1) Alterazioni del Dual processing

Questa teoria prende in considerazione il dual processing, cioè il fenomeno per cui due processi cognitivi diversi agiscono insieme e contemporaneamente per integrare le informazioni percepite. Quando questi processi duali funzionano momentaneamente fuori sincrono si può generare il deja vu.

Bergson
Henri Bergson

Un esempio di processi cognitivi duali sincroni sono la memoria e la percezione. Una teoria proposta da Henry Bergson sostiene che la memoria si formi gradualmente man mano che l’individuo percepisce un’esperienza “come un’ombra segue il corpo che la crea”. Talvolta la distrazione e la fatica mentale possono comportare un’incrocio tra queste due funzioni cognitive. Come similitudine si può pensare a due soldati che marciano in formazione stretta: se il soldato davanti si ferma improvvisamente quello dietro andrà a scontrarvisi. Dunque, se la memorizzazione dell’informazione avviene nel momento stesso in cui quella informazione viene percepita, si ha la sensazione di deja vu.

Un altro esempio di due processi cognitivi sincroni è l’insieme di codifica della memoria e il recupero dell’informazione memorizzata. De Nayer (1979) ha proposto la metafora del registratore a nastro. Normalmente, la codifica e il recupero della memoria operano in a maniera simile ai tasti “registra” e “play” (rispettivamente): i due tasti del registratore però non possono essere premuti contemporaneamente. Raramente, invece, la memoria di una persona può avere “entrambi i tasti attivati” durante un’esperienza, creando una falsa sensazione di familiarità per una nuova informazione.

2) Deja vu come disturbo neurologico

Il deja vu può essere anche spiegato da teorie strettamente neurofisiologiche, che indagano il funzionamento biologico dei neuroni e dei circuiti nervosi che stanno alla base dei nostri processi cognitivi.

Il deja vu può essere presente, ad esempio, come sintomo caratteristico di alcuni tipi di epilessie. L’epilessia è un disordine neurologico caratterizzato da una scarica neuronale sincronizzata e anomala. Questo porta a un’iperattivazione patologica di una o più aree cerebrali.

Le epilessie parziali che coinvolgono il lobo temporale mediale (area cerebrale dov’è situato l’ippocampo, struttura deputata alla memoria episodica) possono dar luogo a deja vu o a jamais vu. I jamais vu sono il contrario dei deja vu, cioè sensazione di non aver mai vissuto l’esperienza che si sta vivendo in quel preciso momento. In questo tipo di epilessia possono associarsi anche fenomeni più complessi come vivide allucinazioni di carattere onirico (dreamy state).

epilessia temporale
Elettroencefalogramma di paziente con epilessia temporale

Tuttavia, alcuni studi pongono l’attenzione sulle differenze tra i deja vu in soggetti epilettici e quelli nei soggetti sani. Infatti in questi ultimi non si evidenziano alterazioni né all’elettroencefalogramma né nell’imaging del lobo temporale.

Un’altro possibile meccanismo è un momentaneo ritardo nella trasmissione neuronale dagli organi percettivi verso i centri cerebrali superiori. Dunque, a causa di una disfunzione sinaptica che causa il rallentamento dell’impulso di pochi millisecondi, l’informazione attuale viene riconosciuta erroneamente come vecchia.

3) Errori della memoria

Un’altra teoria considera la possibilità che i deja vu possano essere generati dal rievocare il ricordo di una situazione realmente vissuta in passato, ma da cui non si sia formata una memoria esplicita (episodica).

deja vu
La persistenza della memoria, Salvador Dalì

Una possibile spiegazione viene fornita dalla teoria della familiarità per il singolo elemento. Cioè, il deja vu può essere interpretato come un sentimento di familiarità per un’intera situazione (setting) che è stato in realtà innescato dalla familiarità verso un singolo elemento del setting attuale. Ad esempio, si può avere un deja vu in occasione di una visita a casa di un amico che ha in salotto un orologio che ricorda quello di un proprio parente. La reazione di familiarità verso questo orologio viene erroneamente interpretata come una familiarità per l’intera situazione (visita a casa dell’amico).

4) Deja vu da distrazione

La quarta teoria si fonda sull’ipotesi che la distrazione (o inattenzione) possa “dissociare” una nostra percezione in due esperienze cognitive separate. Ad esempio, si può ricevere uno stimolo mentre si è distratti e quindi non farci caso (esperienza inconscia). Poco dopo si può invece porre attenzione verso quello stesso stimolo e rendersene conto (esperienza conscia).

Ciò avviene a causa di un fenomeno detto attenzione selettiva, per la quale non portiamo alla nostra coscienza tutti gli stimoli che riceviamo ma solo quelli su cui siamo focalizzati.

Pertanto, nel momento in cui facciamo attenzione ad un dettaglio che in realtà noi avevamo già percepito (seppur per via subliminale e inconscia), noi possiamo percepirlo come un deja vu.

Conclusioni

I deja vu restano fenomeni affascinanti e misteriosi su cui si sono formulate numerose ipotesi. Quelle precedentemente elencate non sono le uniche teorie maggiormente accreditate. Inoltre si continuano a studiare i numerosi meccanismi alla base di questi particolari eventi psichici. Tuttavia appare chiaro che la semplice presenza di deja vu senza disturbi associati è da considerarsi benigna nonché estremamente comune nella popolazione.

Antonio Spiezia

Bibliografia

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