Piazza Fontana: l’attentato del 12/12/1969

Il 12 dicembre 2019 è ricorso il 50° anniversario dalla strage di Piazza Fontana a Milano. Essa è stata definita la “madre di tutte le stragi”, in quanto diede inizio a tutta una serie di attentati che sconvolsero la popolazione italiana lungo il decennio degli anni ’70.

Quel crimine diede avvio, nel corso degli anni, a ben cinque processi, in cui si cercò di trovare colpevoli e mandanti. Ma ancora oggi non tutta la verità è venuta a galla, per un massacro che provocò 17 morti e 88 feriti.

Il clima prima di Piazza Fontana

L’ autunno caldo

Piazza Fontana fu il punto di non ritorno dell’esasperazione di un clima di conflittualità sociale che prendeva sempre più piede in Italia. Solitamente tale periodo ricade sotto la denominazione di autunno caldo.

La rivolta studentesca, la quale aveva preso piede già dal 1967, si era protratta per tutto il 1968 e aveva fortemente irradiato di novità e attivismo la società italiana. I risultati furono ben miseri, ma le idee degli studenti si trasferirono dagli atenei alle fabbriche.

Cominciò allora a consolidarsi una forte coscienza di classe da parte degli operai, soprattutto nelle fabbriche del triangolo industriale (Milano-Torino-Genova). Furono soprattutto i lavoratori del settore metalmeccanico ad indire, attraverso l’ausilio dei sindacati, tutta una serie di scioperi per cercare di ottenere un progressivo miglioramento delle condizioni lavorative, reclamando più diritti.

Lotta continua

Nel 1969, a Torino, sull’onda del movimento studentesco e delle lotte operaie alla Fiat, nacque Lotta continua. Organizzazione di sinistra i suoi interessi si spostarono poi anche al Mezzogiorno, distanziandosi spesso anche dalla sinistra tradizionale. Si avvicinò brevemente al PCI intorno al 1974, ma si dissolsi a fine decennio dopo l’adesione a Democrazia proletaria.

Come Il Manifesto, giornale dichiaratamente comunista, Lotta continua pubblicò a partire dal 1972 e fino al 1981. Questo movimento fu protagonista, come vedremo, di un avvenimento legato alla strage di Piazza Fontana.

Le tendenze politiche convergenti su Piazza Fontana

A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 si succedettero una serie di governi di centro-sinistra che, per le discrepanze interne alla maggioranza, cioè fra democristiani e socialisti, non riuscivano a completare le riforme che da tempo era necessario attuare, come quelle sui diritti dei lavoratori.

Si ottennero dei risultati concreti nel 1970, con lo Statuto dei lavoratori (L 300 20/5/1970). Ma se i socialisti si dividevano internamente e il PCI aveva un ruolo relativo nel dibattito politico, una componente di estrema destra extraparlamentare di matrice chiaramente neofascista.

La strage di Piazza Fontana

Accadde tutto in pochi secondi.

Precisamente l’ordigno fu posizionato nell’atrio della sede milanese della Banca Nazionale dell’Agricoltura, situata proprio nei pressi di Piazza Fontana.

Alle 16:37 la bomba esplose ed immediatamente ci si rese conto della gravità della situazione. Il terrore era elevatissimo, come ha testimoniato anche uno dei sopravvissuti all’attentato, Fortunato Zinni. Sarebbe cominciato, da lì in poi, un lungo iter processuale, che avrebbe ottenuto nel complesso scarsi risultati nel corso di decenni di indagini.

Le due piste

Per l’attentato di Piazza Fontana si aprirono immediatamente due piste per le indagini svolte dagli inquirenti:

  • Anarchica
  • Neofascista (estrema destra nazionalista veneta)

La pista anarchica venne immediatamente battuta per la forte presenza di esponenti di questa corrente nelle proteste operaie e nel dibattito politico dell’epoca. Solo dopo i neofascisti sarebbero stato oggetto di indagini più accurate, ma comunque infruttuose.

Le indagini su Piazza Fontana: Milano

Il caso Pinelli

Giuseppe Pinelli era un ferroviere di 41 anni del Circolo anarchico Ponte delle Ghisolfa fu fermato la sera stessa del 12 dicembre dal commissario Luigi Calabresi.

Secondo l’articolo di Saverio Ferrari (Il Manifesto) lo stesso referto medico sulla morte di Pinelli farebbe riferimento ad un presunto malore, in realtà molto sospetto. Le stesse testimonianze del commissario Calabresi e di altri funzionari di Polizia non furono mai del tutto concordi e coincidenti.

