Avicenna: metafisica e teologia nella filosofia islamica

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Oggi parleremo di Abū ʿAlī al-Ḥusayn ibn ʿAbd Allāh ibn Sīnā, meglio noto al mondo occidentale come Avicenna.

Uomo dal multiforme ingegno

Avicenna nel suo profilo migliore

Avicenna (980-1037) ha scritto circa 250 opere su molti argomenti. Parleremo qui delle sue concezioni metafisiche e teologiche ma prima sappiate una cosa: Avicenna, insieme ad Averroè, è considerato da Dante Alighieri uno dei filosofi musulmani che può seder “tra filosofica famiglia” insieme a greci e latini. Pensate, inoltre, che Avicenna ha lasciato il segno nella storia delle scienze con il suo Canone di Medicina (Qānūn fī l-ṭibb).

Il pensiero teologico di Avicenna

Il pensiero teologico di Avicenna è in verità esposto in molti dei suoi scritti ma in particolar modo ne tratta una sezione dedicata alla scienza divina della sua opera maggiore, il Libro della guarigione (Kitāb al-Shifā). Si tratta di una enciclopedia scientifico-filosofica scritta in forma di parafrasi dei filosofi antichi, in particolar modo di Aristotele; l’opera è poi suddivisa in quattro parti dedicate alla logica, alla fisica, alla matematica e alla metafisica. Del percorso che Avicenna segue nell’analisi della metafisica fanno parte

  • l’oggetto della metafisica;
  • la dottrina della sostanza e i suoi predicati – non verbali e nominali: battutone della serata!
  • La dottrina della causalità;

dunque il punto di arrivo di tale percorso è certo la Causa prima, Dio. Tale principio deve essere necessariamente postulato perché, in caso contrario, si cadrebbe nel regresso all’infinito; in sostanza, non si troverebbe mai il punto di origine, la Causa prima appunto. Il problema che Avicenna deve affrontare è, adesso, questo: il passaggio dal non essere all’essere delle cause secondarie. Se la Causa prima è essenzialmente e necessariamente causatrice, come è possibile che ciò che è scaturisca dal non-essere, ossia da una situazione precedente all’essere, di non causatività di Dio?

Dio secondo Avicenna

Avicenna risolve l’arcano grazie ai concetti di potenza e atto di matrice aristotelica: Dio è essere necessario e necessariamente in atto. La creature, invece – ossia ciò che acquisisce essere da altro -, non è necessariamente in atto (in latino: id cui non est necesse esse, la mia cultura spaventa anche me) ma è un essere possibile e la sua esistenza vien portata in atto appunto dal principio necessario. Ma cosa vuol dire ciò? Significa che ogni essere successivo a Dio è solo possibile e viene in atto grazie alla creazione divenendo necessario per il suo rapporto con la Causa prima. In Dio, ovviamente, ciò non avviene perché essenza (quiddità, potenziale) ed esistenza coincidono.

Pagina del Canone della medicina: chiara e concisa

Ci siamo tutti fin qui? Adesso cerchiamo di capire perché Dio sia impredicabile. Non avendo una quiddità distinta dall’esistenza, Dio non può essere predicato in un genere superiore, non rientra in alcuna categoria e non ha opposizioni; si può parlare di Lui solo negando ogni sua somiglianza con le creature.

Dio, che è atto puro, è puro atto di pensiero e un intelletto puro non ha alcun legame con oggetti all’esterno di esso; tenete conto che intelletto puro è ciò che è in atto perché necessario. Come conosce le cose il cui essere trae esistenza proprio dalla Sua necessità? Le conosce in quanto universali in sé stesso.

La creazione, questa sconosciuta

Passiamo ora a spiegare la creazione: Dio crea le cose semplicemente perché è Dio. Dio non decide di creare, non crea perché libero di farlo e nemmeno perché è obbligato a farlo. Dio, secondo Avicenna, emana il bene in modo irrefrenabile e incondizionato; e Lui, ovviamente, ne ha coscienza.

La prima creazione, per così dire, del principio primo è un Intelletto primo, separato dalla materia, che si riconosce come necessario perché si rivolge a Dio che tale lo fa essere; genera dunque un’altra intelligenza, l’Intelletto secondo, inferiore, capace di portare ad atto qualcosa che si trova fuori di sé. Si genera così un’Anima prima cui sarà sottoposto un corpo celeste con moto circolare – dunque perfetto – che tende proprio verso quest’Anima; e ogni intelligenza, secondo un ordine gerarchico che va via via degradandosi, genera una intelligenza inferiore, poi un’anima e un corpo celeste animato da essa.

Esistono, in tutto, dieci intelletti in successione che generano un’anima e un corpo fino all’ultima emanazione – e qui è importante l’emanazionismo neoplatonico, come in tutta la teoria della creazione di Avicenna – che ha il controllo sul cielo della Luna; le intelligenze imperfette inferiori sono quelle degli individui umani.

Luigi Santoro

Fonti

Fonte immagine in evidenza

Fonte immagini media I; II

Per ulteriori approfondimenti: G. d’Onofrio, Storia del pensiero medievale

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