Perchè dormiamo? Le principali teorie sul sonno

Come si definisce il sonno

Il sonno è definito come stato di riposo contrapposto alla veglia. In alternativa è definito “una periodica sospensione dello stato di coscienza”, durante la quale l’organismo recupera energia.

Il sonno è una condizione temporanea e periodica di sospensione della coscienza, che ha un momento essenziale nell’interruzione dell’attività integratrice del sistema nervoso. La sua durata varia con le specie animali e con l’età.

Nella specie umana ad ogni periodo della vita corrisponde un certo ammontare di ore dedicato al dormire. Un neonato ha bisogno di dormire per 18-20 ore al giorno, per sentirsi riposato, nei bambini 12-14, negli adulti 7-9, nell’anziano 5-7. 

Nello stato di sonno l‘integrazione dell’individuo con l’ambiente circostante è sospesa; la reazione a sollecitazioni esterne è parziale, e non si esprime un completo coordinamento di tutte le funzioni neurofisiologiche.

Il sonno è accompagnato da sensibili modificazioni funzionali quali la diminuzione del metabolismo, la riduzione del tono muscolare, della frequenza del battito cardiaco e della pressione arteriosa e della ventilazione polmonare.

Le dinamiche sono molto complesse, e per certi aspetti ancora sconosciute. Schematicamente possiamo ricondurlo ad un ciclo circadiano, anatomicamente legato a circuiti neuronali del diencefalo e della corteccia.

La funzione del sonno

Teorie a riguardo

Durante il sonno l’attività cerebrale non è uniforme ma si svolge in due fasi alterne che  sono dette di sonno sincronizzato e desincronizzato.

La prima è la fase iniziale, detta anche di sonno lento, con graduale diminuzione del tono muscolare. La seconda fase (sonno desincronizzato o paradosso) è di fatto la fase REM, ovvero lo stato di massima profondità.

Un’interpretazione univoca  del suo significato fisiologico è ancora un problema aperto e di difficile soluzione.

Recenti studi dell‘università di Rochester (USA) e l‘Università di Copenaghen, hanno dimostrato che mentre si dorme il cervello ha un sofisticato sistema di autopulizia.  Questo sfrutta l’espansione di canali del sistema linfatico e smaltisce i prodotti di scarto dell’attività cellulare e libera i canali linfatici. Questo spiegherebbe in parte la natura ristoratrice del sonno.

Secondo la teoria del recupero, invece, il sonno avrebbe funzione di recupero sull’organismo e fissazione della memoria durante la fase REM.

Un’altra teoria  è la teoria della conservazione dell’energia: si assiste a una riduzione dell’attività metabolica  e della temperatura del corpo. Questo dato ha molto valore dal punto di vista evolutivo perchè gli animali omotermici, come i mammiferi, hanno bisogno di un notevole dispendio di energia per mantenere la temperatura costante. Altre due teorie sono quelle dell’apprendimento ed evolutiva.

Nella teoria dell’apprendimento il sonno REM avrebbe un ruolo determinante per la manutenzione del sistema nervoso centrale, assistendo a un incremento della sua attività. Secondo la teoria evolutiva, invece, il sonno si sarebbe sviluppato in relazione al concetto di rapporto preda-predatore e in relazione alle influenze dell’ambiente.

Durante il sonno le prede attraggono meno l’attenzione dei predatori, ma sono anche più vulnerabili. Questo è il motivo per cui gli erbivori tendono a dormire di meno rispetto ai carnivori, perchè  più esposti in quanto prede.

Una recente teoria biochimica

Due anni fa un gruppo di scienziati giapponesi ha rintracciato in alcuni topi da laboratorio una possibile spiegazione biochimica del funzionamento del ritmo circadiano. I topi analizzati erano mutanti del gene Sik3 e dormivano circa il 30% in più rispetto ai topi normali.

Analizzando topi normali privati del sonno, e i mutanti Sik3, chiamati “sleepy”  si evidenziarono  80 proteine con evidenti differenze nei topi sleepy, assenti nei topi normali. Sik 3 in condizioni normali codifica per un enzima che aggiunge gruppi fosfato, fosforilando  80 proteine. Nei mutanti sleepy, l’enzima Sik 3 diventa iperattivo per mutazione e si verifica una maggiore fosforilazione di alcune proteine.

sonno

Dunque le proteine maggiormente fosforilate assumono una conformazione differente rispetto a quelle non fosforilate, determinando una maggiore incidenza dello stato di stanchezza.

Il docente della Harvard Medical School Jonathan Lipton, ha spiegato che: “il punto al centro dello studio è che in alcune cascate di segnalazione nelle proteine sinaptiche si sono osservati cambiamenti che sembrano correlati con l’aumento del bisogno di sonno”.

Si sono, dunque, aperti nuovi scenari nello studio dei meccanismi biochimici del sonno, nonostante alcune critiche all’esperimento, e sembra che gli scienziati proseguiranno a lungo sull’indagine dei meccanismi chimici che determinano il “dolce dormire”.

Simone Micillo 

Fonti sitografiche

https://it.wikipedia.org/wiki/Sonno

http://www.treccani.it/enciclopedia/sonno/

http://www.lescienze.it/news/2018/08/25/news/bisogno_sonno_alterazione_proteine_fosforilazione-4086354/