Ciò accadde il 15 dicembre, lo stesso giorno dei funerali delle vittime dell’attentato, a cui parteciparono 150.000 persone.

Piazza Fontana
L’anarchico Giuseppe Pinelli

Da Valpreda a Ordine Nuovo: i processi di Treviso e Roma

In seguito alla testimonianza di un tassista, il quale sosteneva di aver accompagnato l’attentatore nei pressi di Piazza Fontana, fu coinvolto nelle indagini il ballerino anarchico Pietro Valpreda.

In seguito egli si dichiarò innocente e gli stessi inquirenti non sarebbero mai riusciti a trovare prove che davvero potessero inchiodarlo. Eloquente è stata una sua intervista al quotidiano La Repubblica del 3 settembre 2000.

Si indisse un nuovo filone di indagini a Treviso, complice la testimonianza del professore Guido Lorenzon, insegnante del trevigiano e democristiano. Egli avanzò sospetti nei confronti dell’amico Giovanni Ventura, di simpatie neofasciste e molto probabilmente membro del gruppo nostalgico di Ordine Nuovo.

Nelle indagini fu coinvolto anche Franco Freda, procuratore legale e amico di Ventura, originario dell’Irpinia.

Le indagini di Roma

Il processo sulla strage di Piazza Fontana si spostò in seguito a Roma nel 1970, ma la testimonianza di Lorenzon non fu ritenuta attendibile dal pm romano Occorsio.

Mentre a Milano veniva archiviato il caso Calabresi, a Treviso venivano arrestati Freda e Ventura ad aprile, mentre a novembre vennero trovate quelle che sarebbero state le armi dei neofascisti.

L’omicidio Calabresi

Gli atti del processo su Freda e Ventura passavano a Milano, ma nel frattempo, il 17 maggio 1972, avvenne la tragica uccisione del commissario Luigi Calabresi da alcuni esponenti del movimento Lotta Continua.

Gli esecutori materiali dell’omicidio, avvenuto in via Cherubini, a Milano, sarebbero stati gli Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi, ma il loro arresto avvenne solo nel 1988. Essi furono poi condannati a 22 anni nel 1990, ma già nel 1993 ottennero l’assoluzione dai giudici d’appello.

Solo un anno dopo la Cassazione annullò il verdetto e confermò la condanna. Nel 1999 i tre vennero posti in regime di semi-libertà. Da queste vicende si evince come l’incertezza degli inquirenti e dei giudici sia stata enorme per un caso che riguardava un membro delle forze dell’ordine.

Piazza Fontana
Il luogo del delitto Calabresi

Da Milano a Catanzaro

Le indagini si spostarono a Catanzaro, lontano dal giudice di Milano.

Dopo due anni di istruttoria, vennero chiuse le indagini su Pinelli, nel 1975, mentre nel 1977 venne ascoltato l’allora presidente del consiglio Giulio Andreotti.

Si sospettava poi, la presunta consapevolezza del SID, cioè i servizi segreti italiani, di rapporti tra anarchici ed un certo Guido Giannettini, “Agente Z” del SID. Giannettini, sostenitore anche del MSI, avrebbe coperto le azioni criminose di Ventura e Freda. Nel 1982 il tribunale di Catanzaro assolse Ventura, Freda e lo stesso Giannettini.

Bari e di nuovo Milano fino al 2005

Le indagini proseguirono brevemente a Bari, poi nuovamente a Milano e Catanzaro, indagando su nuovi sospetti neofascisti, Stefano Delle Chiaie (di Avanguardia Nazionale) e Massimiliano Fachini. In seguito alla loro assoluzione vennero imputati e condannati altri esponenti di Ordine Nuovo, Delfo Zorzi ed il medico Carlo Maria Maggi.

Ma la sentenza del 3 maggio 2005 pose fine, con una nuova assoluzione, ad ulteriori tentativi di chiarificazione di una vicenda che ancora oogi presenta molti punti oscuri e su cui molti giornalisti, tra cui Indro Montanelli, si sono espressi. Una delle ultime opere pubblicate è il libro di Benedetta Tobagi “Piazza Fontana. Il processo impossibile”.

Giuseppe Barone

BIBLIOGRAFIA

  • Tobagi B., Piazza Fontana. Il processo impossibile, Einaudi, 2019
  • Ventrone A., La strategia della paura: Eversione e stragismo nell’Italia del ‘900, Mondadori, 2019

SITOGRAFIA