Henrik Ibsen e gli Spettri della società borghese

Henrik Ibsen, drammaturgo norvegese vissuto negli anni centrali dell’Ottocento, merita una menzione speciale al fianco di autori che hanno rinnovato la classica concezione del teatro. Viene infatti considerato il padre della drammaturgia moderna, colui che, per primo, ha portato in scena le contraddizioni dei più intimi ambienti borghesi. Fu anche uno dei primi uomini che si interessò al tema dell’emancipazione femminile, ben visibile nell’opera Et Dukkehjem (Casa di bambola) del 1879.

Immagine del drammaturgo Henrik Ibsen (Skien, Norvegia, 1828 - Kristania, antico nome della città di Oslo, Norvegia, 1902) in un ritratto dell'epoca.
Il drammaturgo Henrik Ibsen (Skien, Norvegia, 1828 – Kristania, antico nome della città di Oslo, Norvegia, 1902) in un ritratto dell’epoca. Fonte: Encyclopaedia Britannica. https://www.britannica.com/biography/Henrik-Ibsen

Henrik Ibsen e le critiche a Et Dukkehjem

Et Dukkehjem, scritto in un periodo in cui l’autore ancora presenta una contrapposizione fra valori positivi e negativi, narra le vicende della giovane Nora Helmer, madre e moglie di una famiglia apparentemente perfetta. La donna, stanca di accettare e subire una vita condizionata dalla società, decide di lasciare la sua casa. In quest’ultimo gesto di abbandono del tetto coniugale, Ibsen sottintende il desiderio di Nora di non essere più trattata come una “bambola”, ma come una donna, e la sua voglia di prendere di nuovo in mano la sua vita. Le critiche non si fecero attendere: l’opera destò enorme scalpore per la decisione finale della protagonista. Ovviamente, la reazione non deve stupire: la società ottocentesca, e, in particolare la borghesia, era strutturata su valori condivisi da tutti e da doveri a cui dovevano sottostare le donne, non libere di compiere scelte per sé stesse.

Spettri: la risposta di Ibsen alle critiche

Le continue critiche mosse all’opera spinsero Ibsen ad affrontare la situazione da un altro punto di vista: se la donna avesse scelto di restare, cosa sarebbe successo? Partendo da questo quesito, il drammaturgo elabora un’opera di rara tragicità: nasce così Gengångere (Spettri) del 1881. La protagonista, Helene Alving, dopo aver subito per anni le infedeltà da parte del marito ora defunto, si trova a dover affrontare la malattia incurabile del figlio. Helene non è altri che una Nora che ha scelto di adattarsi alla società in cui vive, restando al fianco del marito e accettando le convenzioni della borghesia. Si tratta di una Nora senza via d’uscita, colei che ha scelto di restare.

Gli spettri della società: la sottile critica di Henrik Ibsen alla borghesia

Gli spettri del titolo non sono soltanto quelli che perseguitano la donna, in particolare quello del marito che viene accusato anche della malattia del figlio, ma sono i fantasmi della società, quelle reti invisibili che hanno invischiato la donna senza darle la possibilità di essere libera. Helene è certo, prima di tutto, una vittima: tutta la sua vita è un sacrificio, una rinuncia, che l’ha costretta a vivere l’umiliazione inflittale dal marito e dalle regole della società, e l’ha portata a vivere per gli altri. Ma Ibsen stesso, all’interno della fase preparatoria dell’opera, mostra che tutto l’accaduto non è che da ricercare nella colpevolezza stessa della donna: la signora Alving non ha vissuto secondo le proprie possibilità, non ha assecondato i propri desideri, ma ha abbracciato ideali che non la rappresentavano e che non la rendevano felice. Questo è ciò che ha portato all’autodistruzione della donna.

Lo spettro di Helene: la donna che scelse di non scegliere

Eppure Ibsen ci illustra un’ulteriore colpa che, derivata dalla società, ricade direttamente sulla donna. Il suo tentativo di seguire un modello di vita autentico agli occhi degli altri non le permette di crescere e maturare. Il controllo su sé stessa, passato anche per il rifiuto di una possibilità di felicità assieme al pastore Manders, che ama ricambiata a sua volta, e il controllo degli altri attorno a sé, portano la donna al totale crollo emotivo e psicologico. C’è una notevole differenza fra la Helene dell’inizio, amorevole e coraggiosa, e quella della fine, spaventata e dubbiosa. Ed anche qui è doveroso un richiamo a Et Dukkehjem: Nora non arriverà mai ad una situazione di sconforto tale da trasformare sé stessa. Preferirà invece salvarsi e liberarsi dai dettami della società. Gengångere sembra voler mostrare quale potrebbe essere la condizione di una donna che sceglie di non scegliere, nemmeno per sé stessa.

L’eredità e la modernità di Henrik Ibsen

La scelta di due protagoniste donne non è casuale: profondamente interessato alla situazione femminile, si schiera apertamente con i grandi movimenti di emancipazione della donna. La decisione di Nora di abbandonare la propria vita passata può essere letta anche come tentativo di spronare tante donne in situazioni di soprusi a non cedere ad una vita senza soddisfazioni. Le donne, come gli uomini, non devono accettare una vita insoddisfacente solo perché la società glielo impone. Una donna è libera di darsi una possibilità nuova, con nuovi amori, nuove conoscenze, nuovi modi di pensare. Tutte le donne devono essere come Nora e non come Helene.

Leggere un autore come Ibsen, ci mostra quanto queste tematiche siano ancora profondamente attuali. Lui stesso può essere visto come un innovatore in un secolo ancora chiuso alle novità e all’espressione degli ideali. E, soprattutto, al mondo che ogni donna cela dentro di sé.

Linda Bassi

Bibliografia

Henrik Ibsen, I capolavori, Grandi Tascabili Economici Newton, 2011

Henrik Ibsen, Spettri– Un nemico del popolo – L’anitra selvatica – Rosmersholm, Introduzione di Claudio Magris, Garzanti, 2006.

Sitografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/henrik-ibsen/