“Lui è l’uomo di cui si parla in città, con la pistola che non riposa mai. Non sparare da lontano per ingannarlo! Tiene le canaglie in fuga, ragazzo!”, no, la canzone non sta descrivendo uno scintillante e retto John Wayne pronto a sparare a indiani e banditi bensì un sudicio e irritante Terence Hill di Lo chiamavano Trinità, appollaiato sul suo cavallo pronto a bisticciare con qualcuno.
E quando si nomina Terence Hill (alias, Mario Girotti) non si può fare a meno di nominare il suo più caro amico, Bud Spencer (alias, Carlo Pedersoli), che in Lo chiamavano Trinità danno vita a una delle coppie più apprezzate del cinema mondiale. Nei rispettivi ruoli di Trinità e Bambino, i due beniamini si avventureranno nella più celebre parodia del classico spaghetti western che, a sua volta, rappresenta quello che potremmo definire come il vero Selvaggio West, molto diverso da quello classico americano di John Ford e John Wayne.
La sceneggiatura, per l’epoca, era alquanto anomala anche se basata su una trama parecchio semplice. Trinità è un famoso pistolero che raggiunge una città dove incontra suo fratello che, sotto mentite spoglie, lavora come sceriffo. La faccenda si complica quando Bambino vuole impossessarsi dei cavalli del Maggiore e costui, a sua volta, della vallata dei mormoni. Per effettuare il colpo, Trinità e Bambino si ritroveranno, quindi, ad aiutare i mormoni.
Cosa c’è di particolare? Beh, per prima cosa, nei western americani si risolve tutto con un onorevole e censurato duello con pistola mentre negli spaghetti western tutto finisce con una sanguinosa sparatoria tra due o più elementi. In Trinità la questione cambia: una bella scazzottata e tutti amici come prima!
Benché Trinità sia uno scaltro pistolero e suo fratello sia conosciuto come la “mano sinistra del Diavolo”, i due prediligono il pugno alla Colt e i fagioli all’oro. Celebre, ad esempio, la scena iniziale dove Trinità ingurgita una padella intera di tali legumi. Ma ancor più celebri sono le espressioni caratteristiche dei numerosi personaggi: si va dall’eleganza del Maggiore Harriman alla solennità del Pastore Tobia, dalla malacreanza del Bandito Mezcal alla furbizia dell’aiutante Swift. Ma, soprattutto, le espressioni più indimenticabili sono quelle dei protagonisti: il celebre sbuffo di Bud, segno che è prossimo a far saltare denti, e l’indisponente sorriso di Terence che farebbe perdere la pazienza persino a Gandhi.
Tuttavia, gli schiaffi sono stati dati molto prima e la pazienza è venuta meno da una decina d’anni. Come detto all’inizio, Trinità è il punto di arrivo di un filone cinematografico definito, in maniera dapprima sprezzante, spaghetti western, un genere che si contrappone a quello statunitense dove personaggi monolitici, senza macchia e senza paura si facevano strada, attraverso schemi spesso ripetitivi, in un Selvaggio West irrealistico e mistificato
Sergio Leone rompe tali schemi proponendo western crudi e realistici. Del resto, se si spara cola sangue, se si cavalca per chilometri nel deserto ci si sporca, se l’unico scopo è la sopravvivenza si è disposti a tutto. Le innovazioni della Trilogia del Dollaro, dai personaggi alle inquadrature, fecero scuola negli Stati Uniti tanto che dopo esser stati sbeffeggiati divennero western d’eccellenza.
Lo chiamavano Trinità risulta essere una brillante parodia del genere, in grado di dare il colpo di grazia al western hollywoodiano e consacrando all’estero definitivamente quello italiano. Inoltre, dopo Trinità furono girate molte altre commedie western, a cominciare dal seguito del film, definite fagioli western, che ottennero ottimi risultati sia al cinema che in tv.
A distanza di anni, il successo di Lo chiamavano Trinità sembra non sciamare mai tanto che persino Quentin Tarantino gli ha reso omaggio nel suo Django Unchained quando nelle scene finali mette in sottofondo la canzone tema di Trinità.
E, a prescindere dal successo cinematografico, il mito della coppia Bud e Terence sembra eterno. Una coppia che sullo schermo sembrava esplodere da un momento all’altro, ma che nella vita reale era solidissima. A Budapest , ad esempio, è possibile notare sulla statua di Bud Spencer, una dedica in ungherese fatta incidere proprio da Terence Hill. La scritta riassume lo speciale rapporto tra i due con poche semplici parole: “non abbiamo mai litigato”.
Antonio Cusano
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